Tagliare corto

Umberto Silva

Come Napoleone al Baghadi ambisce a un posto nella Storia, ma si inabisserà presto

    Antipatico a scuola, bocciato dall’università, respinto alla leva, un somaro risentito insomma, Abu Bakr al Baghdadi era fin dal suo esordio candidato a capeggiare un esercito di sfigati in cerca di terrestri e/o paradisiaci risarcimenti. Al confronto al Qaida è un cenacolo di nebulosi perditempo: amichevolmente mandò al ribelle Abu un ambasciatore e senza neppure farlo parlare Abu gli tagliò la testa. Questo fa di lui un uomo dalle idee molto chiare, un condottiero, il Napoleone del medio oriente.

     

    Parrebbe bestemmia comparare due tipi apparentemente così lontani, l’uno vissuto nel fasto delle Tuileries l’altro nelle tane irachene, eppure qualcosa di forte li imparenta. Di Napoleone, al Baghdadi possiede la demoniaca fretta e ingordigia di chi sa che non avrà vita lunga, di al Baghdadi Napoleone anticipò la crudeltà e l’arabeggiante delirio: “Bisogna andare in Oriente”, spiegò ai suoi perplessi generali, “tutte le grandi glorie provengono da là”. Siria e Egitto vivacchiavano all’ombra dell’ottomana pigrizia quando Napoleone ci sbarcò. Vinse di qua e perse di là, poi tagliò la corda ammazzando 3.000 prigionieri, il fiore della nobiltà mamelucca; in Europa altri cadaveri lo attendevano. Ai vari Baghdadi Napoleone ha insegnato che non c’è limite alla bulimia; solo in Russia macellò un milione di giovanotti, e appena arrivato a Parigi dopo avere corso in slitta sulle teste ghiacciate, l’unica sua preoccupazione fu di allestire un nuovo esercito, a sua volta destinato al massacro. Un vampiro che al liceale Abu potette piacere assai. Si sarà detto: “Beh, se quel nanetto più porcate faceva più lo onoravano grandi poeti e pittori, perché non anch’io, giusto per sbattere la gloria in faccia ai miei compagni di scuola?”. Detto fatto: appena preso il potere Abu ha decapitato i suoi compagni di un tempo, che nessuno potesse raccontare d’averlo visto uomo, lui che si pensa un dio. Come può un dio sopportare l’idea che in qualche parte del mondo viva un tizio che l’ha visto in mutande? O con cui ha giocato una partita di calcio, magari perdendola? Per non parlare di quella volta che l’amico Omar lo derise, una ferita che mai si cicatrizzerà. Tagliare col passato, tagliar corto, tagliar teste, tagliar fuori, tagliare i ponti… tagliare, tagliare, pur sapendo che non basterà mai.

     

    Comunque sia, un posto nella Storia Abu se lo sta guadagnando. Se il taciturno Assad si è conquistato un palchetto grazie all’eleganza del gas nervino che nemmeno lascia traccia, l’uso che Abu fa delle donne rievoca antichi stupri tuttora assai citati nei libri di scuola, da Famagosta a Bisanzio. Sua e solo sua, invece, è la trovata di mostrarci decapitazioni nel deserto, un successone al punto di far uscire dai gangheri presidenti americani, inglesi e perfino giapponesi. Se la ride Abu. Brutto come un peccato malriuscito, cattivo come il demonio, fanatico e antipatico, è un vincente; non ha niente ma proprio niente da invidiare ai peggiori, tempo al tempo e avrà la sua fama imperitura. Grazie a tutte le porcate che ha fatto, Napoleone si è guadagnato un eterno soggiorno chez Les Invalides, Hôtel destinato a quelli cui aveva amputato le gambe. Tranne i Borboni, forse, i vanagloriosi francesi amano il macellaio e ancor oggi se risorgesse sarebbero pronti a dargli altre vite umane, tutte quelle che vuole. L’unica consolazione è che l’Empereur se ne sta sotto blocchi di quarzite rossa su uno zoccolo di granito verde dei Vosgi, un marmo talmente pesante che da lì non esce nemmeno se i coboldi del conte Dracula si danno da fare. Ad Abu non interessano i mausolei, la sua religione, sempre che davvero ne abbia una, contempla riti e sepolture molto più sobrie. Però ambisce a una bella morte che scolpisca il suo nome nei secoli, e se nel fare la guerra mostra tutta questa fretta è perché sa che la sua ora è vicina. E’ il primo della lista e sente il drone fiutarlo come un cane da caccia; Kill Bill non sbaglierà il colpo e i suoi ridanciani compagni di scuola lo aspettano per la partita di calcio, e questa è la cosa che gli dà più fastidio e gli rovina tanti splendidi momenti di euforia omicida. Intanto non smette di fantasticare di attraversare il Mediterraneo e, incendiata Malta, ebbro puntare verso le coste siciliane. S’inabisserà davanti al faro di Capo Passero e nei secoli sarà ricordato come il califfo che morì sognando di conquistare Roma.