Settant'anni di filosofia delle vette
Altezze di Nikolai Roerich, del 1936
Kuluta, 1936
Le vette dell'Himalaya viste da Roerich
Le Alpi in uno studio di Roerich del 1923
"Compassione", tempera su tela del 1936
Emilio Comici scrisse: "Sulle montagne sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le cose terrene; tutto questo perché siamo più vicini al cielo"
"Da che cosa ero pervaso io? Da una forma di pazzia o di sadismo alpinistico, forse? Non so, ero ebbro, si, ma cosciente: perché mi sentivo la forza fisica di superare lo strapiombo, e la sicurezza morale di dominare il vuoto"
"Riconosco a priori che l'arrampicamento solitario su pareti difficili, è la cosa più pericolosa che si possa fare... Ma ciò che si prova in quel momento è talmente sublime che vale il rischio"
Emilio Comici insieme al matematico Mario Salvadori e Uberto Pozzi in vetta alla Cima Grande di Lavaredo (1932)
Dopo un incidente in montagna: "Ero certo che quello era il mio ultimo istante di vita. Tanti pensieri passati attraverso il mio cervello nello spazio di pochi secondi: tutta la mia vita alpina e l'amarezza di una fine ingloriosa"
Settant'anni fa moriva il triestino Emilio Comici, uno dei più grandi alpinisti della storia italiana. La leggenda di Comici non fu tanto nel numero di vie percorse e aperte, ma nella purezza dello stile e nella ricerca della linea estetica ideale, simile ad una "goccia che cade". Famosissima fu la salita solitaria e senza corde della via da lui stesso aperta a nord della Cima Grande di Lavaredo nel 1937. Morì in un banale incidente a 39 anni, lasciando la raccolta di pensieri "Alpinismo eroico". Contemporaneo all'alpinista triestino fu il pittore russo Nicolai Roerich, che espresse nelle sue opere la "filosofia delle vette" propria anche di Comici: la realizzazione della vita interiore è rappresentata dall'ascesa, dura e pericolosa, verso la cima della montagna. Di seguito vediamo alcune immagini di entrambi.