L'inquietudine del gesuita

    ''Bisogna cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo ancora e sempre. Solo questa inquietudine dà pace al cuore di un gesuita, una inquietudine anche apostolica, non ci deve far stancare di annunciare il kerygma, di evangelizzare con coraggio. E' l'inquietudine che ci prepara a ricevere il dono della  fecondità apostolica. Senza inquietudine siamo sterili''. Così, in un passaggio dell'omelia pronunciata durante la messa nella Chiesa del Gesù a Roma, questa mattina Papa Francesco si è rivolto ai gesuiti presenti, in occasione della canonizzazione di Pietro Favre.
    ''Ma, perché peccatori, possiamo chiederci se il nostro cuore ha conservato l'inquietudine della ricerca o se invece si è atrofizzato – ha aggiunto – se il nostro cuore è sempre in tensione: un cuore che non si adagia, non si chiude in se stesso, ma che batte  il ritmo di un cammino da compiere insieme a tutto il popolo fedele di Dio''. Questa inquietudine, ha sottolineato Francesco, ''aveva Pietro Favre, uomo di grandi desideri, un altro Daniele'' ma anche ''uno spirito inquieto, indeciso, mai soddisfatto. Sotto la guida di  sant'Ignazio ha imparato a unire la sua sensibilità irrequieta ma  anche dolce e direi squisita, con la capacità di prendere decisioni.  Era un uomo di grandi desideri; si è fatto carico dei suoi desideri,  li ha riconosciuti''.
    ''Ecco la domanda che dobbiamo porci: abbiamo anche noi grandi  visioni e slancio? Siamo anche noi audaci? Il nostro sogno vola alto? Lo zelo ci divora (cfr Sal 69,10)? Oppure siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre programmazioni apostoliche da  laboratorio?'', si è infine chiesto il Papa.