La foto di Ursula e Greta è fuori fuoco: la priorità dell'Europa non è il Green Deal
Se la Commissione pensa che una photo opportunity con la paladina dell'ambientalismo basti ad avvicinare alla questione climatica l'opinione pubblica, molto più preoccupata per il covid-19, sbaglia di grosso. L'analisi di di Alberto Clò e Chicco Testa
Alberto Clò è direttore della rivista Energia
Chicco Testa è presidente di Fise Assoambiente
Incurante delle preoccupazioni dell’opinione pubblica – rivolte all’emergenza sanitaria, economica e sociale causata dal Coronavirus – la Commissione von der Leyen procede decisa sulla via dello European Green Deal. E lo fa facendosi ritrarre sorridente al fianco di Greta Thunberg. Ritenere che queste scene avvicinino l’opinione pubblica alla questione climatica rischia di essere un grossolano errore.
Incurante di tutto, del diffondersi dell’epidemia sanitaria, dell’affondare dell’economia, degli aerei a terra, degli alberghi vuoti, delle scuole chiuse, la Commissione a testa alta, pervicace, determinata procede senza tentennamenti sulla via della carbon neutrality. Nel lunghissimo termine, nel 2050. Convinta evidentemente, diversamente da Keynes, che vi sia modo di arrivarci tutti vivi. In un clima quasi festoso, dopo la conferenza stampa in cui il Commissario all’economia Paolo Gentiloni, cupo in volto, affermava in modo invero poco consolatorio che “la sola certezza che abbiamo è che avremo un impatto economico”, la Commissione ha presentato la sua proposta di ‘legge sul clima’ a un Parlamento mezzo vuoto.
La sola certezza che abbiamo è che avremo un impatto economico – Paolo Gentiloni, Commissario europeo all’economia
L’ha presentata per non disattendere la roadmap climatica di ben 41 adempimenti diffusa il 4 marzo. The European Green Deal: Delivering Step by Step, a cui tutti gli uffici di Bruxelles stanno alacremente lavorando. Quasi non ci fosse null’altro cui pensare. Quasi che la priorità delle priorità sia ancora quella di ridurre le emissioni che rischiano di essere ridotte dall’epidemia con la recessione alle porte. Quasi che i soldi non dovessero essere destinati prima di tutto ad arginare la crisi economica, a sostenere le imprese che rischiano di fallire o i redditi dei lavoratori che rischiano il licenziamento. Quasi che questi siano tempi in cui governi possano ridisegnare un cambiamento radicale del nostro ‘modello di sviluppo’ che bisognerebbe semmai far sopravvivere.
C’è chi si felicita per l’impatto benefico che l’emergenza Coronavirus produrrà sulle emissioni di CO2
Fa specie e sinceramente un po’ rabbia vedere la foto nella sede UE a Bruxelles del Presidente della Commissione Ursula von der Leyen che inopportunamente sorride compiaciuta forse della presenza accanto a lei di Greta Thunberg che, incurante e ignorando quel che va accadendo in Europa, arriva a criticare col solito sguardo arcigno la proposta della Commissione perché, a suo dire, “servono interventi da subito o è una resa”. Quali siano questi interventi non l’ha detto, non essendo mai entrata, al di là degli slogan, nel merito delle cose da fare. Ma è stato sufficiente lo dicesse perché commentatori, media, politici acconsentissero ammutoliti e un po’ impauriti.
Se si ritiene che queste scene avvicinino l’opinione pubblica alla questione climatica penso si sia grossolanamente in errore. Perché la gente è afflitta da ben altre angosce che non quella climatica. Provino i nostri governi in momenti come questi a proporre un aumento drastico dei prezzi per la necessità di introdurre una carbon tax e vediamo quale reazione avranno, o sostenere, come qualche sprovveduto ha detto, che non tutto il male vien per nuocere, considerando il calo delle emissioni di CO2 che la chiusura delle fabbriche non solo in Cina comporterà. Thomas Carlyle definì l’economia come ‘scienza triste’ affermazione oggi più che mai vera se le sue ricette verranno propagandate in modo incurante delle ore drammatiche in cui la gente vive.
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