Letta a telefono
Enrico Letta è un esponente di quella délicatesse che fa perdere se non la vita, come cantava Rimbaud, certo l’occasione, quella sì: perse la presidenza del Consiglio dei ministri perché invece di dare il rituale campanello sulla testa del baldanzoso Renzi, come una bestiola votata al sacrificio glielo porse. Questa era la scena: l’uccellino accanto al gattone sicuro del fatto suo. In questi giorni Letta ha perso una seconda occasione di riscattare la sua micidiale gentilezza con un’uscita di quelle che fanno male, cedendo invece alla lusinga di un sussurrato rimbrotto. “Quelle frasi si commentano da sole”, ha risposto a chi gli ha dato dell’incapace. English style, non c’è dubbio, ma di recente persino l’impassibile principe Filippo, un tempo grande giocatore di polo, ha perso le staffe e ha investito d’insulti un fotografo che esitava a schiacciare il grilletto. L’aplomb non si porta più.
E poi, davvero le frasi e il comportamento di Renzi rivelati dal Fatto quotidiano si commentano da sole? Anche Letta si commenta da solo? Ma no, ma no, i comportamenti e le frasi tocca ascoltarli e interpretarli, siamo noi che li commentiamo, ciascuno a suo modo. Uno dirà che Renzi ha libertà di esprimersi anche così, che in fondo se ritiene incapace un tizio ha tutto il diritto di dirlo e di farlo sapere, che tanto si sa che prima o poi quel che si dice nell’ombra appare alla luce… L’altro invece dirà che per gentilomeria non si dà dell’incapace a chi ha ceduto il suo posto senza fare storie, lo si ringrazia e basta. Insomma, ognuno dice la sua, a sua volta commentata dall’interlocutore del momento, e così all’infinito mentre in silenzio ci si chiede: dimenticare l’offesa o farne il proprio godemiché?
Parliamo un po’ del primo imputato, o forse testimone, nell’affaire Letta, il telefono. Per telefono ci raccontiamo, un oggetto necessario il telefono e direi reale, vero, onesto, quello che accoglie tutta la nostra umanità e ci consegna a quel che davvero siamo al di là dei sapienziali paroloni che ciascuno nel proprio quotidiano ostenta. Si suole dire che telefoni e computer ci rendono bestie, ma è falso; l’uomo è bestia, vera bestia, quando fa il saccente, l’ipocrita, il moralista, il perbenista, ma quando telefona è solo un uomo. Telefonando getta la maschera e dice quel che mai direbbe, dice persino qualcosa di vero, sputa tutto il suo veleno e la sua ansia e il suo desiderio. E l’intercettazione? Per alcuni è uno strumento da maneggiare con le pinze; pericoloso quanto un cobra guai gettarlo addosso alla gente. Per altri, invece, va benissimo così: viva il cobra, morda chi vuole, basta con i nascondimenti e le ipocrisie, ogni cosa sia illuminata. La privacy, la privacy… ma figurarsi, dove ci crediamo di essere, al cimitero?!
Il dignitoso fair play
Un’eterna querelle. E io, io che partito prendo? Il mio lettore ormai lo sa: tutti, purché m’ispirino un pezzo simpatico, divertente, telefonico. Ora, da psicoqualcosa m’interessa capire la reazione di Letta, quel suo dignitoso fair play che gli ha impedito di osare di più. La replica di Letta al sentirsi dare dell’incapace è stata contenuta e signorile, come gli è pisano costume, ma dell’offesa avrebbe potuto riderne, il riso degli dèi, accomodante e fin compiaciuto; che chic. L’essere un brav’uomo non doveva esimere Letta da qualche colpo maestro, ad esempio quello di abbandonarsi a un esorbitante complimento all’avversario, o quell’altro disarmante trucchetto di riconoscere umilmente la propria incompetenza. Così facendo si sarebbe attirato le lacrime di mezza Italia e forse più, le signore avrebbero pianto nelle chiese come ai tempi di Fabrizio del Dongo. Da lì sarebbe potuta ripartire l’enrichesco riscatto, una delicata vendetta: alla luce incerta di quel che Renzi ha finora combinato, il voltagabbana che vive in noi avrebbe cominciato a pensare che il pisano, proprio grazie alla sua mitezza, si sarebbe potuto rivelare un politico più capace del machiavellico fiorentino. Fantapolitica? Ne accadono tante in Italia. Forse c’è ancora un’occasione, chissà che un giorno la sua délicatesse possa procurare a Enrico Letta la presidenza della Repubblica, quella che nell’intercettazione telefonica l’infido Matteo fingeva di volergli regalare ben sapendo che non era possibile: il cinguettante Enrico non aveva l’età.
Scherziamo. Ma perché no? In fondo… Non se ne parla! D’altronde… Magari. Anche se… Presto detto! Tuttavia… Chissà. Chi vivrà vedrà. Chi vedrà vivrà. Forse.
Il Foglio sportivo - in corpore sano