Lo stato dell'opposizione
La minoranza non riesce ancora a cogliere le contraddizioni del governo e delle forze che lo appoggiano
Professor Sabino Cassese, quale è lo stato dell’opposizione di sinistra?
M’invita a intonare la celebre aria di Georg Friedrich Händel, “lascia ch’io pianga una cruda sorte”? Che fine hanno fatto le tre grandi tradizioni del nostro paese, quella liberale, quella popolare, quella socialista? Quale cruda sorte è quella di una democrazia senza opposizione, priva della dialettica maggioranza-minoranza (nel Parlamento, ma specialmente nel paese)?
Io attendo una diagnosi.
Eccola. Si sommano due problemi. Uno generale, relativo a tutti i partiti riformatori, uno particolare, tutto italiano. Il primo: i movimenti riformatori hanno realizzato i loro obiettivi. Questi furono fissati nel 1942 nel “piano Beveridge”. Miravano a liberare gli uomini dal bisogno. Hanno contribuito a dare salute, istruzione, lavoro, protezione sociale a masse enormi di persone. Sono obiettivi raggiunti con molte imperfezioni, ma soddisfatti.
Quindi, la “ragione sociale” dei movimenti riformatori (popolari, socialdemocratici, democratici) è stata realizzata. Ora siamo alle rifiniture. Per far rivivere le forze politiche di carattere generalmente socialdemocratico, occorrerebbero classi dirigenti che interpretassero i bisogni sociali, costruissero nuovi obiettivi, proponessero un disegno, delle idealità, una piattaforma, un pacchetto. Invece, le élite democratiche e riformiste sembrano distaccate dalle società civili, incapaci di riflessioni generali, afone. Non dicono nulla al paese e in Parlamento. Navigano a vista.
Passiamo all’Italia. Si stanno facendo avanti leader pronti a concorrere a future primarie.
Uno dei quali ha dichiarato: siamo stati troppo con gli imprenditori, dobbiamo stare di più con gli operai. L’altro: abbiamo dato troppo ascolto alle aristocrazie, dobbiamo stare più dalla parte dei lavoratori. Siamo all’elementarismo politico. Marx, Engels, Sturzo, Beveridge, avevano studiato la società, ne hanno interpretato bisogni, tensioni, inclinazioni. Questi cosiddetti riformatori odierni sembrano senza una bussola. Spariti i partiti, sono incapaci di costruire nuove reti, nuovi educatori collettivi.
In più, in Italia, coltivano il proprio tenero amore per le scissioni, mentre le forze di governo danno prova di capacità aggregativa (basti pensare alla convergenza dell’elettorato Msi e An verso la Lega). Quanto potrebbero fare i riformatori se solo ritrovassero una capacità aggregativa…
Ad esempio?
Hanno tanti terminali ben piantati nella società (sul territorio, come si dice), gli amministratori locali. Ma li riuniscono, li ascoltano, “fanno rete”? Come vanno divisi, direi sparpagliati, al centro, vanno disuniti in periferia. Persino i cavalli di battaglia di ieri sembrano dimenticati.
Quali?
I riformatori hanno sempre contato sulla scuola. Quale progetto hanno ora per il sistema scolastico (ce ne sarebbe tanto bisogno)? Hanno predicato per decenni la riforma delle istituzioni, per renderle più inclusive, più efficienti. Hanno ora abbandonato le proposte di riforma costituzionale, che ritenevano urgenti?
Ma dove vedrebbe una dialettica maggioranza-opposizione? Su quali temi?
Non mi metto a fare la “mosca cocchiera”. Noto che vi sono motivi di continuità tra il triennio renziano e la fase nuova che si apre. Stesso accentuato atteggiamento critico nei confronti del passato (ricorda la rottamazione?); comuni motivi anti sistema e anti politica (auto blu, vitalizi). C’è poi incapacità propositiva, ma anche incapacità di “inseguire” l’attuale maggioranza: dopo tanto populismo sbandierato dal M5s, il popolo non è stato consultato su nessuna delle decisioni prese finora dalla maggioranza di governo; dopo tanto insistere della Lega sulla sicurezza, chi ha visto più polizia nelle strade, meno scorte, meno furti?
L’attuale maggioranza di governo, nonostante tante dichiarazioni di cambiamento e tanto novitismo sbandierato, governa nello stesso modo di sempre (formazione delle politiche in circoli ristretti, scarsa trasparenza, nessuna consultazione). Ma l’opposizione non rileva queste contraddizioni, non riesce a “prendere in castagna” il governo e le forze che l’appoggiano.