Quello che Manca
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“L’officina di uno scultore dal Mito di Roma al sogno americano” è il titolo della mostra. Noto soprattutto come artista monumentale, Manca fu però anche un apprezzato ritrattista, come ricorda questa “Pamela&
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Sia “Pamela” che questa “Testa di bimba” sono collocabili tra fine anni ’20 e inizio anni ’30. Tocco ancora ottocentesco, per un artista che avrebbe in seguito spaziato dalle influenze classiche a quelle disneyane.
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Una sua specialità erano però soprattutto i soggetti di animali. Questa “Pantera”, della prima metà degli anni ’30, è apertamente ispirata alla Lupa Capitolina e alla Chimera di Arezzo.
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Dello stesso filone questa “Gazzella e fico d’India” del 1936, che esposta all’VIII Mostra sindacale fascista del Lazio tenutasi a Roma ai Mercati Traianei nel 1938 ottenne un premio di 2000 lire.
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Degli anni ’30 è pure questa “Gru coronata” in bronzo, che ispirata a un soggetto dell’americano Paul Manship fu alla sua prima personale di New York del 1940 un biglietto da visita per il pubblico Usa.
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E degli anni ’30 è anche questa “Tigre”. Come la maggior parte delle altre opere esposte, fa parte di quella collezione che dopo la morte l’autore destinò a costituire un museo nel suo villaggio natale.
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Manca in Italia fu autore di vari ritratti di Mussolini, quasi tutti distrutti o scomparsi dopo il 25 luglio 1943. Negli Stati Uniti ebbe però modo di effigiare anche il vincitore di Mussolini, Franklin Delano Roosevelt.
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Proprio questa committenza mussoliniana spiegano una sorta damnatio memoriae per Manca in Italia. Quest’altro busto di Roosevelt ci ribadisce però come il progressismo Usa non abbia avuto di tali problemi.
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“La grande contesa”, anni ’40 e ’50, è una serie di rilievi in cui lottatori con teste di asino e elefante, ispirati a un tempo a Metope classiche e fumetti di Flash, adombrano il bipolarismo democratici-repubblicani.
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“The Diving Eagle”, realizzata prima del 1962, annuncia la sua opera americana più famosa, legata al concorso per un monumento ai caduti nell’Atlantico durante la Seconda Guerra Mondiale.
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Anche questa “Aquila e serpente”, di prima del 1962, ricorda la preparazione della “Diving Eagle” che è stata poi collocata nella Battery Park a Manhattan, durante una cerimonia alla presenza di John Kennedy.
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E questa “Aquila con corona d’alloro”, anch’essa ante 1962, è appunto il modello della versione definitiva: l’aquila afferra una corona d’alloro posata su di un’onda
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Questa mostra ci ricorda però come l’autore di monumenti e ritratti fosse anche un raffinato gioielliere. Ecco qui due orecchini d’argento realizzati negli anni ’50, dopo alcuni anni di apprendistato in New Jersey.
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Pure in argento e pure degli anni ’50, una spilla. A insegnare a Manca la lavorazione dell’argento era stato Alphonse LaPaglia, artigiano della Jensen Inc. Usa di Frederick Lunning
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Ancora una spilla in argento degli anni ’50. La scuola della Jensen prediligeva i motivi compositivi naturali, e specie quelli tratti dal regno vegetale.
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Anche questa collana di 15 elementi, pure anni ’50, ci riporta a questo gusto per elementi come le foglie di quercia, i tralci di vite, i grappoli d’uva, le ghiande, continuamente variati.
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Questo fermacapelli in argento a forma di maschera ci mostra invece un differente gusto di Manca quando era ancora in Italia, negli anni Trenta
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Ritrattistica e lavorazione dell’argento confluiscono in Manca nella medaglistica. Questa medaglia che ritrae Elizabeth Ann Seton, prima cittadina statunitense a essere canonizzata dalla Chiesa Cattolica, è del 1975.
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Tipica arte rinascimentale, la medaglistica era poi caduta in disuso, ma era stata riscoperta nell’800. Quest’altra medaglia d’argento di Manca, del 1971, è della American Negro Commemorative Society
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E questo è invece Albino Manca al lavoro. Ritratto a olio su tela di John Paul Manship del 1977, l’anno dopo la morte: un’immagine postuma basata su una foto.
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Ed ecco qui la Diving Eagle dell’East Coat Memorial, alla Battery Park di Manhattan. Ovviamente alla Mostra non è presente in originale, ma attraverso modelli e foto.
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L’altra sua opera americana famosa è “The Gate of Life”, posta all’ingresso del Children’s Queen Zoo di New York nel 1968. E qui sono evidenti alcune influenze disneyane.
Dalle trincee del Carso al Greenwich Village, il singolare percorso dello scultore sardo Albino Manca. Nato nel Capodanno del 1898 a Tertenia nell'Ogliastra, geniere nella Grande Guerra apprese a scolpire sbalzando pietre e bossoli di proiettile. Importante artista del regime, nel 1938 si recò però negli Usa, di cui prenderà la cittadinanza nel 1944 e dove morirà il 15 gennaio 1976. Su di lui è stata inaugurata il 1 aprile una mostra al Vittoriano, in agenda fino al 2 maggio.
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