Difendere la competitività del gas italiano

Rivista Energia

Autorità di regolazione estere possono agire in maniera discriminatoria per favorire i loro consumatori a nostro discapito. Hannelore Rocchio spiega come e perché è importante agire come Sistema Italia per impedirlo

La realizzazione di un mercato unico europeo è esposta al rischio di comportamenti opportunistici dei singoli Stati membri. Questo è vero anche nel mercato gas. La competitività del gas è spesso condizionata da decisioni delle Autorità estere che possono agire in maniera discriminatoria per favorire i loro consumatori a discapito degli altri Paesi. Questo è evidente con riferimento ai corrispettivi di trasporto che oggi penalizzano la competitività del gas italiano. È importante agire come Sistema-Italia – sia a livello europeo che nel confronto con le Autorità di Paesi (anche indirettamente) confinanti – per rimuovere queste distorsioni.

    

Il prezzo del gas al PSV (hub italiano del gas) è oggi strutturalmente agganciato a quello del TTF (hub olandese), con un differenziale di mercato (spread) che riflette, in situazione di normalità, la catena dei costi di trasporto per importare in Italia gas dagli hub liquidi europei. Anche per il mercato del gas abbiamo quindi uno spread, con connesso problema di competitività.

 


Anche per il mercato del gas abbiamo uno spread legato ai costi di trasporto, con connesso problema di competitività


 

Il punto critico è che lo spread rappresenta oggi circa il 10% del prezzo gas all’ingrosso ed è solo in minima parte riconducibile a decisioni della nostra Autorità di regolazione. Questo perché le tariffe di trasporto ai punti di interconnessione tra i diversi paesi (i cosiddetti Inteconnection Points - IP) sono fissate dalle Autorità nazionali per le tratte di rispettiva competenza.

 

Ne discende che la competitività del gas italiano è condizionata da decisioni delle Autorità estere. In particolare, l’Italia, paese a valle nella catena logistica di approvvigionamento, è tra i sistemi europei quello più penalizzato dal cosiddetto “effetto pancaking”: stratificazione di costi che gli operatori devono pagare lungo la rotta per importare il gas dal Nord Europa nel nostro Paese.

 

Il tema è all’attenzione anche della Commissione europea che riconosce la necessità di intervenire ma anche la difficoltà di disegnare un nuovo modello di determinazione dei corrispettivi trasporto.

 


L’Italia è tra i sistemi europei quello più penalizzato dal cosiddetto “effetto pancaking”


 

Nella consapevolezza che una riforma complessiva non può essere immediata, è importante agire come Sistema-Italia su due fronti:


1) promuovendo a livello europeo un nuovo modello di determinazione dei corrispettivi di trasporto;
2) agendo affinché sia garantita dalle Autorità estere una corretta determinazione delle tariffe.

     

Con riferimento al primo punto, una possibile riforma dovrebbe superare l’attuale obiettivo della cost reflectivity (per cui il corrispettivo di ciascun punto deve riflettere i costi di rete associati), promuovendo, invece, l’uso efficiente delle infrastrutture (per approfondire si rimanda agli articoli pubblicati su Energia 2.17 e 3.16). In questa logica, i punti della rete potrebbero essere distinti in tre categorie:

- Entry da mercati extra-europei, cui si dovrebbero applicare corrispettivi che riflettano i costi delle rispettive direttrici, preservando l’attrattività del mercato europeo;

- Interconnection Points (entry/exit tra mercati liquidi europei): la definizione dei corrispettivi dovrebbe essere rimessa al mercato, attraverso aste con reserve price pari ai soli costi variabili;

- Exit domestici: i costi che devono essere riconosciuti ai trasportatori, non recuperati dall’allocazione delle capacità di cui sopra, dovrebbero essere recuperati sul consumo finale, attraverso corrispettivi tariffari determinati sulla base della elasticità della domanda per ciascuna categoria di consumo.

    

Un modello tariffario così costruito, oltre a garantire l’uso efficiente delle infrastrutture, determinerebbe una strutturale convergenza dei prezzi tra i diversi hub europei, salvo situazioni di congestione.

 


Oltre a garantire l’uso efficiente delle infrastrutture, un modello tariffario così costruito determinerebbe una strutturale convergenza dei prezzi tra i diversi hub europei


  

Nelle more di una più ampia riforma, è possibile operare per ridurre i costi di trasporto sulle rotte dal TTF (Olanda) e dal PEG (Francia), monitorando che altri Paesi non definiscano tariffe ingiustificatamente elevate per trasferire ai Paesi confinanti costi che dovrebbero gravare sui loro consumatori domestici.

 

Merita infatti evidenziare che, aumentando ingiustificatamente le tariffe verso altri Paesi, le Autorità nazionali:

- riducono i costi per i loro consumatori domestici, scaricando impropriamente costi sulle capacità di exit IP prenotate e/o utilizzate;

- aumentano il vantaggio competitivo del loro gas, nella misura in cui le aumentate tariffe determinano un incremento dello spread con i paesi a valle;

- aumentano la sicurezza del loro sistema gas, creando una barriera economica all’uscita del gas verso altri Paesi.

     

Il rischio che le Autorità nazionali siano “incentivate” a determinare tariffe “discriminatorie” è concreto se si guarda, ad esempio, alla tariffa per il punto di interconnessione di Oltingue, al confine tra Francia e Svizzera, tratta sempre più rilevante per il bilanciamento del sistema italiano, data la parziale disponibilità del gasdotto tedesco TENP. Ebbene, la tariffa di Oltingue nel 2019 pesa da sola circa il 40% di tutto il costo della tratta PEG – PSV ed è 4 volte quella delle exit verso i consumatori domestici.

   

    

Questo è possibile grazie a dei veri e propri “trucchi” presenti nel calcolo delle tariffe. Il regolatore francese (CRE): i) nel recuperare i costi di trasporto, ne alloca ben il 65% ai punti di uscita; ii) e nel fissare le tariffe ai diversi punti di uscita, penalizza le exit IP rispetto a quelle domestiche, applicando lo stesso “costo chilometro” ma a distanze ricostruite secondo criteri discriminatori: viene presa per i punti domestici la distanza dal più vicino punto di entry; mentre per l’exit di Oltingue, come per quella di Pirineos verso la Spagna, è considerata la distanza dal più lontano punto di Dunkerque.

    


Il rischio che Autorità nazionali siano “incentivate” a determinare tariffe “discriminatorie” è concreto: il regolatore francese recupera i costi di trasporto, penalizzando le exit verso altri Paesi rispetto a quelle domestiche


     

Nei prossimi mesi vi è la possibilità di rimuovere questa distorsione. La CRE dovrà infatti definire i criteri tariffari del prossimo periodo regolatorio sulla base del nuovo ‘Codice di Rete Tariffe’ che prevede che la distanza per i punti di exit sia calcolata come media delle distanze da tutti i punti di entry nel sistema. Con tale metodologia, la distanza associata a Oltingue dovrà risultare quindi sicuramente inferiore, mentre è ragionevole aspettarsi che quella associata alle exit domestiche aumenti con riallineamento delle tariffe di exit cross-border e domestiche.

    

L'articolo è di Hannelore Rocchio, Executive Vice President del Regulatory Affairs and Strategy Support di Eni.
Le opinioni espresse non vanno ascritte all’azienda nella quale lavora.
L’Autrice ringrazia la dott.ssa Ilaria Palombini per il supporto nell’analisi.

L'articolo è stato pubblicato originariamente su www.rivistaenergia.it.

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