Troppo facile

Umberto Silva
Idee salvifiche da considerare prima della fine dell’anno ed evitare la cialtroneria in agguato

    In questi giorni d’incertezza festaiola, dove ci si chiede se celebrare il Natale sia un atto di amore o di profanazione, un inno a Dio o alla fatuità, in questi giorni in cui è inevitabile con l’approssimarsi della sospirata “fine dell’anno” fare i conti con la propria vita e con il fastidioso pensiero che possa essere “l’anno della fine”, ecco, parrà strano, ma l’idea salvifica in cui mi sono rifugiato – da piccino mi aggrappavo ai grembiuli delle cameriere – è stata quella di stringermi a quel che di più onorevole e sacro è avvenuto in Italia, l’eroico sacrificio dei tanti magistrati falciati dalle armi dei terroristi e dei mafiosi. Ho indugiato a lungo sulle fotografie in bianco e nero dei corpi degli eroi, che non cessano di guardarci dalle auto crivellate di colpi sulle quali giacciono in severa e nobile postura e ci parlano. Il loro coraggio, la consapevolezza di un rischio mortale – spesso ci si dimenticava di assegnare la scorta, che gente fastidiosa quei giudici! – mi è improvvisamente parsa così superiore alle nostre paure e vizi quotidiani, che mi sembra opportuno rievocarla in un momento difficile in cui si chiede alla nazione un coraggio che permetta di affrontare l’incombente pericolo senza rinunciare alla misericordia.

     

    Curiosamente, a spingermi verso i martiri è stata la visione del film di Woody Allen “Irrational Man”. Siamo in un college dove regna la grazia di Emma Stone, che non può sottrarsi alla propria ossessione: innamorarsi del più fascinoso tra i professori, in questo caso uno scalcinato maître à penser. L’amore tra i due fiorisce come possono fiorire le rose di stoffa, finché accade qualcosa d’imprevedibile, chiamiamola epifania. Le epifanie piacciono molto ad Allen, ricordiamo il suo film precedente, il delizioso “Magic in the Moonlight”. C’è una scena che pare incongrua: Colin Firth e ancora lei, Emma Stone, sono chiusi nell’osservatorio, fuori tempesta, e Colin a un certo punto si addormenta su una panca. Che diavolo, addormentarsi con una ragazza così? Eppure quell’inopinato ma vittorioso, epifanico, rifugiarsi nel sonno evoca il Sogno di Costantino, quando Piero della Francesca dipinge l’imperatore dormiente che riceve dal Cielo il buon auspicio. Al risvegliarsi i due innamorati guarderanno le stelle. Anche in “Irrational Man” c’è un’inattesa sospensione della trama amorosa, ma stavolta il sonno della ragione porta alla disfatta, partorendo un mostro. Emma e Joaquin Phoenix parlano in un bar, uno di fronte all’altra, quando la ragazza all’improvviso chiede al professore di sedersi al suo fianco. Da lì Joaquin ode una donna disperata accusare un giudice di prendere ignobilmente le parti del marito fedifrago che vuole sequestrarle la figlia. Il professore di filosofia attentamente ascolta, avverte un’epifania, sente che può salvarsi dalla perenne abulia e trovare lo scopo della sua vita, ma non coraggiosamente e legittimamente verificando l’accusa della madre, e, se comprovata, smascherando il giudice, bensì ammazzandolo sui due piedi. Nessuna epifania, il professore spegne la luce.

     

    Tra le foto in bianco e nero degli eroi degli anni di piombo e la colorata inquadratura del giudice americano spaparanzato in calzoncini su una panchina del parco, sembra esserci un abisso e in qualche modo c’è ma anche no. E’ stato proprio questo sondabile abisso a spronarmi a tornare sui miei passi, a incontrare i giudici per capire chi fossi io allora e chi sono ora. Cosa ho capito? Beh, innanzitutto che allora ero un’anima morta sulla quale l’uccisione di un giudice scivolava pressoché inosservata mentre ora davanti alle biografie e alle fotografie sono stato sopraffatto da una violenta commozione. In secondo luogo ho capito che occorre stare sempre vigili per non ricadere nella cialtronaggine: al cinema, in un primo momento subito castigato a dovere, mi aveva strappato un bastardo sorrisino l’idea di Joaquin di avvelenare con un succo di frutta il chiacchierato giudice in calzoncini, antipatico al punto giusto. Facile, troppo, idiota, innamorarsi dei fascinosi filosofi da spiaggia, facile e imbecille anche innamorarsi di sé.