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La Situa - dibattiti universitari

Quello che va fatto con il Terzo polo. Disperare o riprovare?

Renzi e Calenda hanno litigato e del un polo centrista si sono perse le tracce. C'è ancora spazio? Che direzione prendere? Che speranze avere? Ci scrivono gli universitari

Abbiamo chiesto agli studenti universitari, questa settimana, di intervenire sul tema del terzo polo: che fare? Disperare o riprovare? E che direzione prendere? Che speranze avere?

Se siete studenti universitari potete scrivere, in 2.000 battute, a [email protected]. Le miglio risposte verranno pubblicate qui e sulla newsletter del direttore "La Situa". Se non siete ancora iscritti potete farlo qui: è semplice, è gratis.

     


   

Il terzo polo deve risorgere: l’Italia ne ha bisogno e i liberali necessitano di un punto di riferimento politico concreto. Se nel terzo polo prevarranno i personalismi questo non accadrà. Il centro è morto la prima volta a causa di Renzi e Calenda e, da liberale, questo non lo perdonerò mai. Se veramente il centro vuole diventare decisivo nella politica italiana deve presentare volti nuovi, persone capaci e competenti, che credono nelle loro idee. Per fare questo, bisogna dar voce alla base dei partiti liberali, grazie alla quale sono state raggiunte le risicate vittorie del terzo polo a livello politico. Renzi è un camaleonte politico: oggi tenta di insinuarsi nel campo largo, dopo aver fatto cadere il Conte II (giustamente) e criticato il Movimento 5 Stelle (giustamente) fino a ieri. La coerenza evidentemente non è ben accetta in Italia Viva. Calenda è stato sicuramente più coerente, ma ha preferito favorire, alla fine del governo Draghi, ex-forzisti (Gelmini, Carfagna, Versace) entrati nel partito da un paio di giorni, piuttosto che far crescere e dare voce ai militanti “storici”. Forse Azione avrebbe preso meno voti, ma avrebbe aperto una fase di creazione di un nuova classe dirigente. Ecco, il terzo polo può rinascere solo se guidato da chi ha sempre sostenuto la base in tutti questi anni: Giulia Pastorella, candidata alla segreteria di Azione. Donna competente, preparata, che può unire tutti i movimenti e le forza liberali di questo paese. Volto nuovo e giovanile, può conquistare quelle persone lontane dalla politica e coloro che prioristicamente non ascoltano ragioni e idee del terzo polo perché invise alla figura di Calenda o Renzi. Convinta che la forza di un partito si misuri da chi lo sostiene ogni giorno a livello locale e sicura delle sue idee, può rivoluzionare le sorti del centro e ridare voce ai tanti che ora non si riconoscono in nessuna delle due grandi coalizioni italiane. Questa è la grande speranza del mondo liberale in Italia e sono convinto che il futuro del terzo polo dipenderà da chi sarà eletto segretario di Azione, unico partito liberale che potrà accogliere, tramite un processo federativo, i movimenti centristi. Italia Viva ormai ha scelto la strada del populismo, ma i renziani che credono veramente nel terzo polo hanno già lasciato il partito (primo fra tutti Marattin). Pastorella, Schlein, Meloni: ecco le leader delle tre coalizioni italiane, io ci credo.

Giulio
studente dell'Università di Parma
 
 
Mii dichiaro colpevole: il 2 settembre 2022, al lancio della campagna elettorale del Terzo Polo, ho pensato, forse per la prima volta, che l’Italia ce l’avrebbe fatta. Ricordo tutto: il viaggio con gli amici, Born to Run come colonna sonora, il “daje forte” di Carlo Calenda. Via Tortona sembrava il cuore pulsante di una rivoluzione gentile. Ero a casa. Ma poi? Poi, il nulla. O peggio: il senso di fallimento. Di quel progetto restano solo le ceneri: l’ansia da risultato, le strategie fallimentari e le ambizioni personali hanno sgretolato un’opportunità storica. Eppure, non voglio rassegnarmi. L’Italia ha bisogno di un centro liberale e moderato, capace di bilanciare gli estremi. È lo spazio delle riforme, della libertà economica, dei diritti civili. Questo spazio esiste, ma serve visione. Primo, un’identità chiara. Il partito liberaldemocratico che immagino non è un contenitore improvvisato, ma è una forza con valori autentici, coraggiosa, capace di tutelare la libertà individuale, e lontana dai personalismi. La storia del Terzo Polo non è solo quella di Calenda e Renzi, ma è anche quella delle tante persone che hanno creduto e ancora credono nel progetto: Pastorella, Marattin, i volontari che hanno realizzato migliaia di attività. Bisogna ripartire da loro: hanno dato tanto e ricevuto poco. Secondo, il radicamento territoriale. La politica non si fa solo nei talk show o sui social, ma anche ascoltando il Paese reale. È nei territori che si crea il legame con le persone, ed è lì che il centro deve tornare a vivere. Bisogna abbandonare l’elitarismo e costruire un progetto inclusivo, che sia di tutti. Infine, il centro deve dialogare con la mia generazione, affrontando senza filtri temi come la transizione ecologica, la scuola, l’emergenza abitativa e il lavoro. Se il centro vuole avere futuro, deve valorizzare e ascoltare chi sarà il futuro. Possiamo farcela? Un illustre liberale avrebbe risposto “Lo potremo se vorremo”.

Francesco Alessandro Manessi
studente di giurisprudenza all'Università degli Studi di Brescia

   


     

Costruire è difficile, necessita di tempo e impegno, spesso di denari e sempre di costanza e tenacia.  Più difficile di costruire è, però, ricostruire: ritrovare credibilità dopo aver già fallito, dopo aver fatto tutto e il contrario di tutto.

Prima di chiederci se il Terzo Polo sia morto, bisogna chiarire se sia mai effettivamente nato e non si sia fermato a essere, con il senno di poi, solo una utilissima strategia per le elezioni del settembre 2022: una casa comune per le anime liberali lontana dalle contraddizioni del centrosinistra e dal pressappochismo spesso reazionario del centrodestra. Mesi di (quasi) calma fino all’election day. Poi, dopo, caos su gruppi, alleanze e polemiche. Ma quasi mai su proposte. Il dubbio che il Terzo Polo sia stata una delle tante fugaci apparizioni politiche della storia repubblicana è più che lecito, ma il progetto che si proponeva era ben più serio e l’oltre 7% ottenuto al debutto pareva essere un ottimo primo passo in tale direzione. Ciò che di più grave è stato fatto, però, è stato costantemente negare nei fatti al proprio elettorato la possibilità di un percorso indipendente e alternativo a ciò che destra e sinistra oggi possono proporre. Continui ammiccamenti, candidature congiunte, campagne elettorali svolte assieme. Il Terzo Polo avrebbe potuto avere senso solo se effettivamente fosse divenuto Terzo Polo e non Prima Stampella.

Bisogna, poi, fare pace con le proprie proposte e avere la lucidità di ammettere che, per quanto lontani debbano o forse sembrino essere i percorsi, sugli argomenti focali e rilevanti Italia Viva e Azione siano decisamente più vicini a Fratelli d’Italia e Lega che ad Alleanza Verdi-Sinistra e Movimento 5 Stelle. Ogni alleanza con un centrosinistra a campo largo è stata una mazzata sulle proposte e i programmi presentati, ogni alleanza con il centrodestra attuale tende a far perdere la ragion d’essere di un partito che, se si spostasse nell’alveo del cdx, sarebbe solo la copia sbiadita di Forza Italia.

È iniziata, intanto, la frammentazione: il movimento di Marattin, l’affair Pastorella, l’ormai plateale incapacità strategica di Calenda. Il naufragar non è dolce in questo mare.

Andrea Piccinno
studente magistrale di Intermediari Finanziari e Finanza Internazionale presso l'università Sapienza di Roma

 


   

Terzo Polo è definitivamente morto o può (deve) risorgere? - Il Terzo Polo è definitivamente morto, le crepe al suo interno sono ormai insanabili. I risultati elettorali hanno sancito la totale disaffezione da parte dell’elettorato di centro per il Terzo Polo, il quale, verosimilmente, è migrato verso destra, in Forza Italia, o verso sinistra, nel PD. Il Terzo Polo però può e deve risorgere, deve mettere da parte i cocci rotti, Calenda, Renzi e Bonino, e ripartire dai giovani. Lo scorso week-end si è concluso il primo evento del nuovo cantiere per l’unità dei liberal-democratici, intitolato “Il Coraggio di partire”. Esattamente, “le praterie al centro” devono avere il coraggio di (ri)partire con volti nuovi e competenti, che sappiano completamente mettere da parte le crepe create dai vecchi leader. Il cantiere, promosso da Luigi Marattin, è stato di grande successo e ha visto riunire una grande platea davanti a tante facce “nuove” e giovani, da Alessandro Tommasi di Nos a Giulia Pastorella di Azione. Il Terzo Polo, che forse finalmente avrà un’identità liberal-democratica anche nel suo nuovo nome, deve ripartire dai temi, piuttosto che da leader. L’Italia ha bisogno di un’area di centro, lontana dalla retorica populista e bipolare e vicino ai bisogni reali del Paese come sanità, educazione e sicurezza. L’Italia ha bisogno di un’area di centro che garantisca i diritti civili, ma che non dimentichi l’importanza e la necessità di nuove politiche industriali ed energetiche. L’Italia ha bisogno di un’area di centro che non abbia alcun dubbio sulle sue posizioni nell’arena internazionale ed in particolare in Europa: al fianco del popolo ucraino e a difesa del diritto internazionale in Medio-oriente.

Michele Cavallero
First-year Master’s student, School of Transnational Governance, EUI

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