Mangiare a Tokyo
Il Big Mac gate e l’Abenomics. Consigli per servire prugne in salamoia e noci macadamia.
Un thatcheriano a Tokyo. Tra meno di una settimana in Giappone si vota per l’elezione della Camera bassa, un referendum sulle politiche economiche del primo ministro Shinzo Abe e di tutto il Partito liberaldemocratico. Michael Cucek ha fatto notare sul suo blog Shisaku che lo slogan di Abe per queste elezioni – “Per la ripresa economica, questa è la sola e unica via” – è una scritta bianca su fondo rosso appiccicata pressoché ovunque. Per Cucek si tratta di convincere gli elettori di un concetto “non vero”. Per altri lo slogan appare un po’ troppo simile al “There is no alternative” di Margaret Thatcher.
Hamburger e paese reale. Su Izakaya Politics Stephen Stapczynski ha scritto un’analisi sulla Burgernomics, l’indice del Big Mac e gli effetti dell’Abenomics sul paese reale. All’inizio di dicembre il dollaro è arrivato sopra i 120 yen per la prima volta dal 2007. Una tabella spiega le più rilevanti differenze di prezzi: il costo medio di un hamburger da McDonald’s nel 2007 era di 290 yen, oggi è di 401 yen. Secondo Stapczynski “se oggi un dipendente medio decidesse di spendere l’intero stipendio di 440.280 yen in Big Mac, sarebbe in grado di acquistare circa 1.100 panini. Ma nel 2007, la stessa persona ne avrebbe presi 1.606. E’ un calo quasi del 32 per cento”. Le cose cambiano se si prende in considerazione una ciotola di udon, un tipo di spaghetti giapponesi, nella catena nipponica Hanamaru. Qui il calo del potere d’acquisto di un impiegato è del 23 per cento in sette anni. Vuol dire che le aziende giapponesi “non sono state colpite più di tanto dall’indebolimento dello yen”, mentre quelle straniere sì. E i salari stentano ad aumentare.
Di protezionismo in protezionismo. Minabe, cittadina di 13 mila anime, è una comunità agricola famosa per le sue prugne (si chiamano ume, da cui si fa l’umeboshi, le prugne in salamoia). Minabe produce ogni anno un terzo del volume totale di ume giapponesi, solo che il loro consumo diminuisce troppo. Lo scorso anno una famiglia di Minabe ne consumava solo 754 grammi rispetto ai 1.053 grammi all’inizio degli anni Duemila. Contro questa tendenza il municipio ha votato all’unanimità un provvedimento che impone ai cittadini di usare solo gli umeboshi come condimento degli onigiri, le pallette di riso tipiche della tradizione giapponese, che però hanno condimenti molto più buoni (il bacon, per esempio), e secondo i ristoratori i tradizionali onigiri con gli umeboshi non si vendono. Il negozio Plum Kobo di Minabe, sul suo sito web, assicura i clienti che se volessero sgarrare e mangiare un onigiri al bacon non sono previste sanzioni.
Hacker a cinque stelle. La scorsa settimana la Sony ha subìto uno dei più grandi attacchi informatici mai compiuti ai danni di una società privata. Il sospetto è ricaduto sulla divisione informatica nordcoreana, che avrebbe voluto sospendere la distribuzione del film “The Interview” (racconta di un tentativo di omicidio di Kim Jong-un), già rinviata una volta per le proteste di Pyongyang – a oggi è possibile che il film non andrà mai nelle sale. La Corea del nord ha reso noto di non essere coinvolta ma ha detto, in sostanza, che “se qualche sostenitore ha eseguito l’attacco a nostra insaputa… chi siamo noi per giudicare?”. L’indirizzo Ip degli hacker proviene da una stanza dell’hotel St. Regis di Bangkok, e un nordcoreano non potrebbe permettersi un 5 stelle. Giorni prima dell’attacco un’email anonima chiedeva ai dirigenti Sony soldi per non effettuare l’attacco, senza nessun riferimento al film. Tutti particolari che fanno pensare che Pyongyang non c’entri nulla.
[**Video_box_2**]Fate scendere quest’uomo. La figlia del capo di Korean Airlines e vicepresidente della compagnia, Heather Cho, è finita su tutti i giornali asiatici. Era salita su un volo che doveva portarla da New York a Seul. L’aereo aveva già iniziato le procedure per il decollo quando uno steward della compagnia ha servito alla Cho delle noci macadamia. Ma l’ha fatto senza chiederglielo, e in una bustina. Heather ha domandato al dipendente quali fossero le regole aziendali sul servizio a bordo (la risposta corretta è: si chiede prima di servire, le noci si servono sul piattino). Priva di una risposta soddisfacente, la Cho ha fatto scendere dall’aereo lo steward. Per mollarlo a terra, il pilota ha fatto 11 minuti di ritardo, violando le leggi sulla sicurezza dell’aviazione civile. Heather si è dimessa dalla vicepresidenza, ma l’episodio ha fatto parlare del potere e dell’impunità dei chaebol, le aziende familiari sudcoreane.
I detenuti paghino. Mike Chinoy della Cnn ha scritto “The Last POW” sulla sua vita di Merril Newman, cittadino americano fermato per spionaggio dalle autorità nordcoreane circa un anno fa. Il libro regala dettagli divertenti riportati da NKnews. Newman fu fermato a Pyongyang e per sei settimane fu costretto in una stanza del Yanggakdo Hotel. Dopo il suo rilascio, le autorità nordcoreane gli mandarono il conto a casa: 3.241 dollari tra cui le spese per l’alloggio, i pasti, una telefonata ai famigliari da 23 dollari e 3 dollari per un piatto smarrito. Newman non ha ancora pagato il conto.
Gli scacchi del Pacifico. Ieri Gideon Rachman sul Financial Times spiegava quanto la partita a scacchi geopolitica abbia bisogno di nuove mosse. Per esempio il riavvicinamento di Pechino a Seul a sfavore della Corea del nord. Xi Jinping sta cercando di uscire dall’isolamento diplomatico, ma la Corea del sud gode della difesa americana contro le minacce di Pyongyang. Sul tema, da leggere: Henry Kissinger, “World Order” e il secondo volume di “Political Order and Political Decay” di Francis Fukuyama.
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