Salvini e puttane
La politica sul lettone: Matteo Salvini insiste nel voler riesumare gli antichi bordelli spazzando dalla strada le lucciole che inquietano le sue notti. In che modo lo turbino non è dato saperlo, ma è lecito fantasticarlo. Lo psicoanalista indiano Masud Khan catalogò duecento modalità di fantasia erotica, ma non vi troveremmo quella di Salvini: la sua perversione, infatti, è di non averne alcuna, al punto di sostenere che la prostituzione è un mestiere come un altro. Un parere condivisibile e in effetti assai condiviso, perché no? Ve lo dico subito perché no: la chiesa dice no alle case chiuse e anch’io dico no, no, no. La chiesa è Dogma e non sono più l’ingenuo di un tempo, quando pretendevo di confutarla. Come confutare un’anguria? E’ confutabile il favoloso tre a due del Torino in rimonta contro la Juventus nell’anno di grazia 1983? Immaginarsi se siamo in grado di confutare la possente chiesa e le sue celesti divinità. Tutti i paesi più ricchi e civili tifano per i bordelli? Peggio per loro, bordelli diverranno; anzi già lo sono, come la Germania, l’Australia e gli Usa dove le puttane sono quotate in Borsa. Da quelle parti le lussuose stanze della prostituzione si chiamano tutte “Paradise”, si sprecano le falliche colonne di marmo e se la ragazza ti sta sopra puoi vedere sul soffitto di vetro e acqua un pescespada che sguazzando ti strizza l’occhio. La prossima volta strizzerai tu l’occhio al pescespada. La terza…
La prostituzione non è un mestiere come gli altri, la prostituzione è prostituzione e basta, avvenga per le strade o nelle regge. Si è discusso all’infinito sul sesso degli angeli e ora all’infinito ci s’interroga intorno al sesso degli italiani, se devono beccarsi lo scolo all’aperto o al chiuso. Ma lo becchino dove vogliono! Se passerà il referendum pro-casino, immagino il sollazzo di scoparsi la tipa mentre prepara la fattura; lo stordito cliente invece che alla bella ragazza col fiore tra i capelli sarà costretto per tutto il tempo del suo infero coito a pensare al commercialista, alla Guardia di finanza e, naturalmente, a Matteo Salvini. Eccolo là, in piscina, che si fa fotografare in allegra compagnia di nerboruti seminudi non meglio identificati. Un invito alla riesumazione dei maschi bordelli? Ma no, Salvini ha solida fama di tombeur de femmes. E poi, a che pro? Sono lontani i tempi di Marcel Proust: il délabré Hôtel de Marigny è sempre all’11 di Rue de L’Arcade ma così moquettato e insonorizzato che più non si ode lo schiocco della frusta sul corpo del barone di Charlus. Oggi è il tempo del fracassone gay pride e delle infocate dark room, dove nel buio più totale nessuno fa domande e nessuno dà risposte, col rischio di sodomizzare papà.
C’è da chiedersi cosa abbia spinto l’astuto Matteo a mettersi contro la chiesa, come se quella nobile e saggia istituzione da secoli non conoscesse e magistralmente amministrasse le virtù e i vizi dell’eros. Salvini non è solo, ogni anno salta fuori un salvatore della patria sessualità sventolando l’eterno jolly del casino. Poveri cacciatori di tarme! Già nella favolosa civiltà babilonese era contemplato un obolo da versare al grande sacerdote in cambio dell’accoppiamento con una giovinetta, spesso proveniente da solida famiglia, il tutto immerso in un sacro rito. Care a Isthar e a Gilgamesh, e in seguito a Afrodite, a Kama e a Shiva, a Cristo e agli dèi tutti che sempre le hanno convocate nei loro templi, accolte alle loro mense e salvate dall’ingiuria dei probiviri, le puttane rilasciavano un enigma che dura tutt’ora. Per coglierne l’indecifrabile lampo occorre il coraggio di guardarle negli occhi, coraggio di cui si macchiò il grande William Evan Gladstone. Terminato l’immenso lavoro, il premier Gladstone si avventurava solitario per le buie strade di Londra e attaccava bottone con le ragazze, pensando che fosse il modo migliore per far loro sognare un altro destino. Audacia che oggidì appartiene agli intrepidi preti che la notte battono le strade infestate di assatanate automobili, portando il verbo che disseta ragazze che paiono ciniche ma sono solo disperate, ustionate dal nulla. Sento la loro fede, la condivido: no al pesce spada, meglio la dura terra e il cielo senza stelle, mai più la casa chiusa per quanto dorata, disinfettata e tassata. Casa di Dio è la parola.
Il Foglio sportivo - in corpore sano