Foto creative commons di Mirko Luigi Fioreschi

La versione di Cassese

Processo alla burocrazia

Assunzioni poco selettive, conflitti di responsabilità, gestione interna farraginosa. E un ministero dormiente. Parla Cassese

Il presidente del Consiglio ha dichiarato il 9 giugno scorso che “c’è un pezzo di Stato che rema contro le riforme e contro il governo”. Il luglio successivo, il presidente della Regione siciliana ha affermato che l’80 per cento dei dirigenti della regione “si gratta la pancia”. Tutti proclamano la necessità di sburocratizzare.

 

Parliamo una buona volta della burocrazia, nel senso dei dipendenti pubblici. Infatti, con quel termine nel linguaggio corrente si indicano tutti i mali dello Stato, anche quelli che non dipendono dalla burocrazia. Sappiamo che vi sono circa 13 mila unità istituzionali e circa 3 milioni e mezzo di addetti, di cui quasi il 57 per cento donne, il 95 per cento dipendenti, di cui 86 per cento a tempo indeterminato. Una larga parte è costituita da addetti che non sono in senso stretto burocrati: ad esempio, quasi mezzo milione di addetti delle forze armate, sicurezza, capitanerie di porto. Più il personale sanitario e quello insegnante.

    

Questi addetti sono andati diminuendo negli ultimi anni, specialmente nelle amministrazioni locali. Quota 100, voluta dalla Lega, ha contribuito fortemente a depauperare gli uffici pubblici e oggi la percentuale dei dipendenti pubblici rispetto alla popolazione è inferiore al nord, dove ce n’è più bisogno, rispetto al sud. Purtroppo, questi dati non tengono conto delle organizzazioni satelliti, che tutti gli uffici pubblici hanno, perché hanno esternalizzato sempre più compiti.

 

Tutto questo parla della quantità, non della qualità.

Secondo l’opinione diffusa, l’Italia è dietro agli altri paesi non solo per la quantità, ma anche per la qualità dei dipendenti pubblici. Modalità di reclutamento non selettive, carriere che non premiano istruzione e competenza, automatismi non incentivanti, incapacità di attrarre i migliori e di premiare il merito (questo risulta da una recente indagine della Banca d’Italia). Bassa digitalizzazione. Diffusione scarsa delle nuove tecnologie o loro utilizzazione solo parziale. Ampia diffusione di attività formative, ma loro scarsa focalizzazione sui compiti specifici per assenza di piani formativi e di insegnanti idonei, con la conseguenza che la formazione segue i moduli tradizionali (questo risulta dalle indagini Istat).

 

La situazione non è migliorata dalle leggi sulla dirigenza, che deve prendersi le responsabilità. Di qui la “burocrazia difensiva”.

Non si possono dare tutti i torti alla dirigenza. Prima il potere politico si è scaricato delle decisioni, con le norme del 1992-1993 sulla separazione tra gestione e indirizzo/controllo. Poi è stato introdotto il nefasto “spoils system”. Quindi, il ministro non si prende le responsabilità, che ricadono sui vertici e sui quadri intermedi burocratici, che sono nel mirino di Corte dei conti e delle procure, che si muovono con procedure lunghissime. In più – come ho osservato altra volta – le leggi sono sempre più dettagliate e prescrivono minuziosamente quel che si deve fare. Da qui ritardi, come quelli nei pagamenti.

 

Così la burocrazia è completamente assolta.

No, perché gli addetti alle pubbliche amministrazioni, specialmente la burocrazia in senso stretto, centrale e periferica, si prende la rivincita nella gestione interna, quel mondo arcano nel quale pochi si orientano, oppure nella gestione dei tempi. La parola dirigente viene sostituita con posizione organizzativa di elevata responsabilità, ed ecco superato l’obbligo del concorso per l’accesso. L’assunzione degli idonei viene sostituita con l’espressione scorrimento delle graduatorie, ed ecco consentito di assumere anche coloro che non hanno vinto il concorso. Qualcuno ha maliziosamente osservato che durante il periodo dello “smart working” (che non è finito) sono diminuiti bruscamente i certificati medici per malattie.

     

Il ministero per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione non dovrebbe avere sensori sufficienti negli uffici pubblici e rilevare e correggere queste disfunzioni?

Il ministero è dormiente. Si sveglia per annunciare la prosecuzione di “smart working” o iperboliche assunzioni. Tutti lamentano che la burocrazia non funziona, eccetto la ministra incaricata della materia, per cui tutto va bene.

 

La situazione è senza speranze?

Tutt’altro. Basterebbe che nel governo ci si mettesse d’accordo, quella parte dei ministri che lamentano quotidianamente di avere sabotatori invece di collaboratori, e quella parte dei ministri che dovrebbero porre rimedio alla situazione.

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