La satira del Foglio

Grandi manovre prima del voto. Le intercettazioni

Maurizio Milani

Letta chiama Fratoianni. Meloni telefona a Renzi, Tajani a Grillo. Non solo desistenza: promesse e tradimenti. Il nostro Innamorato fisso ha registrato tutto

Alla segreteria Pd alcuni sono corsi fuori e si sono buttati nel Fontanone del Gianicolo (cinque chilometri di corsa). Motivo? Gli ultimi sondaggi arrivati. Tutti e cinque gli istituti demoscopici dicono la stessa cosa. Meloni e alleati sono al 73 per cento. Una roba mai vista, neanche quando andò al governo Facta (1922). Letta viene informato dal sindaco Gualtieri. Entrambi si alzano e si mettono a correre per via della Ripetta. C’è il fondato sospetto che vogliano sbattersi nel fiume. Cosa che per fortuna non avviene. 

Letta: “Stiamo calmi! Dopo Caporetto c’è stato Vittorio Veneto”. 
Gualtieri: “Sì infatti”.
Letta: “Mettiamo in atto la strategia di bruciare tutto e ritirarci a est. Lasciamo al nemico solo macerie. Non presentiamo nostri candidati in metà dei collegi uninominali e invitiamo i nostri a votare Calenda”.
Gualtieri: “Lui deve fare uguale”.
Letta: “Per forza, altrimenti non è Caporetto, è Lepanto”.

Letta telefona a Fratoianni: “Ciao Nicola, ti chiamo per un’urgenza”.
Fratoianni: “Dimmi amico mio”.
Letta: “A Pisa, Livorno, Massa, Piombino, Otranto, Cremona, Cuneo, Barletta, Oristano, Varese, Milano nord, Avellino, Napoli est, Roma 2, Reggio Emilia, Forlì, Cesena e altri 35 collegi ho dato ordine di votare un tuo candidato”.
Fratoianni: “Grazie, se vinciamo voglio il Viminale”.
Letta: “Sì stavo per dirtelo io”.
Fratoianni: “Telefono a Conte e Della Vedova per vedere se ci stanno”.
Letta: “A fare cosa?”.
Fratoianni: “Francamente Enrico non ho capito nemmeno io cosa vuoi fare”.
Letta: “Non belligerare viso a viso contro un candidato della parte avversa”.
Fratoianni: “Giusto! E pensi che il mio candidato lo batta?”.
Letta: “In effetti non ci avevo pensato. E’ facile che prendiamo una legnata doppia”.
Fratoianni: “Enrico, telefona a Mario Giordano. La sua trasmissione (’Fuori dal coro’) ha un pubblico che prima votava a sinistra e adesso vota Giorgia. Gli dici che se ci aiuta a vincere le elezioni, alla direzione del Tg1 mettiamo lui invece che Padellaro”.
Letta: “Telefono a Padellaro per chiedergli se convince Giuseppe Conte a non mettere suoi candidati a Venezia, Genova, Torino, Bologna, Campobasso, Palermo, Catanzaro, Cagliari e Trieste”.
Fratoianni: “Sì, fai così al limite come contropartita gli diamo la presidenza della Repubblica nel 2029”.
Letta: “Ma non ho ancora capito Nicola. Se vinciamo noi, chi fa il premier?”.
Fratoianni: “Tu Enrico, per forza, al limite la Lorenzin…”.
Letta: “No! Lo farò io! Telefono subito a Renzi, lui saprà consigliarmi”.
Fratoianni: “Chi si intende molto, anche lui, di strategie elettorali e mischioni parlamentari è Roberto Calderoli, prova a chiamarlo adesso. Ciao”.

 

Letta telefona a Calderoli: “Ciao Roberto, ti volevo chiedere: e se facciamo un governo Pd-Lega dopo il voto?”.
Calderoli: “Perché no! Se tu prendi il 25 per cento e noi il 19… Sono contento che hai telefonato, a noi e alla nostra base non va giù che la Meloni abbia il doppio dei nostri voti. Considera la nostra alleanza cosa fatta”.
Letta: “Sicuri? Non è il caso di chiamare Matteo?”.
Calderoli: “Salvini si è già sentito con Renzi, siamo d’accordo su tutto. Governo a guida tua con l’appoggio di Lega e Azione di Calenda. Piuttosto, Fratoianni?”.
Letta: “Ci sta, ci sta…”.
Calderoli: “Anche se ci siamo noi?”.
Letta: “Certo! Ha chiesto lui di spaccare il fronte sovranista. Per fare questo dobbiamo tirare di qua uno di loro. Fratoianni preferisce Salvini a Berlusconi, anche per le sue perplessità in merito alla politica filoatlantista. Ripeto, non è il massimo degli alleati per lui”.
Calderoli: “Se è per quello nemmeno per noi…”.
Letta: “Però dài, alla fine i conti tornano, siamo tutti galantuomini”.
Calderoli: “Non vorrei che De Magistris diventasse il capo dei Cinque stelle”.
Letta: “Sì, la cosa è ormai certa, Conte viene con noi…”.
Calderoli: “Ciao Enrico, grazie”.
Letta: “Grazie a te, per ringraziarti faccio dimettere il mio sindaco a Bergamo”.
Calderoli: “Come? Sei un amico vero”.
Letta: “Lo chiamo nella squadra di governo, Gori sarà al ministero delle Finanze”.
Calderoli: “Rimetti in piedi il ministero delle Finanze?”.
Letta: “Sì, che è autonomo a quello dell’Economia e nomina il governatore della Banca d’Italia senza chiedermi cosa ne penso. Ciao!”.

 

Renzi intanto viene a sapere delle manovre di Letta. Telefona alla Meloni per informarla.
Renzi: “Giorgia! Non volevo dirtelo ma a questo punto sì. Letta ha fatto un accordo con Calderoli. I tuoi alleati non accettano che tu diventi presidente del Consiglio. A questo punto i miei voti sono tuoi”
Meloni: “Ti ringrazio, ma Calenda lo sa?”.
Renzi: “Meglio di no! Facciamo tutto dopo il voto”.
Meloni: “Con rispetto Matteo, non penso che i tuoi voti compensino quelli della Lega…”.
Renzi: “Vedrai che nel proporzionale prendo 70 deputati e 32 senatori che sono per te come premier”.
Meloni: “Va bene Matteo, sentiamoci meglio e con calma stasera. Adesso ho un comizio con Paragone”.
Renzi: “Ti appoggia Italexit?”. 
Meloni: “Sembra di sì”.
Renzi: “Giorgia, allora ritiro tutto quello che ci siamo detti finora. Anzi ti blocco su whatsapp”.
Meloni: “Matteo, non esagerare…”.
Renzi: “Sì, hai ragione, possiamo parlarne anche con Gianluigi Paragone. Basta che non porti in parlamento Michele Santoro”.
Meloni: “No, lo mettiamo a dirigere Rai International, ciao”.

 

Calenda, avvisato di tali maneggi tra i leader, telefona ad Arcore: “Presidente! Sono Carlo Calenda, posso disturbarla? Volevo metterla al corrente delle trattative segrete che stanno facendo alcuni leader di opposte fazioni”.
Berlusconi: “So già tutto, per questo volevo un aiuto, molto bello e completo, sapendo del suo amore per Draghi e l’Europa…”.
Calenda: “Vediamo se indovino. Un governo di unità nazionale guidato dall’onorevole Lorenzo Cesa?”.
Berlusconi: “Bravissimo. E’ qui che volevo arrivare dal 2011, quando tramite colpetto di stato mi hanno costretto a dimettermi”.
Calenda: “Allora presidente, tiriamo le conclusioni. Forza Italia più me e Renzi, Bonino, Della Vedova, Bersani, Paragone, e alcuni fuoriusciti dal Pd?”. 
Berlusconi: “Sì, ci siamo, ci siamo”.
Calenda: “Per curiosità, l’Udc di Cesa a quanto è dato?”.
Berlusconi: “Una forchetta dal 6 all’11 per cento… Anche meno… Siamo sul 2,5 per cento”. 
Calenda: “Così poco presidente?”.
Berlusconi: “E che ci vuoi fare, i tempi son questi”.
Calenda. “Avrei imbarcato anche le sardine e i portuali di Trieste”.
Berlusconi. “Buono! Cosa valgono?”.
Calenda: “Alcuni sondaggisti li valutano al 10 per cento, altri allo 0,9”.
Berlusconi: “Diciamo il 5 per cento? Un bel 5 per cento più i nostri fa in tutto 67 per cento tondo”.

In questi giorni molto movimentati si muovono tutti… il presidente Fico telefona a Bersani: “Ciao Pier Luigi, sono pronto a lasciare il Movimento! Vado con Nichi Vendola che torna in campo, spin off del movimento di Greta Thunberg”.
Bersani: “Buono! Di cosa parliamo?”.
Fico: “Siamo sul 15 per cento”.
Bersani: “Anche meno”.
Fico. “Sì, meno meno. Diciamo 2,9”.
Bersani: “Ecco, diciamo anche 0,29 che facciamo prima”.
Fico: “Sono sempre 280.000 voti degli italiani”.
Bersani. “Quello sì, buoni per metà seggio, che insieme alla metà di Bonelli fa un senatore pieno”.

Tajani, venuto a conoscenza dei fatti, cosa fa? Telefona a Grillo: “Ciao, ti chiamo perché stanno giocando tutti a carte coperte”.
Grillo: “Fanno bene. Tutto per portare al governo Massimo Cacciari”. 
Tajani: “Ah allora sei già stato messo al corrente?”.
Grillo: “Sì, c’è un atto notarile depositato a firma mia, di Berlusconi, di Letta, di Zaia, e di ex componenti di Alleanza nazionale (Gasparri e La Russa) per portare a Palazzo Chigi Massimo Cacciari”.
Tajani: “Dici che è la cosa migliore?”.
Grillo: “Sì, anche perché così finisce di andare da Lilli Gruber a dire tutto”.
Tajani: “Sì infatti! Tante cose vanno tenute nascoste, invece Cacciari dice tutto. Le persone dopo cena non vogliono sentire certe cose”.
Grillo: “Allora è deciso. Riaprono le miniere di carbone del Sulcis e trivelliamo come nemmeno i matti tutto il mare che ci sta intorno. A meno che Nomisma non si metta di traverso”. 
Tajani: “Ma no! Figurati, anzi!”.
Grillo: “Piuttosto Italo…”.
Tajani: “Dimmi”.
Grillo: “Mi sembra che la cifra di vendita sia un po’ bassa. Fondiamolo con Rete ferroviaria italiana”.
Tajani. “Poi Beppe al primo Consiglio dei ministri vediamo, non entriamo adesso nel merito dei singoli provvedimenti. Pensiamo a vincere le elezioni”.
Grillo. “Tu hai già parlato con Giorgia in merito al tradimento che Lega e Forza Italia le faranno?”.
Tajani: “Sì, le ho detto: ‘Francamente non sei pronta a guidare la nazione faro della civiltà occidentale, dobbiamo tradirti’”.
Grillo: “Caspita! Le hai detto proprio così?”.
Tajani: “Sì, agli amici si parla chiaro”.
Grillo: “E lei?”.
Tajani: “Si è offesa e mi ha tolto l’amicizia, quella vera, non quella social”.
Grillo: “Perché, quella di Facebook l’ha tenuta?”.
Tajani: “Sì, su Facebook risultiamo ancora amici, anche per un’immagine che dobbiamo dare a Bruxelles. Ti saluto, uomo che ha distrutto una nazione”.
Grillo: “Ciao, uomo che ha ridotto il Parlamento europeo a un bivacco”. E qui giù a ridere tutti e due, e anche l’agente della polizia postale che intercettava la telefonata. 


Intanto che avvengono questi colloqui telefonici, Debora Serracchiani telefona alla Meloni: “Ciao Giorgia! Volevo una gentilezza”.
Meloni. “Dimmi amica mia da sempre”.
Debora: “Dovresti convincere il tuo sindaco di Piombino a farsi mettere in mezzo al porto un rigassificatore costruito nell’ex Repubblica democratica del Congo nel 2021”.
Meloni: “Sì, hai ragione. Lo chiamo subito, ma lui dice che in Toscana ne esiste già uno costruito nell’ex Repubblica democratica tedesca nel 1987 molto bello e sicuro. Che se esplode non succede niente, anzi ci fanno un documentario”.
Serracchiani: “Pensi che sarà bello?”.
Meloni: “Penso di sì, sono tutti belli i documentari su Focus. Ma Debora perché non ci ripensi? Il dicastero della Pubblica istruzione è sempre pronto per te”.
Serracchiani. “Grazie Giorgia. Non posso anche se mi piacerebbe”.

Detto fatto. Debora Serracchiani telefona a Zingaretti. “Ciao! Ti comunico che esco dal Pd per votare in Parlamento la fiducia al primo governo Cesa. Dillo tu a Enrico”.
Zingaretti: “Ma non scherziamo Debora! Il mandato per formare il governo verrà dato a Vincenzo De Luca, vinca o no il centrosinistra”.
Serracchiani: “Ma chi ti ha detto questa cosa bellissima?”.
Zingaretti: “De Luca stesso!”.
Serracchiani: “No, non lo accetto! Passo con la corrente del ministro Franceschini”.
Zingaretti. “Se fai una cosa del genere, non metto più piede in Friuli”.
Serracchiani: “Allora no! Questo è troppo. Rimango vice segretaria del Pd”.
Zingaretti. “Benissimo, tieni conto che se Letta va sotto il 20 per cento e perde malamente, noi chiediamo di rimettere il mandato. A quel punto il congresso è tutto per te. Debora non dovrei dirtelo, ma sei tu la nuova segretaria del Pd”.
Serracchiani. “E se tradisco e vado al governo con la Meloni?”.
Zingaretti: “Fai benissimo, chi non andrebbe a occupare la poltrona di commissario per l’emergenza idrica?”.
Serrachiani: “Perché? C’è in progetto un tale incarico?”.
Zingaretti: “Sì è la prima legge che verrà licenziata dal Consiglio dei ministri”.
Interviene al telefono Enrico Letta: “Non dirle tutto… Teniamo per noi certe cose che poi la gente si spaventa e non va a votare. Anzi va e vota Rotondi di Fratelli d’Italia. Futuro inquilino del Viminale”.
 

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  • Maurizio Milani
  • Nato a Milano il 20 maggio 1961. Vero nome: Carlo Barcellesi. Diplomato terza media presso Camera del Lavoro di Milano nel 1985, corso serale a numero chiuso. Dopo il militare lavora come sguattero in un hotel. Nel 1987 arriva ultimo a “Riso in Italy”, concorso importante a Roma per giovani. Fa ricorso e vince. Ha uno sfratto ma non riconosce la sentenza. Collabora con il Foglio dal 1986 grazie al direttore Giuliano Ferrara. E' fidanzato con Monica.