“Brocchi si nasce Campioni si diventa”
Non è vero che l’adorato Stefano Di Michele non amasse il calcio. Siamo stati per anni compagni di banco nel reparto confino, cioè la stanza del giornale separata dall’open space dotata quindi di porta e finestra proprie e perciò riservata ai fumatori, in special modo di sigari toscani: posso testimoniare che la sua regale indifferenza era studiata, certo non direi che tifasse ma ci teneva a essere informato per meglio sfottere gli altri, soprattutto editori e correttori equamente divisi tra romanisti e laziali. Del nostro allenatore di fresca nomina ricordo che gli piacque l’autoironia di cui dette prova la sera in cui vinse la Champions e scoprì la famosa t-shirt con la scritta “Brocchi si nasce Campioni si diventa”, ma era ancora calciatore: come allenatore penso che ci avrebbe vivamente consigliato di trovarne uno il cui nome, diciamo, non fosse così nettamente un programma.
Non che ieri si sia giocato da brocchi, sarebbe falso dirlo oltre che ingeneroso nei confronti di uno arrivato sulla panchina da sei giorni. Gli è che c’è voluta comunque la manona arbitrale per pararci il culo e tenerci a galla finché picchia e mena non siamo riusciti a vincere e a portare a casa i tre punti. La novità è che si è picchiato e menato, questo sì. Sei o sette azioni decenti le abbiamo costruite, poi buttate via negli ultimi metri perché continuiamo a tirare poco o alla brutto dio o ci facciamo rimpallare agli avversari. Oppure i nostri attaccanti monopodi in quanto privi dell’uso dell’arto sinistro sono costretti a buttarla in trivela, innaturale e goffo movimento che consiste nel calciare la palla con il piede destro incrociandolo dietro il sinistro, se non ricordo male si faceva anche da bambini giocando a campana. Non si possono disegnare triangoli quando si hanno piedi quadrati.
Comunque il giovane neo allenatore il meglio di sé l’ha dato nel dopo partita: davanti alle telecamere è parso pacato, sicuro di sé, un filo commosso, con quel tanto di furba, necessaria ipocrisia che il serbo suo predecessore assolutamente non aveva. Si sente che ha anima da Milan, che è questo il suo humus e ne conosce l’anfratto e la cuspide. Saprà perfettamente salvarsi dagli scarti d’umore di quel noto megalomane davanti l’eterno che è il nostro presidente.
Il Foglio sportivo - in corpore sano