Tristezza british
Brexit o no, poco cambia. All’Europa manca la vecchia e sacrosanta superbia di Londra.
Brexit? Remain? Sadness, tristezza, ecco la parola giusta, profonda tristezza che nemmeno il divino pallone può spazzare via, il cielo restando dubbioso, sconsolato. Chiunque giovedì vincerà, resterà la tristezza nei cuori, si percepirà la vittoria di Pirro, perché non basta un sì o un no per rallegrare gli animi, ci vorrebbe un nì che racchiuda in sé un mistero, un qualcosa di affascinante che ridia alla Gran Bretagna e all’Europa quell’anima che un tempo avevano e di cui ora sembrano volersi disfare come un ferro vecchio. Meglio Françoise Sagan, che con un sorriso saluta la tristezza e accoglie il dolore come un amico; viceversa, coloro che lottano per brexit e remain senza avere assaporato il nì del pensiero, il nì perfido e dolce di chi guarda lontano, si aggrappano a una rassicurante piccolezza. Che tristezza!
Quanto era giustamente superba Londra nell’immediato Dopoguerra, viva nonostante tutto. Si prese lo sfizio di regalare Churchill alle attenzioni di Onassis che sul panfilo Cristina lo copriva di premure. Quando perse le elezioni, Churchill non brontolò più di tanto, sapeva che la guerra l’avevano fatta tutti, e tanti erano i morti cui doverosamente sacrificare qualcosa di sé. Londra faceva la povera con grandissimo stile, i medici e le crocerossine inglesi che si erano prodigati nella guerra furono altrettanto dediti alla pace, nell’ombra dei grandi ospedali che allora erano un ritrovo dell’anima. Meravigliosa Londra degli anni Cinquanta ripiegata sulla propria grandezza, pochi uomini avevano liberato il cielo funestato dai bombardieri tedeschi e avevano salvato l’Impero, finché esplosero The Beatles e le minigonne, non più le donne e i giovanotti ma i ragazzi e le ragazze; si era entrati in un’altra epoca che tuttavia della Grande Bretagna conservava la grandezza appunto, perfino nel divertimento, facendo credere al mondo d’essere diventati geniali caciaroni. Dovette ricredersene, il mondo, quando la Thatcher con la sua flotta annichilì l’Argentina. Nessuno poteva pensare di offendere impunemente l’Impero, e la gente del Commonwealth fece la sua parte. Commonwealth, comune benessere, parola elegante, accogliente e musicale, altro che la tagliente Brexit.
No agli invasori stranieri? I cinquecentomila italiani a Londra non sono invasori ma invasi dalla grandezza inglese, ammirati, idolatri del suo mito, pronti a tutto come lo sono i servi della regina: se un poliziotto si fosse permesso di non darle la mano, com’è capitato al misero Hollande, i suoi compagni, o la stessa regina, l’avrebbero steso con un cazzotto. Inconcepibile un oltraggio, là dove è piuttosto la regina a pizzicare l’erede che se ne sta seduto davanti al popolo con la scusa di coccolare il figlioletto. Che splendida scena: dice del rigore regale, quello che ha tenuto in piedi l’Impero. L’Italia fuoriesca dall’Italia, la Francia dalla Francia, la Russia dalla Russia e da tutto il resto, portando con sé i tesori della civiltà e dell’arte. I giovani invasati italiani invadono Londra, per conto suo Ranieri con mirabile blitz ha conquistato lo scudetto, allora tutti insieme a conquistare l’Europa, con lo stesso ardore che ha un uomo con la donna che ama.
Possibile che vi siano inglesi che non amano la Provenza e francesi che non vadano pazzi per la Scozia? Non tutto quel che viene dalla Gran Bretagna rifulge, attenzione ai temibili hooligans, che più di colonizzare vogliono sfasciare, lasciare una traccia visibile della loro impotenza. Non c’è redenzione sociale, pur nell’arricchimento si è sempre poveri se tali ci si sente, mentre i nobili si sentono nobili anche se mangiano le radici, anzi, forse anche di più. E a un Picasso preferiscono un anonimo ritratto di volpe. Però i magnifici musei sono gratis. Raramente l’aristocrazia si guarda attorno, legge il Tatler e solo lui. Senza Europa oggidì l’Inghilterra diventa patetica. Un brexiter di fama, Mick Jagger, ha detto che nella Ue c’è odore di topo. Probabilmente ha ragione, ma se gli uomini della Ue sono così poco attraenti, la sfida e l’attacco vanno lanciati proprio contro di loro, altro che ritirarsi, non è da inglesi che conquistarono il mondo e a nessuno cedettero. Cedere ai topi? Non sembra un segno di grande virilità, i topi vanno cacciati e sostituiti, pena diventare a propria volta topi, sdegnosi topi di lusso ma pur sempre topi.
Il Foglio sportivo - in corpore sano