Quell'ossimoro di Tamara
In un’intervista del 1932, due anni dopo questa “Sciarpa blu”, Tamara aveva detto di voler “vivere e creare in modo tale da imprimere sia alla mia vita che alle mie opere il marchio dei tempi moderni”
Ma nel contempo diceva di amare “l’antica pittura italiana”, e in particolare Carpaccio. Un misto tra estremo modernismo e purezza classica, come in questo ritratto del 1926 della figlia Kizette “in rosa”
Un misto di classicità e ultramodernità era anche dato dalla famosa aurea di bisessualità, esposto ad esempio nella serie di dipinti dedicati all’amata Rafaëla. Qui ritratta su fondo verde nel 1927
Nata nel 1898 a Varsavia da famiglia russofona, Tamara su stabilì a Parigi dopo la Rivoluzione, e negli Stati Uniti dal 1939. Di due anni dopo l’arrivo negli Usa è questa “Brocca su una sedia (Natura morta con uova)”
Pure di quell’epoca è questa “Signora elegante con cappello fiorito”. Per il titolo nobiliare del secondo marito Raoul Kuffner negli Usa la chiamano “baronessa col pennello”: definizione che lei non gradiva
Di nuovo “La bella Rafaëla”, 1927. Provocazione, classicità e volumi di chiara ispirazione futurista esemplificano ciò che Magdeleine Dayot indica in nel 1935 come punto di forza dell’arte della Lempicka
Un “gusto innato dei contrasti”. Nell’immagine: ancora Kizette, figlia del primo marito Tadeusz Lempicki. Col suo cognome Tamara Rosalia Gurwik-Gorska si sarebbe firmata anche dopo il divorzio del 1928
Un “curioso mélange di estremo modernismo e purezza classica”, come in questo “Nudo con grattacieli”, che “attira e sorprende, e provoca, forse, prima di conquistare completamente”
Il legame col passato è anche nel suo rapporto continuo con gli esponenti dell’emigrazione russa post-rivoluzionaria. Del 1925 è questo Ritratto del principe Eristoff
L’arte di Tamara, qui in un autoritratto del 1936, evoca pure in Magdeleine Dayot “una sorta di lotta cerebrale, dove queste tendenze così diverse lottano una contro l’altra”
“Fino al momento in cui lo sguardo avrà afferrato la grande armonia che regna in queste opposizioni”. Nell’immagine, una “Ragazza con viole del pensiero” del 1945
Questo “Ritratto del marchese Sommi”, del 1925, attraverso il rapporto con questo noto musicista ci ricorda i legami della Lempicka con il futurismo italiano degli anni ’20, con cui condivideva la modernolatria
Anche questo “Telefono II” del 1930 ci mostra un’altra tipica icona di modernità, per la quale la Lempicka, morta i Messico nel 1980, è stata accostata alla Pop Art. Insomma, un ponte tra Marinetti e Andy Warhol
Questa “Natura morta con gigli e foto” del 1944 ci mostra uno spiccato talento che anticipa la multimedialità, a cavallo tra arte classica, arte moderna, pubblicità, cartellonistica cinematografica
E oggi più ancora che negli originali di musei e collezioni le sue immagini sono massicciamente presenti a livello di poster e riproduzioni, nelle case della gente comune. Nell’immagine, “Calle, studio” (1938)
Artista “ossimoro” è la definizione che la curatrice Gioia Mori pone a cifra della mostra su Tamara de Lempicka ospitata dall'11 marzo al 10 luglio 2011 al Vittoriano di Roma. “La regina del moderno” è una delle esposizioni più complete sull'artista, icona delle istanze moderniste degli anni Venti e Trenta: ottanta dipinti, quaranta disegni, cinquanta fotografie, due film, tredici dipinti di artisti polacchi che Tamara frequentò in Francia e a Varsavia. (Passa il mouse sulle immagini per leggere la didascalia)