Scordatevi Collina o René Temmink: oggi gli arbitri non decidono più
C'è un grande errore di fondo nell'impiego del Var, cioè la moviola: andrebbe usata solo per questioni oggettive
Profondità. Dell’immagine, del corpo, del braccio, della vista dell’arbitro. Adesso si discute di questo. Cagliari-Genoa, Bologna-Spal. Mani in area, ma quanto volontarie? L’arbitro non fischia, dice che ha visto lui, sicurissimo come solo Collina sapeva fare (lui che poteva permettersi di arbitrare senza cartellini perché dimenticati negli spogliatoi, senza per questo incorrere in sospensioni o lavate di capo). Poi viene accerchiato, si scosta. Mette mano all’auricolare e ascolta quel che il Var e l’Avar gli dicono. Poi fa trenta metri di corsa per guardare lui stesso il touch screen messo in mezzo alle panchine. E parla, parla, tocca lo schermo e parla. Alla fine, a Bologna decide che no, non è rigore: il mani è involontario. A Cagliari decide che sì, è rigore: il mani è volontario. Le azioni erano pressoché identiche. C’è un grande equivoco di fondo, che poi sta alla base degli eterni minuti di discussione in mezzo al campo mentre si decide che fare: e cioè che il Var, cioè la moviola, andrebbe usata solo per questioni oggettive. Nette, chiare, evidenti. Roba su cui non c’è niente da discutere, dove non c’è spazio per sfumature, opinioni anatomiche del tipo: il braccio era già alto, largo o basso. Invece, un po’ per paura e un po’ per pressione delle folle e dei media, gli arbitri non decidono più niente: aspettano il video, la prova. Si evitano così figuracce in campo e rampogne dei superiori. Usando troppo il mezzo, però, si torna al punto di partenza, alla moviola che diventa la legge e che diventa il paravento per l’arbitro insicuro. Dimenticatevi i Collina e gli arbitri obesi ma autorevoli come il mitico olandese René Temmink, che quasi prendeva Davids per il collo allo scopo di riaffermare la propria indiscussa autorità. Della serie: non corro perché non ce la faccio e mi perdo i falli. Ma qui comando io.
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