Fantasmi a Roma
Perché la città ha un gran bisogno di numi tutelari, almeno del calibro di Athanasius Kircher
In un film diretto nel 1961 da Antonio Pietrangeli e sceneggiato tra gli altri da Ennio Flaiano, un gruppetto di spettri gentili e bonaccioni, tutti antenati del principe che vive nel palazzo avito nel centro della città (interpretato da Eduardo De Filippo), si danno da fare per impedire che il loro discendente venda l’antica dimora alla società milanese che vorrebbe demolirla per farci un supermercato, e che li priverebbe così del luogo accogliente dove sono sempre (per così dire) vissuti. “Fantasmi a Roma” si intitola quel film, e verrebbe voglia di mobilitarli ancora oggi, gli adorabili spettri del pittore Giovanni Battista Villari detto “il Caparra” (Vittorio Gassman), di frate Bartolomeo (Tino Buazzelli), di donna Flora (Sandra Milo), del principe Reginaldo (Marcello Mastroianni). Non per scongiurare l’ormai impossibile demolizione di palazzi patrizi nel centro di Roma, ma più modestamente per impedire che l’ennesima gelateria-panineria-pizza al taglio-negozietto di alimentari e alcolici-rivendita di patacche made in China soppianti i vecchi e dignitosi negozi del centro storico romano (che tuttavia, ci dicono, ormai non ce la fanno più e chiudono i battenti uno dopo l’altro), in un’operazione di rimpiazzo che il prossimo Giubileo potrebbe rendere ancor più veloce. Ci vorrebbe, insomma, un nume tutelare (se non proprio un fantasma) determinato ed efficiente come il gesuita Athanasius Kircher, che ancor oggi veglia da par suo sul Collegio Romano, dove visse e insegnò per più di quarant’anni e dove morì nel 1680. L’istituzione educativa voluta da sant’Ignazio di Loyola – trasformata nel 1870, dopo la confisca da parte dello stato italiano, nel liceo classico “Ennio Qurino Visconti” – era stata per secoli il più importante centro della cultura mondiale. E il geniale Kircher, forse l’ultimo rappresentante dell’uomo universale di stampo rinascimentale – i suoi trattati spaziano dall’astronomia alla musicologia, dalla matematica alla geologia, dalle lingue orientali e antiche all’egittologia, dalla meccanica e dall’ottica alla medicina, dall’etnologia alle scienze naturali, dalla teologia alla filosofia – contribuì non poco a quella fama. Nella sua famosa Wunderkammer, la “camera delle meraviglie” che attirò visitatori illustri da tutta Europa (quando la regina Cristina di Svezia arrivò a Roma, nel 1656, fu la prima cosa che volle vedere), Kircher aveva accumulato collezioni botaniche, minerali e archeologiche, statuette orientali e strumenti scientifici, microscopi, attrezzature per esperimenti chimici, orologi magnetici, oggetti e animali esotici impagliati, obelischi in miniatura e stravaganti automi che sembravano capaci di parlare grazie a trucchi ottici (a Kircher è stata attribuita anche l’invenzione della lanterna magica, la più antica antenata del cinema).
Il museo delle meraviglie
Di tutto quel ben di Dio, a un certo punto, si perse perfino la memoria, nonostante nel tempo nuovi lasciti e nuovi reperti (soprattutto durante l’Ottocento) avessero arricchito la Wunderkammer kircheriana. Quando i figli del baby boom diventarono troppo numerosi anche per i vasti spazi e per le aule del Collegio Romano, si decise infatti di accatastare le collezioni – quelle ancora in dotazione al liceo, perché molti reperti erano stati trasferiti altrove – in soffitta. Lì sarebbero rimaste, se nel 1986 tre professori del “Visconti” curiosi almeno quanto Kircher (Alessandro Orlandi, William Russell e Giovanna Mencarelli) non avessero deciso di riesumarle, letteralmente, dal guano di piccione e dalla polvere dei decenni che nel frattempo aveva coperto tutto. Comincia da lì una storia (davvero #labuonascuola) di vent’anni di lavoro appassionato e volontario di restauro e catalogazione, favorito da quattro presidi lungimiranti e dall’entusiasmo di almeno tre generazioni di alunni che parteciparono all’impresa, oltre che dalla collaborazione dei direttori dei musei scientifici universitari della Sapienza. Come il professor Aldo Rossi (direttore del dipartimento di Biologia animale e dell’uomo ) che passò una torrida estate a classificare e a imballare animali impagliati assieme agli studenti e ai docenti del liceo; ci sono stati poi la classificazione e il restauro di un prezioso erbario settecentesco e di quello ottocentesco a cura del dipartimento di Botanica della Sapienza e il restauro e la schedatura degli oltre quattrocento strumenti di fisica – alcuni rarissimi – a opera di Paolo Brenni e del Museo di Storia della Scienza di Firenze. Su tutto, è ovvio, vegliava Athanasius Kircher. Se ne ebbe prova a metà anni Novanta, quando, in occasione dell’esposizione nell’aula magna del liceo di alcuni dei reperti restaurati, il ministro dell’Istruzione, nel discorso di saluto, pronunciò il nome del gesuita: gli immensi finestroni dell’aula si spalancarono all’unisono, facendo entrare una gran folata di vento. Un segno di approvazione? Pensiamo di sì. E chissà come sarà felice, l’eclettico Kircher, della recente inaugurazione, grazie al contributo della Fondazione Roma, di un’esposizione permanente, nel liceo Visconti, di alcune delle sue “meraviglie”.
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