Come muore un re

Umberto Silva
Perché la gente va pazza per i tiranni che sopravvivono alla propria morte? Fidel e gli altri

    Fidel Castro è molto vecchio e molto malato, ma ancora incute timore e dice la sua. Le ragazze girano per Cuba con addosso i colori Usa, tutti aspettano la grana dei ricchi americani, ma il prudente Kerry mette in guardia da possibili colpi di coda del vecchiaccio. Chi in vita fu feroce assai, anche sul punto di morte fa paura. Di più, anche da morto. Quando Stalin crollò stecchito sul pavimento della dacia, nessuno dei suoi capoccia ebbe il coraggio di toccarlo. Pareva loro impossibile che fosse davvero morto, temevano un’ennesima trappola, come quando Stalin chiedeva al Politburo di manifestare apertamente eventuali dissidenze dal suo pensiero, e il giorno dopo il coraggioso non lo si vedeva più al tavolo. Nel 1952, un anno prima di crepare, Stalin aveva pensato bene che il modo più sicuro di guarire fosse quello di ammazzare i medici, la classica proiezione persecutoria del paranoico. L’imbalsamazione fu la prosecuzione dell’immortalità; la gente andava a vedere Stalin come si visita un leone allo zoo, sicura delle sbarre e con un pizzico di speranza che all’improvviso potesse balzare fuori addentando qualcuno. La gente va pazza per i tiranni che sopravvivono alla propria morte, ancora oggi c’è chi sogna un Hitler ultracentenario nascosto con la sua Eva bacucca in qualche cittadina argentina a fare una bella coppia di nonnetti.

     

    Gli uomini politici hanno complessivamente un periodo di vita più lungo degli altri cittadini, come se lo stress cui si sottopongono invece di logorarli li spronasse a esistere. Molti di loro si sentono indispensabili alla patria, avvertono come un tradimento abbandonarla per l’aldilà, temono che deprivati della loro politica essa possa languire. Viceversa altri uomini politici pensano che la patria sia a loro indispensabile, che senza di essa e i suoi palchi e privilegi possano perire, privati di quella scena quotidiana che fomenta il loro narcisismo. Insomma, in un modo o nell’altro campano a lungo, alcuni nella battaglia fino all’ultimo istante, altri in un buen retiro garantito da una solida pensione. Tornano alla ribalta il giorno della morte, con funerali più o meno solenni, e tutti ci chiediamo: “Ma non era morto già tanti anni fa?”. No, era vivo, da qualche parte. Avrà guardato la tivù, pronunciando giudizi per lo più negativi verso i successori: “Guarda ‘sto fesso che combina”, e roba del genere. E’ vivo Pietro Ingrao? Boh, controllo su internet: sì, è vivo, vivissimo a cent’anni, è stato il capo della sinistra comunista ma ultimamente è ecologo e pro-Bonino, almeno così c’è scritto. Il giorno che morirà gli faranno un mucchio di elogi, io dirò boh. Sono tutti vivi, persino l’ex presidente Jimmy Carter, novantuno anni. Jimmy ha combinato tanti di quei pasticci che alla fine gli hanno dato il Nobel. Ha comunicato agli americani e al mondo che ha un tumore al fegato e che forse non morirà o forse sì, prima o poi. Obama gli ha mandato un affettuoso messaggio.

     

    Tutti i maggiori uomini politici italiani, in particolare i presidenti della Repubblica, sono morti vecchissimi, ben al di sopra degli ottant’anni anche in tempi in cui la longevità non era assicurata dalle nuove scoperte della medicina. Nei paesi sottosviluppati i dittatori e i loro ministri e cortigiani e i figli e i nipoti hanno un tasso di sopravvivenza, grazie al cibo e alle cure estere, che è dieci volte quello della popolazione che amministrano.

     

    I crociati del doge Enrico Dandolo
    Ma il record di longevità politica spetta a un veneziano, il doge Enrico Dandolo. Morì a 98 anni a Costantinopoli, che qualche anno prima aveva conquistato in barba alla sua vecchiezza e alla cecità che da sempre lo tormentava. Pur guercio e centenario riuscì a portare a termine quel macello di uomini e bellezza che ridusse la favolosa città a una rovina spogliata dei suoi più scintillanti tesori. Al comando di Dandolo i cosiddetti crociati stuprarono e massacrarono tanta di quella gente che 250 anni dopo nemmeno il feroce Maometto II. Come ora, anche allora si ammazzava che era un vero piacere; come ora anche allora c’era un dio chiamato a consacrare il tutto. Ma che un politico centenario e orbo possa essere così feroce, resta un primato da Guinness.