Accettare questo strano appuntamento è stata una pazzia
Mentre la Casa Bianca diffonde le immagini dello storico summit, Donald Trump lancia la bomba: “C'è una possibilità, una possibilità consistente, che [il summit con Kim Jong-un] non si farà”
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In primo piano: L'Appuntamento
Giusto il tempo di fare le medaglie commemorative.
Mentre la Casa Bianca diffonde le immagini dello storico summit - con tutte le polemiche che si porta dietro l'aver definito Kim Jong-"leader supremo", che vuol dire legittimarlo – subito dopo l'incontro a porte chiuse con il presidente sudcoreano Moon Jae-in il presidente americano Donald Trump ha lanciato la bomba. Non quella nucleare, ma insomma.
"C'è una possibilità, una possibilità consistente, che [il summit con Kim Jong-un] non si farà".
Che cosa è successo? Probabilmente Trump è stato informato da Moon che le aspettative americane sul tavolo delle trattative sono mal riposte. E parlando con i giornalisti, in qualche modo il presidente americano ha evidenziato questo scontro sulla definizione esatta di "denuclearizzazione". Le richieste della Casa Bianca sono: Kim Jong-un deve denuclearizzare immediatamente la Corea del nord, in un solo step, o comunque in un breve periodo di tempo. La Corea del nord, invece, ha più volte sottolineato che questo processo dovrà avvenire per gradi, e comunque contemporaneamente con l'abbandono delle armi nucleari anche da parte degli altri attori (vuol dire: denuclearizzare l'intera penisola).
La scorsa settimana ho partecipato a una tavola rotonda sulla politica coreana a Chatham House. In quell'occasione ho incontrato (meglio: mangiato un tramezzino con) James Hoare, che è stato per lungo tempo chargé d'affaires all'ambasciata inglese a Pyongyang, e prima di allora era stato a Seul, a Pechino, e oggi è associate fellow del programma Asia-Pacifico del più famoso think tank del mondo. Hoare ha detto che il problema dell'America è sostanzialmente approcciare ogni negoziazione internazionale con l'idea dell'"unconditional surrender", della resa incondizionata. E invece – come forse ieri ha tentato di spiegare a Trump il presidente Moon – in questo caso non si può arrivare a una resa incondizionata di Kim, perché vorrebbe dire, in poche parole, la sua deposizione.
Ci sono un sacco di cose che ha detto ieri Trump e che meritano una menzione, se non altro per capire come si sta ponendo lui in questa partita. Per esempio, ieri ha sottolineato, come aveva già fatto Pompeo, che l'America sia pronta ad aiutare economicamente la Corea del nord (e secondo lui lo sono anche Cina, Giappone e Corea del sud). Ora, a leggere questo articolo di Ankit Panda sul Diplomat, Trump ha ragione da vendere sul punto economico: del resto il segretario di stato Mike Pompeo ha già parlato per ben due volte con Kim, e sa quanto conti a Pyongyang, dopo la nuclearizzazione, lo sviluppo economico.
Il presidente americano ha poi parlato – naturalmente, direi – di Cina. Ha detto che secondo lui dopo il secondo incontro con Xi Jinping, quello a Dalian, l'atteggiamento di Kim Jong-un è cambiato. Su questo potrebbe avere ragione, ma la tesi complottista di Trump secondo cui sarebbe Xi a sussurrare nelle orecchie di Kim di certo non aiuta.
Poi ha detto che certamente la tregua nella guerra dei dazi e contro la cinese Zte c'entra anche il ruolo della Cina con la Corea del nord. Trump dice che ogni volta che fa un deal sul commercio lo fa guardando al "quadro completo".
PENISOLA COREANA
Rubo questa foto dal profilo Twitter di E. Tammy Kim. E' il municipio di Seul, che spesso si è distinto per iniziative belle e progressiste (fu il sindaco di Seul a concedere all'associazione vittime del Sewol lo spazio permanente per protestare). Il cartello dice: "Una pace forgiata dal Sud e Nord, insieme alla città di Seoul".
Diecimila dollari. E' la cifra che avrebbero chiesto le autorità nordcoreane ai giornalisti per assistere a quella che hanno definito la "cerimonia di chiusura" del sito nucleare di Punggye-ry. Diecimila dollari a testata come "visto d'ingresso" in Corea del nord, ma la notizia è stata poi smentita da alcuni media.
Sono arrivati da poche ore a Wŏnsan, sulla costa est della penisola, con un volo charter di Air Koryo da Pechino, i giornalisti cinesi, russi, inglesi e americani autorizzati a entrare per la prima volta nell'area dove la Corea del nord ha condotto tutti e sei i suoi esperimenti nucleari (l'ultimo, il più forte, il 3 settembre del 2017). Dovranno fare circa 11 ore di treno e poi un paio di ore di pullman per arrivare infine al sito nucleare che – forse – domani, tempo permettendo, i nordcoreani hanno intenzione di far saltare in aria.
La Corea del nord aveva inizialmente invitato anche una manciata di testate sudcoreane a coprire l'evento. Ma tra mercoledì e venerdì ha rifiutato l'accreditamento di otto giornalisti sudcoreani. Questo perché, nel frattempo, mercoledì scorso c'è stato un piccolo terremoto nei rapporti tra Nord-Sud (e America). Poi però ieri sono partiti pure i giornalisti sudcoreani, quindi tutto è perdonato.
Eppure qualcosa è successo. Mercoledì scorso Pyongyang ha infatti comunicato alle 3 del mattino, con il telefono ripristinato di Panmunjom, l'annullamento della riunione che si sarebbe dovuta tenere poche ore dopo tra ufficiali del Nord e del Sud. Il motivo riguarda le esercitazioni militari congiunte tra America e Corea del sud, in corso attorno alla penisola, e soprattutto i toni americani, sempre più vicini al bastone che alla carota. Il viceministro degli Esteri di Pyongyang, Kim Kye-gwan, ha fatto sapere di non volere la beneficenza americana (riferendosi a queste dichiarazioni di Pompeo) e che la Corea del nord non è per niente la Libia (riferendosi a queste dichiarazioni di John Bolton). E poi comunque il problema del mettersi d'accordo su questa "denuclearizzazione" resta. La cosa curiosa è che la stampa nordcoreana abbia ricominciato all'improvviso a essere piuttosto aggressiva.
Giorni fa, insomma, pure la Corea del nord ha messo in discussione il summit storico tra Trump e Kim. Ma ci sono molte ragioni per credere che l'incontro alla fine si farà, presto o tardi che sia.
Pyongyang sta facendo la voce grossa con Seul pure per quest'altra storia (molto potente per l'opinione pubblica, non sottovalutatela) di rapimenti e diserzioni.
Nel frattempo a Namyangju, città della provincia sudcoreana del Gyeonggi, c'è un parco tematico che serve per le location di numerosi set cinematografici. Qui c'è anche una famosa replica della DMZ, la Zona demilitarizzata dove Moon e Kim si sono stretti la mano, e che è diventata molto popolare tra i turisti e non solo.
Intanto a Dandong, riporta il Nikkei Asian Review, città cinese di confine molto frequentata dai nordcoreani, i mercati e le attività commerciali nordcoreane sembrano essere in ripresa.
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Avete sempre pronunciato Hyundai nel mondo sbagliato. E visto che ci siete, dovreste dare un'occhiata alla struttura di una delle società produttrici di auto più grande del mondo per capire che cosa sono i chaebol, i conglomerati a conduzione familiare che stanno strozzando l'economia sudcoreana.
E a proposito. E' morto Koo Bon-Moo, ceo di Lg group, altra enorme azienda sudcoreana, la quarta del paese. Ha lasciato tutto nelle mani del suo figlio adottivo, Koo Kwang-mo.
Dodicimila donne – dodicimila – hanno protestato lo scorso fine settimana per le strade di Seul. Sempre per la serie altro che #MeToo: le donne sudcoreane chiedono che la giustizia si attivi contro quella che viene definita "pornografia illegale", fatta per lo più da telecamere nascoste piazzate pressoché ovunque – un reato che in Corea sta aumentando esponenzialmente.
GIAPPONE
Ne so poco e niente di football americano, ma conosco molto bene i metodi di allenamento dei giapponesi. Lo scandalo stavolta ha travolto Masato Uchida, coach della squadra di Tokyo Nihon University – una squadra con cui nessuno voleva giocare, perché tutti sapevano che razza di mazzolatori fossero. Tempo fa è venuto fuori un video, che è stato molto criticato per le tecniche che mettevano in pratica gli atleti estremamente pericolose. E' intervenuto addirittura il ministero, che ha aperto un'indagine, e il coach Masato Uchida si è dovuto dimettere.
Tra i 14 nuovi cardinali nominati da Papa Francesco in settimana c'è anche l'arcivescovo di Osaka Manyo Maeda.
Vi ricordate il famoso ritratto di Churchill fatto da Graham Vivian Sutherland? Non so perché ma mi ha fatto pensare a quello il primo ritratto ufficiale della coppia imperiale Akihito e Michiko. Lo ha dipinto Hiroshi Noda, ottantuno anni.
Molti incontri internazionali per il primo ministro Shinzo Abe. Anzitutto c'è il Forum economico internazionale di San Pietroburgo, dove Abe avrà un vertice bilaterale con il presidente francese Emmanuel Macron.
Nonostante la sua scaltrezza in politica estera, Abe continua ad avere un sacco di grane in casa. Senza fare l'elenco aggiornato degli scandali (ogni settimana escono nuovi infiniti dettagli, adesso anche sulle missioni all'estero giapponesi), concentriamoci sui rivali. Mi piace molto questa ministra dell'Interno, nominata nel rimpasto di governo dell'agosto 2017. Lei fa parte del Partito liberal democratico ma non della corrente di Abe - e anzi, già allora aveva dichiarato che lo avrebbe sfidato alla guida del partito (mancano quattro mesi alle primarie).
Ha fatto un'intervista all'Asahi dove parla di molestie.
Una bella lettura su come le università giapponesi, per prepararli a un lavoro solido e stabile, stanno togliendo un po' di quella creatività sognatrice tipica dei giovani. Ne vale la pena?
Il Giappone è riuscito nella rara impresa di mettere d'accordo Taiwan e Cina. Come? Con una serie tv su una infermiera giapponese.
CINA
Donald Trump e Liu He in una foto postata sul Twitter del Potus
Si è letto che il vicepremier Liu He, consigliere economico di Xi, avrebbe volato a Washington solo in caso di un dialogo costruttivo. E la voce grossa di Pechino ha pagato. Sul simbolismo di una fotografia scattata durante i colloqui ci sono state parecchie speculazioni, anche storiche.
La notizia dell'accordo raggiunto tra Cina e Stati Uniti ha creato alcuni mal di pancia tra i partner commerciali cinesi, in particolare quelli europei, che temono che a fare le spese dell'accordo siano loro. Alcuni esperti cinesi dicono che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Per l'America va davvero alla grande.
A Buenos Aires c'è stata la riunione dei ministri degli Esteri del G20. Il nostro attuale ministro degli Esteri Angelino Alfano ha incontrato il suo omologo cinese Wang Yi. Solite parole vuote di speranza di collaborazioni migliori sulla Belt and Road (del resto, immagino che la Cina sappia che Alfano sta per partire per un lungo viaggio).
Politico ha condotto un'inchiesta per sei mesi e ha dimostrato che il Committee on Foreign Investment, l'organo degli Stati Uniti che si occupa di proteggere la tecnologia americana, non riesce a sorvegliare sufficientemente le attività del governo cinese, esistono nonostante il piano dichiarato dal governo cinese di collaborare con investitori privati per ottenere il know-how necessario per colmare il divario con gli Stati Uniti nei microchip e in altre aree sensibili.
Il quotidiano americano Politico, dopo aver aperto la sua edizione europea, adesso passa all'Asia: è stata annunciata una partnership con il South China Morning Post di Jack Ma.
Il riconoscimento facciale grazie all'intelligenza artificiale, in Cina, sta raggiungendo livelli notevoli. Il dibattito nasce da un fuggitivo beccato al concerto di Jacky Cheung, famosissimo cantante cantopop.
Ma mica c'è solo il controllo e la sicurezza. "Immagina un assistente virtuale che capisca la tua felicità, la tua rabbia, la tua tristezza, e decida cosa vuoi guardare in base ai tuoi sentimenti, prima ancora che tu capisca i tuoi stessi sentimenti. Ti darà il contenuto in base a ciò che desideri di più. L'Intelligenza artificiale può farlo". Questa frase a dir poco inquietante l'ha pronunciata Gong Yu, ceo di iQiyi, il Netflix cinese, diciamo così. Lo streaming in Cina tra poco sarà così.
Siccome i dati demografici stanno spaventando tutti i paesi più avanzati economicamente, circola sempre più insistente la voce che presto la Cina toglierà ogni regola sul numero di figli da avere per famiglia. Qui c'è un'inchiesta sul fatto che anche in Cina la maternità surrogata sta prendendo piede.
L’Uefa ha negato al Milan il settlement agreement, vale a dire il patteggiamento delle sanzioni per la “violazione delle norme del Fair Play Finanziario”. Prossima tappa? Il processo. Tutti gli aggiornamenti.
Altre storie
India. Il virus Nipah sta creando il panico in Kerala. Ci sono una decina di morti per un virus che si trasmette con i pipistrelli da frutta.
Indonesia. La polizia indonesiana ha ucciso 14 sospetti terroristi in risposta agli attentati dell’Isis della scorsa settimana (via il Post). E a proposito di quella tragedia, ho scritto questo articolo per Il Figlio di Annalena Benini, sulle madri del jihad che hanno deciso di portare le figlie con sé, dentro la strage.
Filippine. Dopo il caso del vicepresidente del Pse Giacomo Filibeck che è stato respinto dall'ufficio immigrazione all'aeroporto di Manila, probabilmente perché aveva sollevato dubbi sulla presidenza di Rodrigo Duterte, ha perso l'appello pure la suora cattolica Patricia Fox. La religiosa viveva da trent'anni nelle Filippine, ma dopo la sua partecipazione ad alcune manifestazioni contro la guerra alla droga di Duterte, il governo ha fatto in modo che non potesse più stare nel paese. Tornerà in Australia, suo paese natale, entro la fine di maggio.
A un anno dall'assedio di Marawi, qualcuno si domanda dove colpirà ancora nelle Filippine.
Grace Lee è una trentacinquenne coreana, personaggio della tv e delle radio molto famosa nelle Filippine. Ha ammesso giorni fa che le voci che circolavano di una relazione tra lei e l'allora presidente Benigno Aquino III erano vere. Si sono visti per qualche mese, anche se andare al ristorante e trovare i cecchini al palazzo di fronte non le piaceva granché. Poi è finita proprio per le polemiche sulla differenza d'età e di nazionalità dei due. Aquino, classe 1960, è diventato presidente nel 2010 e non si è mai sposato, ma gli sono stati attribuiti numerosi flirt.
Malaysia. "Maria Chin Abdullah ha affrontato minacce di morte, arresti senza processo, indagini della polizia perché faceva campagna contro la corruzione nel suo paese, la Malaysia. Deve ancora affrontare un procedimento giudiziario e le è vietato recarsi nel Sarawak. Eppure oggi la signora Abdullah, come nelle ultime due settimane, andrà a lavorare come deputata per la nuova coalizione di governo Pakatan Harapan (l'alleanza della speranza). 61 anni, madre di tre figli, questa donna è un potente simbolo di tutto ciò che è cambiato dopo lo shock elettorale del 9 maggio, quando il partito al governo è stato buttato fuori dal potere per la prima volta dall'indipendenza nel 1957". Un reportage da leggere sulle sfide in Malaysia, sul Financial Times.
Del resto hanno trovato l'ex first lady piena di Birkins e la cosa non è passata inosservata.
Il Foglio sportivo - in corpore sano