Dio, l'avventuriero
Il Giubileo della Misericordia ci accoglie, e “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia!” scrive Alessandro Manzoni; m’inchino davanti alle sue misericordiose pagine. Ma noi tutti siamo poveri scribacchini, anche Papa Bergoglio che pure sta giubilando; chissà come se la cava davanti a “misericordia”, una delle parole più ambigue della storia, soprattutto della storia delle religioni. Innanzitutto, misericordia per chi? Se mi è permesso, in primo luogo suggerirei d’indirizzare la misericordia verso noi stessi. Se non abbiamo compassione di noi, neppure possiamo averla per gli altri; se non riconosciamo la nostra miseria umana dispensiamo all’altro l’elemosina del nostro successo e siamo solo arroganti. Isaia: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, allora brillerà la tua luce e la tua tenebra sarà come il meriggio”. Grazie alla misericordia possiamo assolverci dai sensi di colpa maturati nell’infanzia e che ancora ci opprimono. Basta con le autopunizioni che imbrogliano e imbrigliano la nostra esistenza.
Scrive Tommaso d’Aquino: “E’ proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza”. Ma se Dio ne fa uso per piazzare ai migliori posti del paradiso i peccatori, le prostitute e i figli scapestrati?, ci chiede il priore di Bose. Il nostro buonsenso vacilla: che il figliol prodigo sia perdonato dal padre sarebbe accettabile, magari dopo un tempo di punizione e con la promessa di non reiterare l’errore; ma celebrare in suo onore una festa, è troppo! Dove va a finire la giustizia davanti a un perdono così gratuito? La misericordia di Gesù, quella da lui praticata e predicata, è esagerata e ci scandalizza!, conclude il priore di Bose e altri con lui che esaltano lo scandalo di Dio onnipotente dispensatore di misericordia. Interessante, perturbante, ma sono di un altro parere, anche perché l’onnipotenza stride alquanto con la misericordia. Se Dio avesse insistito a fare l’onnipotente, il sogno di ogni paranoico, mai avrebbe incontrato la misericordia. Dio ha avuto l’audacia di abbandonare il solipsismo per addentrarsi nella Creazione, Dio è stato misericordioso verso Se stesso, e questa è la Sua gloria. La misericordia verso di sé è la rinuncia a credersi qualcuno, un Dio poi, per di più onnipotente! Esercitando la misericordia verso le donne di facilissimi costumi, le più difficili, e verso i giovani in cerca di sogni, Dio non fa mostra di onnipotenza quanto di misericordia verso se stesso, umano, umanissimo, come noi tutti preda di passioni ma più di tutti noi avventuroso. “Io sono venuto a chiamare i peccatori non i giusti”, dice Cristo, là dove i primi sono da intendere come gli audaci e i secondi come i noiosi. Audaci soprattutto nella parola, ché il raccontare di sé e del vasto mondo è assai misericordioso. Dio cerca lo scandalo della bellezza e della gioia; e quando Gli tocca morire s’inventa un modo sublime, crocefisso sul Golgota mentre la terra trema al suo estremo pensiero. E quel grido fatale: “Dio mio perché mi hai abbandonato?!” quanto ci riempie di misteriosa gratitudine.
Il turbinoso racconto del figliol prodigo
Ama l’avventura, Dio uno e infinito, e la Sua è splendida, ma ama anche quella altrui, gustò il turbinoso racconto del figliol prodigo e Lo disgustò la tetra contabilità del figlio fedele. All’inizio era il verbo, e sempre lo sarà. Gli piacque la vista dell’audace Maddalena che insultava in coloriti modi i suoi mutacici lapidatori, e tante altre sono le peripezie che Cristo incontrò nella Sua folgorante vita. Fu misericordioso non tanto perché guarì un po’ di lebbrosi ma perché portò quella peste che sovvertì l’occidente, spingendo all’avventura chiunque incontrava, innanzitutto i suoi apostoli, per ciascuno disegnando un glorioso destino. La misericordia è questa: concedersi una vita colma di avventure dell’anima e del corpo, e farne partecipe chi s’incontra; Gesù è il figliol prodigo, figlio prodigio che mai si ferma e incessantemente ci invita all’impresa. Perdonava? Spronava. Seguiva i canoni? Ne inventò di nuovi. Ancora oggi sbuffa per le lodi in cui si cerca di rinchiuderLo, ma grazie a un magico filtro esse non Gli arrivano alle orecchie, mentre sono sicuro che Lo interessano le suppliche di quel porcone che è lo zio di Amleto: “A che serve la misericordia se non per affrontare a faccia a faccia il delitto? E non è la sostanza della preghiera tutta in questa duplice forza di trattener dalla caduta, prima, e poi al caduto procacciare il perdono? Dunque io guarderò in alto…”. Shakespeare, che altri chiamano Dio, è assai misericordioso verso la propria arte.
Il Foglio sportivo - in corpore sano