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La situa - dibattiti universitari

L'Ucraina tra Trump e l'Europa

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di ragionare attorno a un tema: cosa può fare l’Europa per diventare grande, nel caso in cui l’Ucraina dovesse essere davvero abbandonata da Trump? E cosa ha insegnato, all'Europa, la resistenza eroica di Zelensky? 

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di ragionare attorno a un tema: cosa può fare l’Europa per diventare grande, nel caso in cui l’Ucraina dovesse essere davvero abbandonata da Trump? E cosa ha insegnato, all'Europa, la resistenza eroica di Zelensky? Scriveteci anche voi, se volete, in 2.000 battute, a [email protected]. Se non siete ancora iscritti alla newsletter del direttore Claudio Cerasa, "La Situa", vi potete iscrivere qui.

 


   

“La guerra è qui, mi servono armi, non un taxi”. Una frase perentoria, destinata a rimanere nella storia.

La storia di noi europei e del mondo occidentale libero in generale. Così, con poche e semplici parole, Volodymyr Zelensky rifiutava la proposta statunitense che gli avrebbe garantito una fuga sicura e una protezione certa dagli attacchi alla sua vita da parte dei russi, che alle 3 di notte del 24 febbraio 2022 avevano invaso lo stato sovrano che lui governava e che guida tutt’ora nella lotta all’invasore. Ma cosa ci ha insegnato la storia di questo uomo, che porta lo stesso nome di battesimo del suo principale nemico? Innanzitutto, studiando la figura di Zelensky, colpisce il fatto di come talvolta il destino degli uomini possa seguire traiettorie straordinarie e apparentemente impossibili. Conosciuto dal grande pubblico ucraino come attore e come comico, Zelensky con un’impresa eccezionale, dopo aver recitato la parte di un docente che vince le elezioni ucraine per combattere la corruzione, decide lui stesso di mettersi in gioco e stravince le elezioni del 2019, diventando il presidente del paese dell’ex unione sovietica. Poi quella notte di febbraio 2022. Allora si ripensa a quello che quest’uomo rappresentava fino a qualche anno prima. Protagonista della farsa nel passato, eroe nella tragedia presente. Zelensky rappresenta oggi il volto del mondo libero contro gli oppressori, un uomo capace di rischiare la vita per le proprie idee e per la propria indipendenza, capace di condurre il suo popolo in un’incredibile storia di resistenza e di libertà. Indimenticabile il video, a guerra appena iniziata, nel cuore nella notte presso le strade di una Kiev deserta, in cui lui e i suoi ministri, in tenuta mimetica, rivendicano la loro scelta di rimanere nella loro terra e di non scappare “Il presidente è qui, tutti i ministri sono qui. Slava Ukraini!”. Zelensky, il suo coraggio e la sua dignità, dimostrate anche nella sala ovale della casa bianca nell’ imboscata in cui si è trovato “Mi metterò un abito quando la guerra finirà”, dice a J.D Vance dopo che quest’ultimo gli chiedeva se avesse anche abiti eleganti, devono essere d’esempio per l’unione europea e per i cittadini europei, che nella storia di quest’uomo e del suo popolo devono ritrovare la loro energia, la loro coesione e la loro indipendenza per affrontare le grandi sfide del futuro.

Francesco Martan
lettere moderne presso la statale di Milano
   


   
Evidentemente muoversi come un solo stato. Più facile a dirsi che a farsi, bisogna trovare un escamotage. Forse rispolverare David Mitrany, Jean Monnet, la nascita della Ceca e il tentativo di fuga in avanti con la Comunità europea di difesa e annessa Comunità politica europea, proprio durante una fase acuta della Guerra fredda. Nello specifico applicare il metodo funzionalista alla difesa su una singola questione, l’invasione russa. Creare un piccolo esercito sotto l’egida delle istituzioni europee, ad altissima efficienza, capacità coordinative e con la possibilità di accorparci militari degli eserciti nazionali, tenendo conto che se l’Ucraina resiste, la guerra probabilmente sarà molto lunga, mentre un trattato di pace porterebbe probabilmente ad altre guerre. Che l’appeasement risolvi qualcosa è una sciocca illusione. L’Europa non può riconoscere formalmente le annessioni russe, di fatto avvenute, può invece spingere per un cessate il fuoco, per congelare il conflitto attraverso per esempio un armistizio, anche semplicemente di fatto. Ma se Putin pensa ancora di poter sfruttare i nazionalismi del continente per creare instabilità, per esempio quelli balcanici, difficilmente consentirà una cessazione delle ostilità. Una risposta federale potrebbe spingerlo ad ammorbidire i suoi piani per non trovarsi isolato per sempre dall’Europa, verso cui i russi pendono, sentendosi eredi di Roma. I rapporti con la Cina, interessata a un precedente che giustifichi la vicina invasione di Taiwan, sono di passaggio. 

Antonio Tommasi
Sapienza, Scienze politiche
   


   

La scena a cui abbiamo assistito nello studio ovale sembrava quasi una ambientazione comica di uno squallido film che passa in tv quando non c’è nient’altro da guardare. Un “litigio” che è il manifesto di quello che da qui a quale anno l’Europa dovrà affrontare, un bullismo politico perpetrato in tutte le strutture burocratiche. Si arriva quasi alla domanda se debba esistere il binomio Ucraina-USA o Ucraina-Europa; da un lato Trump che, come un bullo del liceo, sgrida Zelensky per non aver ringraziato per tutti gli aiuti dati finora, dall’altro Ursula Von Der Leyen che non si è ben compreso se sia in un momento di follia pura o ragionevole consapevolezza riguardo la corsa agli armamenti.

Le due domande da porsi sono se l’Europa sia pronta a difendere l’Ucraina da sola e soprattutto se sia in grado di difenderla. Perché ad entrambe le domande le risposte sono probabilmente no. Il cittadino europeo non ha fiducia nei confronti dell’Europa unita e la potenza militare europea paragonata a quella degli Stati Uniti è una battaglia persa a tavolino, nonostante il presidente Macron si sia posto come spadaccino dell’indipendenza Europea.

Il malcontento generale che si è dilagato in tutti gli Stati dell’Unione Europea nell’ultimo periodo riguardo l’indifferenza dei propri Stati nazionali e la debolezza con cui l’Europa vuole imporsi in questo conflitto, porta il cittadino a disinteressarsi completamente degli affari tra Ucraina e USA.

L’Europa non è in grado di affrontare una guerra contro la Russia perché non può, del resto la storia insegna che l’Europa è il continente dei grandi autori e filosofi, non della potenza militare. Il fragile equilibrio geopolitico internazionale porta alla riflessione sulla qualità degli ordinamenti nazionali e di come sebbene abbiano affermato la loro sovranità sono facilmente dipendenti da altre. L’Ucraina ha bisogno di essere aiutata e se non dovesse farlo l’America, gli Stati europei dovrebbero iniziare a pensare ad una alternativa comune che possa bilanciarsi tra la possibilità di riarmarsi e la volontà di voler entrare attivamente in una guerra.

Alessia Lapietra
Università Bocconi corso di Laurea in Giurisprudenza

 

Questa situazione geopolitica non ha fatto altro che porre l’accento su una questione che comunque l’Unione Europea avrebbe dovuto, prima o poi, affrontare: è forse giunto il momento di compiere un passo in avanti riguardo la possibilità di adottare una politica estera comune? Ciò implicherebbe, chiaramente, una riduzione sostanziale della sovranità nazionale degli Stati membri ma non credo in misura molto maggiore rispetto alla rinuncia che gli stessi paesi hanno sostenuto accettando una politica monetaria comune. In contrasto con tale visione c’è chi sostiene che, per motivazioni storiche e culturali, quanto appena esposto non potrà concretizzarsi nel breve futuro e, se in parte si può concordare con tale obiezione, allo stesso modo una domanda sorge spontanea: c’è razionalmente un’altra soluzione?

Infatti, un’altra questione su cui vale la pena soffermarsi riguarda le possibili alternative, le quali non sono però funzionali all’obiettivo di difesa e solidità internazionale perseguito. Nessun paese europeo oggi gode del lusso di poter scegliere egoisticamente per sé stesso, anche se questa è una verità scomoda da accettare.

Personalmente seguo con molto interesse e fiducia la vicenda e sono certo del fatto che l’Unione sarà protagonista di un’evoluzione storica che porterà ad una maggior coesione e le conferirà credibilità a livello internazionale. Non c’è altra strada.

Gerardo Petretti
facoltà di Economia aziendale dell'Università degli Studi di Salerno

 

La domanda posta questa settimana è molto vasta, come lo sono gli scenari possibili, e al momento incerti, sul futuro e l’esito della guerra in Ucraina. Certamente il presidente americano Trump, con il suo vice Vance, ha reso ben chiara la sua intenzione di mediare con entrambe le parti, Putin e Zelensky, per porre fine a questa guerra, un principio in sé lodevole, se non fosse che, alla base del suo ragionamento, ci sono interessi economici nazionali e non umanitari: viene trascurata la sensibilità verso gli ucraini che stanno combattendo e soffrendo da tre anni. Ecco, credo che sia su quest’ultimo aspetto che l’Europa debba puntare: i paesi europei hanno dimostrato di essere più genuinamente interessati alla fine della guerra per le sue conseguenze disastrose, fisiche e psicologiche, sui civili, senza chiedere in cambio quello che Trump invece pretende. Inoltre, il piano Rearm Europe di von der Leyen, in questo contesto, mi sembra inevitabile: in tempi di pace sarebbe impensabile è vero, ma volendo essere pragmatici dobbiamo riconoscere che è oggi necessario non al fine di usare quelle armi, ma come misura preventiva e precauzionale, per dimostrare che una reazione europea c’è stata e garantire che la sicurezza europea venga salvaguardata. Da questo punto di vista un’Europa forte a livello internazionale deve essere unita.

Giulia Giusti
Università di Pisa