Sensi di colpa
I troppi “non” del Papa e il nostro timore di fare torto Agli islamici, di non comprenderli
Non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana”, tuona Papa Francesco, ma più diritto alla meta avrebbe potuto buttar lì un: “Condanniamo…”, bello secco, senza tutti quei “non si può non” che fanno montagna russa; e anche il “può” indebolisce, e “l’inqualificabile affronto” è moscio, sembra una faccenda tra gentiluomini; la “dignità della persona umana” poi è astratta, qui si tratta piuttosto della pelle di centotrenta ragazzi. Papa Ratzinger andava subito al sodo: a Ratisbona, per bocca di Manuele II Paleologo disse le cose come stavano e poi si guardò attorno, smarrito: attorno a lui erano tutti imbarazzati e fin contriti, come se avesse detto una bestemmia. Dovette andare in una moschea a scusarsi di avere detto la verità.
Insiste con i “non” Papa Francesco: “Ciò che è avvenuto non è umano”, dice da buon teologo esperto di diavoli, tra i quali quelli dell’Isis, setta satanica pronta a morire per volare al patrio inferno dove bivaccano le Uri tutte scosciate. Sulla scia papalina Obama e molti altri, tutti a parlare di satanassi. E sarebbe già meglio, più confortante, se davvero gli assassini fossero epigoni di un’antica lotta celeste, noi umani salveremmo la faccia; purtroppo gli Isis sono umani, orrendamente umani e più che immaginari zombi ricordano ben più reali delinquenti, i più grandi odiatori della storia dell’umanità, i nazisti. Sulla loro scia gli Isis spandono il peggiore dei gas, quell’odio che mette ovunque zizzania e che cercano di attirare su di sé uccidendo e offrendosi alla vendetta, sicché anche le persone dabbene sfrenatamente odiandoli diventino mostri. Nobilmente risponde loro Antoine Leiris, marito di una donna uccisa al Bataclan: “Non avrete mai il mio odio”. Salvo alcune eccezioni, gli europei non riescono più a essere feroci come un tempo, quando tante volte in nome di Dio portavano il sopruso e la morte. Gli europei si sono molto educati negli ultimi settant’anni, hanno abolito il diritto di ammazzare gratis la moglie e altre amenità del genere. Sono gente tranquilla e ammodo, fino a prova contraria, tollerano l’altrui religione e si azzuffano solo per il pallone. E’ ora di dire chiaramente che il razzismo non è più un vizio diffuso tra gli occidentali quanto piuttosto tra gli orientali, che un tempo furono peraltro assai larghi di vedute, ancor più dei cristiani. Ora la gran parte dei musulmani guarda le altre civiltà con un occhio torvo che promette tempesta. Occorre intervenire, innanzitutto stando all’erta; senonché gli occidentali, vittime di un antico ma ostinato senso di colpa che non cessano di espiare, si pensano razzisti, o almeno temono di poterlo diventare da un momento all’altro. Sicché davanti agli islamici in noi sorge un nuovo timore, diametralmente opposto alla paura di mori e neri che avevamo un tempo, sorge il timore di fare loro torto, di non comprenderli. In tal modo li omaggiamo, ci genuflettiamo davanti alle loro pretese, a volte grottescamente prevenendole anche quando non esistono: ecco che improvvisamente togliamo i crocefissi dalle aule scolastiche, mentre i Maometto dai musei… Basta, basta coi sensi di colpa che, come ha spiegato Freud, non tanto originano dal crimine quanto al crimine conducono, pur di trovare una qualsiasi pace, che ben presto si rivela una guerra infernale, con se stessi innanzitutto. Pur di non pensare – il pensiero toglie la voglia di espiare e ci porta ben oltre, nel desiderio – abbiamo espiato le nostre colpe, abbiamo espiato i sensi di colpa, abbiamo espiato le colpe dei sensi di colpa, e ora vogliamo espiare anche le colpe degli altri? Non servirebbe a niente, anzi. Ciascuno è solo davanti allo specchio.
Il risultato del terrore? Vincerà la marmorea Marina Le Pen e ovunque in Occidente quelli tutti d’un pezzo? Speriamo di no, è una vecchia storia cara al Novecento: “Il pericolo che costoro rappresentano è ben poco rispetto all’Isis”, ci si dice, e turandoci il naso li votiamo. Mal ce ne incoglierà: proprio come allora, quando i popoli si affidarono a rassicuranti fautori dell’identità nazionale, e si ritrovarono in guerre demenziali di cui nemmeno si ricordavano il perché.
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