Siedi accanto a me

Umberto Silva
L’autobus della vita, i battelli dei migranti e il posto di Rosa Parks, sul quale riflettere ogni tanto

    Sessant’anni fa nella città di Montgomery, in Alabama, era tutto tranquillo fino a quando su un autobus salì un uomo che vide una donna negra occupare il suo posto. Niente di grave se, chiedendo scusa, costei si fosse alzata; ma Rosa Parks non si alzò. Avrebbe ceduto il sedile a una donna incinta, a un vecchio claudicante ma non a un robusto signore che lo pretendeva per via della pelle bianca.

     

    Si dice che le rivoluzioni somiglino ai cicloni, ma le vere rivoluzioni, quelle che nobilitano la nostra tragica Storia di massacri, avvengono nel silenzio, tanto che nessuno in un primo momento se ne accorge. Rosa non stette al suo posto – la sottomissione – e questo scatenò la fine del mondo, il mondo che ancora si reggeva sull’apartheid. Vent’anni prima Hollywood aveva regalato agli americani un malizioso aforisma: “Le donne non sanno di essere sedute sulla loro fortuna”; Rosa lo sapeva. Possedeva un tesoro che avrebbe fatto fruttare, non esibendolo in un cabaret ma semplicemente poggiandolo su quello che non era il suo posto, del tutto indifferente alle esortazioni dei misogini bianchi di levarlo di torno. Se quegli assatanati avessero chiuso un occhio lasciando a Rosa il sedile, la rivoluzione non avrebbe avuto luogo; ma costoro stimavano la brutalità una questione di principio: temevano che se la voce di una loro gentilezza si fosse sparsa per la città, chissà quanti sederi negri avrebbero usurpato i posti riservati ai bianchi. Il conducente fermò l’autobus, chiese l’intervento dei poliziotti, la donna fu incriminata, i negri si ribellarono, l’opinione pubblica si sdegnò. La rivoluzione vinse, i razzisti di Montgomery dovettero subìre la vista di torme di scimmie sedute in quelli che erano stati i loro posti esclusivi. Posti ormai inesorabilmente contaminati. Mischiarsi a quelle bestie? Meglio stare in piedi. Tante donne e tanti uomini chiamati negri si erano alzati in quegli anni cedendo l’ambito posto o nemmeno osando avvicinarvisi: pativano l’arroganza bianca come qualcosa d’ineluttabile. Guardando negli occhi i bianchi sconvolti dalla sua audacia, Rosa si vergognava di loro. Chissà quanti occhi Rosa ha fatto abbassare e  chissà quanti altri lampeggiarono di odio. Quanta gloria conquistò quella donna! Rosa Parks è viva e c’invita a sedere al suo fianco, pronti ad alzarci secondo la buona regola scritta nei cuori di lasciare il posto ai più deboli. Chi sale sull’autobus della vita ha diritto a un posto. Anche i negri – così non li si chiama più, ma tali spesso li si pensa – che fuggono dalle loro terre cercando scampo e lavoro? Non è che sull’esempio di Rosa Parks ci ruberanno il posto? L’autobus della vita fa gola a tutti, e quelli sono abituatati a schiacciarsi sui battelli, faranno di noi polpette? Mah, feroci siamo noi quando tali vogliamo vederli. In espiazione dei tanti peccati che ho commesso a causa della durezza del mio cuore, oggi propendo per una cristiana accoglienza dello straniero, scelta che comporta rischi e sofferenze. Sempre più accettabili dei sensi di colpa, di cui ho fatto ampia esperienza: sono tremendi. Per incontrare un po’ di letizia tocca diventare umili e buoni. L’inconscio – la Giustizia Divina – ci punisce proprio perché pensiamo di cavarcela fingendo che l’altro non esista, o che non debba esistere. Per stare bene, a posto con noi stessi, conviene cedere il posto alle Rose e stare in piedi, con qualcuno che ce li pesta; solo così riusciamo ad accorgerci di noi e dell’altro prima che la Giustizia Divina ci faccia crepare. Alle allucinazioni di un Salvini che vede ultracorpi ovunque preferisco il sano realismo di Ferrara, la pia scabbia piuttosto dell’esercito che non c’è, eccezion fatta per un Marò prigioniero, un altro in malattia e un terzo nella testa di Toti. Amo Cristo, il sinite parvulos, il buon samaritano, la Maddalena salvata e tutto il resto, e che meraviglia i pani e i pesci che sfamano un popolo riempendolo di fede. Torniamo nelle chiese e preghiamo, nutriamoci del cibo divino e anche quello umano ci sarà di conforto.