Kim Jong-un

Quel rapporto morboso tra Kim Jong-un e Donald Trump

Umberto Silva

Il leader coreano, ossessionato dall’atomica, probabilmente pensa che il presidente Usa sia suo padre e gli voglia bene

Con tutte le precauzioni metto Cicciobomba sul lettone, non per timore che mi sfasci la chaise longue, ma perché temo che caschi a terra, esplodendo. Non ha le idee chiare Kim Jong-un, solo un tipo senza tempo e senza testa potrebbe uscirsene con la frase che “un attacco Usa alla Siria giustifica l’atomica”, al che Trump starà chiedendosi perplesso quanto è fesso quel tipo, dal momento che è proprio la sgangherata bomba di Ciccio a giustificare l’arrivo dei missili americani. Come può Kim pensare che Trump gli dia la possibilità di fare l’atomica? Tra varie ipotesi la più consistente e spaziale è che Bomba pensi che Trump sia suo padre e gli voglia bene. Il padre, quello vero, il grande nonno fondatore dell’impero, Kim II-sung, l’ha lasciato troppo presto ed è per questo che Bomba è impazzito, non tanto di dolore quanto di qualcosa che non sa; insomma vuole abbracciare Donald Trump, lo ama, ha intravisto Oltreoceano un essere transumano, una potenza spaziale, e non si lascia sfuggire l’occasione. I vecchi generali che lo circondano e lo applaudono non sono padri, sono maggiordomi, li comanda a bacchetta e quando si stufa li spedisce all’altro mondo con un cannonata. Trump, invece, è la figura paterna che Kim adora, il giorno che riesce ad abbracciarlo non lo molla più, con un certo imbarazzo del Tycoon che potrebbe anche sbatterlo più volte contro un muro di casa per rinsavirlo. Sì, potrebbe convocarlo e Kim non si tirerebbe indietro, anche lui costretto a sentire cantare la simpatica nipote di Donald, Arabella, al pari del presidente cinese e consorte irrigiditi sui tacchi, storditi dalla first baby che non la finiva più e dal rumore dei missili dei cacciatorpedinieri americani che intanto distruggevano gli aerei siriani. Per fortuna a salvare la situazione c’erano le belle gambe di mamma Ivanka.

 

Un padre, quindi, occorre per Kim, che non sopporta i fratelli e fa sparire la moglie ogni tanto e ogni tanto appare qualche zio che si credeva dato in pasto ai cani. Certo che uno stravagante orientale s’invaghisca di un padre occidentale ma anche accidentale, può ingenerare situazioni per lo meno bizzarre e un po’ catastrofiche. Dal canto suo, pur di non sentire una seconda volta il canto della fantastica Arabella, il presidente cinese Xi Jinping pare deciso a non ostacolare la frittata che Trump leccandosi la lingua vuol fare del Bomba. Forse, dopo un secondo dalla sua scomparsa nei cieli, i suoi fedeli non si ricorderebbero più di lui, chini sulle sue spoglie a ridere e a infilargli le forchette qua e là, come avvenne per Gheddafi. Vai a capire. La sorte di Kim è segnata. A Trump piacciono gli amiconi quando un po’ sbronzi chiacchierano guardando il mare, ma quel tipo non gli va, è troppo fuori dalla sua visione. Troppo altrove, direi, la Bomba atomica è lui, in lui, Kim vuole deflagrare per disperdersi in un luogo che non conosce, in un misterioso affascinante aldilà. La favolosa Torre Juche o dell’Ideologia, solca la notte indicando un destino, un vero destino, altroché. La ricerca della sovrana misteriosa Morte, di questo si tratta, tramite un missile spaziale, un suppostone nucleare che sicuramente va incontro a certi traumi di Kim, a desideri infantili maturati chissà dove, forse nella Svizzera dove si formò, chissà, col cioccolato.

 

Penso proprio che Trump lo esaudirà. Ha troppa voglia di vedere che effetto fa e cosa produce un dittatore nello spazio con una supposta nel sedere, fiaba assai più consona ai tempi, i bambini oggidì sono molto più avidi e il grande Cyrano sulla luna poco se lo ricordano. Della morte per sparizione di Kim Jong-un l’Onu farà finta di niente, la storia della sua dipartita imbarazzerà assai e tutti preferiranno glissare. Nessuno dirà niente, nemmeno Obama, che in tanti anni di potere poteva pure fare piazza pulita di un tizio tutto teso a cancellare dalla faccia della Terra la Corea del sud, mezzo Giappone, un bel pezzo di America e, dulcis in fundo, dulcissimus (Hitler docet), i suoi sudditi. Prima mandiamolo in quella terra dai cui confini più non torna alcuno, poi, su delicato suggerimento di Vanessa Redgrave, diciamo pure che Kim Jong-un è la maschera più scespiriana dei nostri tempi.

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