Le promesse di ritorno di un Re
Nel solco di Merlino, a Honolulu, era arrivato Lello Analfino
Il vizio libero come le nuvole predicava, ieri, Lancillotto, innanzi alla rastrelliera delle tavole da surf (con quella boccalona di Ginevra pronta a cascargli, al solito, tra le braccia). Come fosse piombo fuso nelle orecchie di Anacleto una concione così. Lui che pur nell’eremo di Honolulu voleva istituirla la sua Camelot, sapeva bene quanto fosse difficile appendere al cielo, con un martello, le promesse di ritorno di un Re. Ne voleva uno di quelli cui la tempesta stessa riceve gli ordini – “non uno scrocchiazeppi come Semola”, borbottava – ma un Sovrano che sia medicina, “una pietà più efficace delle altre”, proseguiva ancora Anacleto che, rapito dalle note di “Ambulante” dei Tinturia, ebbe a trovarla la soluzione, almeno per se stesso. Nel solco di Merlino, a Honolulu, era arrivato Lello Analfino. Dalla postazione dove il mago preparava i drink, dopo un selfie, Lello trascinava tutti sul ritmo di belli-ova-che-haju e come tutti anche l’ex uovo Anacleto – un gufo, infine, o un barbagianni? – si dimenava e urlava: “Arripariamo cucine a gasse!”.
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