Romanzo pedonale, stagione 2. Che succede dopo il colpo di scena Tar?
Roma. Ci si sveglia una mattina in Campidoglio e il Tar, zitto zitto, ha annullato la pedonalizzazione del Foro di Traiano. “Non sono percepibili le ragioni della scelta”, è la sentenza, e chissà se in comune qualcuno ci sperava, nel non-accoglimento dell’obiezione dei cittadini orbati di parcheggio (e però, dice sempre il Tar, la scelta di pedonalizzare quel tratto “… risulta del tutto avulsa dal necessario contesto istruttorio e motivazionale che deve presidiare l’esercizio della potestà discrezionale riconosciuta all’amministrazione”). E’ soltanto una Parte rispetto al Tutto. Ma quella frase – “non sono percepibili le ragioni della scelta – aleggia sulla Roma distratta di primavera e sulle riunioni del Pd locale commissariato, con aggiuntivo tormento sulle sorti della Metro C, futuribile ed eterna incompiuta. E pensare che gliel’avevano detto, al sindaco Ignazio Marino, nei giorni gloriosi dell’inaugurazione di quei Fori mezzi-pedonalizzati: “Via le macchine, via tutto? Mah”.
Era l’estate del 2013, gli attori e gli scrittori si entusiasmavano (da Ascanio Celestini a Dacia Maraini), e anche se l’Herald Tribune dubitava (“la strada dello scontento”, questo era il titolo), il neo sindaco ciclista, appena disarcionato da un iniziale capitombolo porte-bonheur, se ne stava nella sera d’agosto a disegnare nell’aria, con parole accorate, le magnifiche sorti e progressive dei Fori modello Fuksas (l’archistar), con pannelli esplicativi e parco archeologico e “ponte metaforico” tra secoli e culture (ché, come diceva l’allora assessore alla Cultura Flavia Barca, “c’era bisogno” che “il patrimonio artistico” si mettesse “a dialogare con noi”). E allora perché non inaugurare con i funamboli e le palle di cristallo e i danzatori e i suonatori, incubo preventivo di Barbara Palombelli, alla quale faceva paura, come scriveva su questo giornale, una città più pedonale, sì, ma pure più pasticciata e bancarellara, con trionfo di “putride gelatine” in vendita e tavolini a perdita d’occhio e pazienza per il pedone che non poteva più nemmeno camminare – tanto valeva abbandonarsi alla nostalgia per la piazza Navona anni Settanta, quella con gli sparuti maggioloni Volkswagen e i bambini liberi di rincorrersi: le macchine erano rare e non minacciose. Età dell’oro, quella? Chissà, e però la sera dell’inaugurazione-Fori, al Marino tonitruante d’agosto faceva da contraltare il mugugno che si alzava dall’Esquilino, dove spuntavano manifesti critici contro la “Trappola per Fori”, con icona del topo chiuso in macchina per i troppi ingorghi. Ma erano soltanto rumori di fondo, per il sindaco della grandeur archeo-pedonale non inficiata dallo sfottò proveniente dagli abitanti di via Merulana e limitrofe, con contorno di dibattito su Twitter tra firme del Corriere della Sera (contrario Pierluigi Battista, possibilisti Aldo Cazzullo e Antonio Polito). “Quando diventano sindaci pensano tutti di essere Giulio Cesare”, dicevano ai cronisti d’America le bariste di via Cavour, ma nonostante i sospetti (“non sarà che tanto dovevano chiudere al traffico per i lavori della Metro C?”), ci si poteva ben ergere, dal Campidoglio, rinfrancati dagli appelli altolocati, a difensori dei fantasmi d’imperatore che si aggirano ai Fori al pari dei gabbiani, ospiti fissi sul tetto tendato dei camion-bibite&porchetta (presenze costanti a dispetto d’ogni cambiamento di viabilità).
“Qui hanno camminato Cesare, Cicerone e Catilina”, diceva il Marino da inaugurazione che oggi incappa nella quinta bocciatura Tar (dopo quella sui parcheggi, sulle rette degli asili nido, sulla Ztl e sui noleggi Ncc, sigla della discordia come nemmeno la quasi omologa parlamentare Ncd). Ma ai gabbiani e ai gestori di camion-bibite non importa granché del Tar, a questo punto. In un anno e mezzo di pedonalizzazione parziale (nel tratto più alto), i taxi e i bus a due piani carichi di turisti sono comparsi pur sempre sul selciato su cui volavano in Vespa Audrey Hepburn e Gregory Peck, nelle “Vacanze romane” celebrate con cartelli scoloriti (da sostituire?) a ogni angolo della cosiddetta “passeggiata” (“era una strada, sarà la passeggiata”, recitavano minacciosi gli slogan di mariniana magniloquenza del 2013). Foro di Traiano?, “Ma qui ci sono già, i pedoni!”, dice il pittore (peruviano) José, esperto in nature morte e monumenti sbiaditi, seduto accanto alle rovine nell’indolenza della controra e nell’attesa dei giapponesi appena scaricati da uno dei suddetti bus a due piani che fanno tanto Londra (solo che, essendo a Roma, “impicciano e basta”, come dice un tassista in fila all’angolo del Foro).
Foro di Traiano?, Tar? “Ma che ne so, a Roma nessuno va a piedi, ma se non fa scappa’ la ggente me va bene tutto”, dice il centurione Antonio, in pausa-pranzo sui gradini con borsello e sigaretta. E alla fine, se non quelli cui era stato vietato il parcheggio, nella zona del Foro sembrano tutti infischiarsene del “contropotere che paralizza” (Tar contro Campidoglio e viceversa), come lo chiama il Corriere della Sera-edizione romana. Eppure, già nel 2013 c’era chi dubitava (anche da sinistra), come il professor Luciano Canfora (“Marino si occupi di periferie invece che andare a cavallo lungo i Fori come il Duce”, diceva, e gli pareva un po’ come “se un parigino si fosse messo in testa di cancellare i boulevard di Napoleone III”). E però, ora che il Tar ha detto stop, Canfora, interpellato, dice di temere una situazione “da gride manzoniane”: “Mi auguro che le deliberazioni dell’ordine giudiziario non vengano come al solito disattese se non piacciono al potere politico, e che a Roma non si ripeta ciò che è accaduto a livelli più alti. Faccio un esempio: la Consulta ha bocciato la legge elettorale precedente a quella in esame per il premio di maggioranza eccessivo e per intollerabilità delle liste bloccate. Beh, a mio avviso stiamo per fare una legge elettorale che disattende entrambi questi punti. E a Roma si spaventeranno di fronte alla bocciatura del Tar?”. Pedonalizzo per fare che cosa? Qual è il progetto generale?, si domandano i critici. “Se questo punto non è chiaro”, dice Franco Karrer, architetto e urbanista, “l’intervento appare meramente repressivo, impulsivo. Ogni tanto ti inventi una pedonalizzazione, poi c’è il Giubileo straordinario e allora vuoi portare la metro fino al Vaticano: più che incertezza, direi bizzarria del processo programmatorio”. Mesi fa, in un’intervista a Repubblica, l’ex sindaco Francesco Rutelli proponeva una “riflessione”: “Il Centro è il più grande organismo antico tuttora vivente, è una stratificazione unica al mondo, o vive o muore, non c’è una via di mezzo…”. Non può essere “un acquario per turisti”, una sorta di Venezia.
Che cosa succederà, ora? Nessuno può dirlo. Si sa che i cittadini che hanno vinto il ricorso ieri si sono lanciati felici a parcheggiare, vedi mai che qualcuno ci ripensi. Dice l’avvocato Anna Romano, che li ha difesi con Filippo Satta: “Nessuno mette in dubbio il potere del comune di dare al territorio cittadino l’assetto che ritenga più adatto all’interesse pubblico, nessuno preclude al comune di intervenire nuovamente. Ma servirebbe una valutazione razionale, un bilanciamento di interessi: se infliggi uno svantaggio, dev’essere percepibile il vantaggio culturale-artistico che ne deriva”. Colmo dei colmi, accanto alle lamiere degli scavi (eterni), le orde di vacanzieri esausti dalla suddetta “passeggiata” guardano e passano, sbuffando sotto il sole, nell’evidente ricerca di un qualsiasi mezzo di locomozione.
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