Foto Ap, via LaPresse

LA SITUA - DIBATTITI UNIVERSITARI

Che America sarà quella di Trump e Musk?

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di scrivere cosa pensano dell'arrivo di Trump alla guida della democrazia più importante del mondo, gli Stati Uniti, e cosa pensano di Musk: un genio o un pericolo? 

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di scrivere cosa pensano dell'arrivo di Trump alla guida della democrazia più importante del mondo, gli Stati Uniti, e cosa pensano di Musk: un genio o un pericolo? 

Se siete studenti universitari potete scrivere, in 2.000 battute, a [email protected]. Le miglio risposte verranno pubblicate qui e sul sito del Foglio

     


  

Mi rimbomba nella testa il cattivo e aggressivo grido “USA” urlato dagli americani adoranti davanti al loro quarantasettesimo presidente e che tutti i miei podcast preferiti hanno mandato in loop nelle ultime ore. Ma forse non è né cattivo e né aggressivo, forse è solo esultante, davanti ad una delle vittorie piú inaspettate e schiaccianti degli ultimi anni. Però mi turba, e lo ascolto con la faccia corrucciata, le mani strette a pugno, come se queste elezioni fossero state le mie, come se quel voto l’avessi scritto io, come se quel Paese fosse il mio. Di cosa ho paura? Dalla scrivania della mia stanza mi sento solo un po’ confusa e irritata, e invece di scrivere la mia tesi magistrale, la cui scadenza pesa sulla mia testa, mi ritrovo a digitare 2000 parole sul perché la seconda ascesa di Donald Trump mi angoscia, come quando a 10 anni buttavo giù i miei pensierini su un quadernino sgualcito. Forse ho paura per la Guerra in Medio Oriente, o forse ho paura per quella in Ucraina. Ho paura delle tensioni che si creeranno tra Stati Uniti d’America e Europa? Ma no, forse è la relazione con la Cina che mi disturba. Però anche il diritto all aborto è messo in pericolo e minato, ma non è il mio diritto e allora, cosa mi preoccupa? Penso quindi che siano le sue opinioni controverse sui cambiamenti climatici che mi infastidiscono, a pochi giorni dal disastro spagnolo. Ma in realtà è qualcos altro. É una percentuale. Sono i miei coetanei che l’hanno votato che mi preoccupano. Perché The Donald, alla fine, è uno solo e non è un oligarca. Perché la campagna elettorale è diversa dalla politica che si esercita durante il mandato. Ma quei milioni di giovani, che hanno passato gli stessi miei anni su questa Terra, sono tanti e me li vedo schierati davanti. E tra di loro magari c’è anche uno dei prossimi presidenti degli Stati Uniti. E le loro preoccupazioni, non sono le mie. Le loro idee, non sono le mie. Le loro priorità, non sono le mie. Eppure, il mondo su cui troviamo, il cui futuro è sempre più incerto e imprevedibile, è anche il mio. E come sappiamo bene tutti, anche se è una delle cose che ci spaventa di più, nessun posto è veramente lontano da casa nostra.

Alice Tomasi
studentessa magistrale di venticinque anni, studia Scienze Agrarie a Bologna
 
Nonostante il tweet della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, esprima le più sincere congratulazioni per il secondo mandato presidenziale di Donald Trump, celebrando il rafforzamento di una “alleanza incrollabile e storica amicizia” tra Italia e USA, non si respira lo stesso clima di ottimismo tra i partiti di opposizione. Se la destra ricorda il sei novembre come un “giorno storico”, l’elezione del quarantasettesimo presidente sembra invece annunciare per la sinistra l’incipit di una “brutta notizia per l’Europa e per l’Italia” come ricorda la segretaria del PD Elly Schlein, alla luce di un programma elettorale penalizzante anche per il nostro paese. Con il motto “American first”, Trump si è sempre dichiarato apertamente a favore dell’attuazione di una politica commerciale protezionistica, volta a incoraggiare la produzione e l’occupazione interna agli Stati Uniti applicando dazi del 10/20% sulle merci importate, al fine di raggiungere l’autosufficienza economica.Questo atteggiamento andrà a discapito di tutti i prodotti del Made in Italy importati e delle imprese italiane che svolgono la maggior parte del loro commercio in quella zona. Secondo l’ISTAT gli USA rappresentano il partner commerciale più importante per il nostro paese con circa cinquanta miliardi di euro di esportazioni, al quale l’Italia difficilmente sarebbe disposta a rinunciare. Ma nemmeno un’alleanza troppo stretta con la politica economica di Tramp potrebbe giocare a favore, siccome l’Unione Europea svaluterebbe il ruolo dell’Italia nel panorama economico-commerciale, isolandola.
La crescente rivalità politica tra USA, Russia e Cina contribuisce a esasperare un contesto geopolitico già dilaniato da guerre che rendono l’Europa particolarmente instabile in tema di sicurezza e alleanze, se non fosse per la protezione attraverso mezzi politici e militari garantita dalla NATO. Ma l’attitudine del neoeletto presidente nei confronti degli alleati si traduce con critiche al cosiddetto “burden sharing”, il peso relativo alla distribuzione dei costi e rischi tra gli alleati nel perseguimento degli obiettivi comuni, che sembra gravare eccessivamente sugli Stati Uniti, tanto da minacciare un disimpegno di questi dalla NATO se l’Italia e tutti gli altri stati membri non decidano di investire di più sulla difesa. 
L’elezione del Tycoon non sembra promettere niente di vantaggioso per le politiche europee né per quelle italiane, traghettando le relazioni internazionali tra le cosiddette “nazioni sorelle” in un mare di incertezza.

Matilde Savelli
triennale in Scienze Umanistiche per la comunicazione
 
Al termine di una notte elettorale che ha sancito la disfatta dei democratici americani, sbugiardano sondaggisti d’ogni provenienza, Donald Trump è stato eletto 47esimo presidente degli Stati Uniti. In Italia, il primo ad accogliere con entusiasmo la notizia è stato il ministro Salvini, che per l’occasione ha inscenato il migliore dei suoi cosplay: camicia bianca e cravatta rossa in omaggio al tycoon. Sebbene The Donald non abbia mai mostrato grande stima per le trovate di Salvini, la sua rielezione rimette in partita alcuni dei temi più cari alla destra nostrana: un film già visto nel mandato precedente, dove “America first” diventa “prima gli italiani” e la lotta all’immigrazione sul confine messicano viene rivisitata in salsa italiana, in un assiduo berciare di ong e porti chiusi.
Per ineleganti che siano, possiamo pensare di accettare le felpe d’ispirazione trumpiana del ministro delle infrastrutture, e persino qualche trovata colorita. Quello che però sembra sfuggire agli entusiasti della prima ora, è che Trump ha vinto perché i cosiddetti swinging states, gli indecisi, come Florida e Georgia, che Biden aveva convinto quattro anni fa, questa volta hanno creduto a una promessa precisa. Gli americani non hanno votato Trump, come sembra credere Salvini, per sconfiggere il politicamente corretto e l’immigrazione clandestina, ma per l’unica cosa che davvero li muove: l’economia.
In particolare, il tycoon ha promesso un’economia protezionistica, una deregulation di tatcheriana memoria, di cui già aveva dato prova nel corso del suo primo mandato alla casa bianca.
Dunque, se Trump riuscirà a tener fede alle promesse fatte al suo elettorato, per l’Italia saranno dolori. Da 45esimo presidente aveva imposto dazi alla merce d’importazione per 380 miliardi, oggi promette di alzare i tassi.
Considerando che l’export vale il 30% del nostro Pil, prepariamoci a pagare la nostra parte, e speriamo che la stima di Salvini per Trump ci valga almeno qualche cappellino di consolazione.

Gaia Zanaboni 
triennale in Scienze Umanistiche per la comunicazione alla Statale di Milano
 
Musk è senza dubbio una figura straordinaria: un imprenditore visionario capace di rivoluzionare settori come i trasporti, l’energia e lo spazio con aziende come Tesla e SpaceX. Le sue idee ambiziose, come l’esplorazione di Marte e la trasformazione dell’industria automobilistica, lo rendono un simbolo di innovazione e di progresso tecnologico. Tuttavia a parer mio, la sua influenza e il suo potere sollevano diversi interrogativi. Alcune delle sue dichiarazioni pubbliche (tra cui l’ultima sui giudici di Roma per la questione immigrati), i suoi comportamenti sui social media e le sue scelte aziendali sono stati fonte di critiche per la loro imprevedibilità e per l’impatto potenzialmente destabilizzante che potrebbero avere, sia a livello economico che sociale. Inoltre, la sua recente acquisizione di Twitter(ora X)e il suo coinvolgimento in dibattiti politici, come il supporto a Trump, pongono domande su quanto sia giusto che una sola persona possa avere un’influenza così vasta. Solo il futuro ci dirà come Elon Musk potrà influenzare le nostre scelte di vita, anche se in parte lo sta già facendo.

Leonardo Torossi
Scienze Politiche sociali e internazionali alla UNIBO

    


     

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di rispondere a due domande: rischi corre l'Italia con Trump, cosa c'è di geniale e cosa di spaventoso nel modello Musk.

     

I rischi che corre l’Italia con il ritorno di Trump alla Casa Bianca si sviluppano su due livelli: uno nazionale ed uno internazionale. Dal punto di vista nazionale non vedo dei rischi seri per il nostro Paese. Il prevedibile teatrino tra la Meloni e Salvini su chi vuole più bene a Trump non porterà a crisi all’interno del Governo, mentre i dazi che il Tycoon ha annunciato nei confronti dell’Europa, non piaceranno certo alle aziende Italiane dipendenti dall’Export verso gli States, ma sono manovre che al primo governo Democratico verranno invertite e a cui nel frattempo, ci si può mettere una pezza. Dal punto di vista internazionale è lì che vedo i rischi per l’Italia; questi sono legati all’evoluzione dei due conflitti: Ucraina e Palestina. Per quanto riguarda la Palestina, Trump permetterà ad Israele di “finire il lavoro” e ciò significa l’allargamento del conflitto e la fine per i Palestinesi di ottenere uno Stato sovrano. Se l’Italia gira la testa (come ha fatto finora) e non si oppone al governo Netanyahu, il rischio è di avere un’ulteriore grave perdita di credibilità, dimostrando ancora una volta che ci accodiamo alle decisioni degli States e che nonostante pretendiamo di essere un paese fondatore e protettore del diritto internazionale, non lo siamo. Per quanto riguarda l’Ucraina le ramificazioni sono più complesse. Non è detto che Trump fermi gli aiuti militari, basterebbe convincerlo da quanto Biden è stato danneggiato dal ritiro dall’Afghanistan (orchestrato dal Tycoon stesso!). Ma se accadesse l’Italia sarà difronte ad un dilemma: continuare a sostenere l’Ucraina insieme all’Europa, accettandone il peso economico che questo comporta ma guadagnandoci in termini di credibilità internazionale, oppure, come in Palestina, accodandoci agli USA e fingendo di essere stati fondamentali in un’eventuale cessate il fuoco (non ci crederà nessuno) e rischiando però un futuro e diretto conflitto tra Europa e Russia quando quest’ultima, inevitabilmente, ci riproverà in Ucraina per prendersene il resto.

Giuliano Velotto Romano
università Federico II, Napoli

      

Elon Musk è spesso acclamato come un innovatore capace di ridefinire interi settori industriali grazie a Tesla, SpaceX e altre iniziative visionarie. Tuttavia, le sue ambizioni, unite alla sua crescente influenza politica, sollevano interrogativi sul rischio di un pericoloso accentramento di potere tecnologico, economico e istituzionale. Con Tesla, Musk ha trasformato il settore automobilistico, ma ciò che spaventa è che il predominio acquisito in alcuni mercati pone questioni sulla competitività e sull'accessibilità. SpaceX, con il suo ruolo dominante nell'industria spaziale, rafforza ulteriormente questa concentrazione di potere, rendendo Musk un attore centrale in ambiti che dovrebbero essere beni comuni globali. Il progetto Starlink, pur migliorando la connettività globale, rischia di consolidare il controllo delle infrastrutture comunicative nelle mani di un'unica entità privata. Musk è noto anche per il suo comportamento imprevedibile, con dichiarazioni pubbliche che influenzano i mercati finanziari, come dimostrano gli effetti destabilizzanti delle sue posizioni su Bitcoin e Dogecoin o come abbiamo potuto recentemente osservare circa il commento riguardo il sistema democratico italiano. La sua capacità di manipolare mercati e opinioni attraverso i social media mette in luce i rischi legati a un uso irresponsabile della sua vasta piattaforma mediatica. I suoi progetti più avveniristici, come Neuralink, che esplora l’interazione tra cervello umano e intelligenza artificiale, pongono interrogativi etici e pratici: in un contesto dove tali tecnologie possono alterare le dinamiche sociali ed economiche, il potenziale distopico di un controllo centralizzato diventa allarmante, specie considerando l’avversione di Musk verso normative che ne limiterebbero l’azione. La recente nomina di Musk a Segretario per l’efficienza del nuovo governo Trump rappresenta un ulteriore sviluppo inquietante. Sebbene non sia nuovo all’influenza politica, questa posizione gli conferisce un ruolo istituzionale formale, ampliando la sua capacità di modellare politiche pubbliche in settori chiave come tecnologia, energia e difesa. Si potrebbe dunque affermare che “la mansione esclude la categoria” in quanto questa combinazione di potere tecnologico e politico lo rende una figura con un'influenza senza precedenti, potenzialmente in grado di ridefinire le dinamiche democratiche e internazionali. Elon Musk, quindi, non solo incarna le possibilità offerte dall’innovazione tecnologica, ma evidenzia anche i pericoli derivanti dall’accentramento di potere, stimolando infatti un dibattito necessario sul confine tra progresso e controllo, ricordando che le tecnologie, se non regolate, possono divenire strumenti di instabilità piuttosto che di crescita

Gaia Piccinini
studentessa magistrale di relazioni internazionali all'università di Pisa