La sacralità del Var che è tutto tranne che oggettivo
Il caso del Milan dimostra che la moviola dipende semplicemente dall'omino seduto davanti allo schermo. Ma se qualcuno osa mostrarsi perplesso viene accusato di lesa maestà
In Italia è vietato alzare un ditino perplesso contro il Var. Appena lo fai ti dicono che sei un Massimo Mauro o, per estensione, uno juventino. Chi è contro la vivisezione televisiva del calcio giuocato non capisce niente, perché adesso – come ci fanno sapere i giornali – anche gli spagnoli vengono a studiare in Italia come funziona l’aggeggio, con il cerimoniere Roberto Rosetti che fa da guida all’ex arbitro Antonio López Nieto, passato alla cronaca per aver stabilito il record di ammonizioni in una partita ai Mondiali (sedici cartellini gialli – sedici!, cioè il 72 per cento dei calciatori in campo – in Camerun-Germania del 2002).
Se poi un allenatore protesta perché il Var non se l’è sentita di assegnare alla sua squadra uno o due rigori abbastanza netti, il capo degli arbitri, l’eterno Marcello Nicchi da Arezzo, tuona come fosse Nursultan Nazarbayev, presidente a vita del Kazakhstan, che quell’allenatore “si dovrà abituare al Var” e che in sostanza non sono ammesse discussioni. Il problema è che si credeva che un replay fatto vedere a bordo campo potesse risolvere tutto, salvare il calcio da errori e sospetti. Pochi, però, si erano resi conto che a segnalare e vedere quel replay ci sono arbitri, cioè esseri umani, con idee del calcio diverse le une dalle altre. Al Milan non sono stati concessi due rigori. Malafede? No. Il Var ha deciso che non era il caso, che “la situazione non era oggettivamente chiara” per far cambiare l’idea dell’arbitro. Scandalo? Macché. Semplicemente, l’omino messo dietro allo schermo era Mazzoleni, cioè uno che è abituato a far correre, che fischia poco e che considera falloso solo un intervento pari alla morte dello zio di Kim Jong-un, avvenuta mediante fucilazione a colpi di mortaio. Se il Var fosse stato un altro, forse tutto sarebbe cambiato. Di oggettivo, nel video moviolato, non c’è nulla.
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