La situa - dibattiti universitari

Tra Calenda e il M5s

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di ragionare attorno alla frase provocatoria di Carlo Calenda relativa al M5s: bisogna cancellarlo. È giusto? Ha senso? Cosa vuol dire politicamente?

Abbiamo chiesto agli studenti universitari di ragionare attorno alla frase provocatoria di Carlo Calenda relativa al M5s: bisogna cancellarlo. È giusto? Ha senso? Cosa vuol dire politicamente? Scrivete anche voi a [email protected]: i migliori testi degli studenti universitari saranno pubblicati (qui trovate tutti gli articoli degli studenti pubblicati in questi mesi). Se non sei ancora iscritto alla newsletter del direttore Claudio Cerasa puoi farlo qui: è veloce, è gratis.

  


   

“Bisogna cancellare il M5s” è lo slogan perfetto se vuoi perdere metà del campo progressista. L’appello di Calenda si rivolge più al suo elettorato che al paese. Una forza politica non si cancella: si sfida, si batte, oppure si comprende. Perché piaccia o no, il grillismo è stato la risposta a una crisi strutturale della rappresentanza politica.
Lo dice la ricerca, non l’ideologia: nei primi anni del suo percorso il M5s ha raccolto voti da tutte le direzioni – ex Pd, ex Lega, ex Forza Italia – ma soprattutto da chi si sentiva escluso, disilluso, fuori dal gioco. Calenda sembra ignorare che il successo del M5S è figlio di un vuoto lasciato dalla politica: la crisi della rappresentanza, il declino della classe media, la sfiducia verso l’Europa. Un vuoto che non poteva restare tale.
Il successo del Movimento è il sintomo, non la causa, della malattia. E la malattia si chiama disuguaglianza, precarietà, assenza di visione. Pensare di “eliminare” il M5S senza curare il contesto che lo ha generato è come rompere il termometro perché segna la febbre.
Ecco allora che “cancellare il M5S” diventa lo sfogo di chi ha perso il contatto con quelle periferie sociali e culturali che un tempo costituivano l’ossatura della sinistra. La risposta non può essere una scorciatoia: serve una proposta che torni a parlare di sicurezza sociale, redistribuzione, ambiente e diritti. E servono volti credibili. Altrimenti, se anche il M5S dovesse sgonfiarsi, ne verrà fuori un altro, e sarà peggio di quello precedente.
Non si tratta di legittimare il grillismo, ma di capire cosa lo ha reso credibile. Servono alternative, non anatemi. Perché senza popolo non c’è sinistra. Solo presunzione.

Rosario Saporito
studente in Governo, Amministrazione e Politica (major in Comunicazione politica) alla LUISS Guido Carli
  
  
Rispondo e ripropongo le domande: Come si fa a cancellare politicamente il M5s? E soprattutto, è utile per la sinistra?
Sì, è utile superare il modo di fare politica adottato dai 5 Stelle. Non mi dilungo sui motivi, perché ormai viviamo in un tempo in cui è difficile lasciarsi catechizzare.
Però, è proprio partendo da quest’ultimo dato di realtà, che troviamo la chiave di volta per rispondere alla prima domanda. Come cancellarlo? Serve un impegno politico diretto, riscoprendo il valore di una sede di partito e confrontandosi sui temi. Senza subire le strumentalizzazioni ideologiche, ma adottando un approccio critico.
Un approccio che, però, deve evitare una dialettica critica schiava dell’immobilismo; o peggio del distruggersi criticamente all’infinito. Hegel superò Fichte riconoscendo la necessità della Sintesi. E le grandi culture politiche, le grandi visioni valoriali aiutano a farla.
Perché Calenda insiste su questo argomento? Perché la destra di Meloni pone, oggi, anche una questione identitaria: “Voi ci accusate di fascismo, ma voi chi siete?” Carne, pesce o tofu?
La Storia ci sta mettendo di fronte a delle grandi scelte, e a queste si può rispondere riscoprendo i grandi valori. I giovani più disillusi in che cosa si riconoscono? Socialismo, Liberalismo, Repubblicanesimo (secondo il pensiero di Mazzini, La Malfa, Spadolini), Cristianesimo Democratico, Comunismo, oppure Conservatorismo?
Bisogna, quindi, partire da queste culture, per costruire delle comunità politiche radicate nella tradizione, ma anche sui territori, riscoprendo il necessario rapporto diretto con i cittadini. 
Tale soluzione non è una fuga nel passato, ma la riscoperta della necessità di una grande visione di paese, che può nascere solo da grandi valori. Senza una visione, sarà difficile superare non solo il populismo di sinistra, ma soprattuto quello di destra. 

Niccolò Maria Ricci
28 anni, laureato in Scienze Storiche alla Federico II di Napoli e studente universitario per i percorsi abilitanti
  
  
La recente dichiarazione di Carlo Calenda, in cui afferma che "l'unico modo per avere a che fare con il M5s è cancellarlo", ha acceso un vivace dibattito politico. È importante considerare non solo le dinamiche interne al M5s, ma anche quanto l'opinione pubblica influisca sulla stabilità e sul successo di un partito. Quando Calenda parla di "cancellare" il M5s, si riferisce a un processo di graduale scomparsa dalla scena politica, attuato attraverso strategie mirate, come la frammentazione del partito o il ridimensionamento della sua base elettorale. Tuttavia, la strategia di "cancellazione" del M5s comporta alcuni rischi. Anche se il Movimento ha mostrato molte contraddizioni nel corso degli anni, ha saputo intercettare temi importanti per una parte dell'elettorato, come la giustizia sociale, la trasparenza e la lotta contro le disuguaglianze. Il suo messaggio, spesso di stampo populista, ha inoltre attratto un gran numero di cittadini, in particolare quelli delusi dalle promesse non mantenute della politica tradizionale. Pertanto, un tentativo di eliminare politicamente il M5s potrebbe non solo allontanare questa parte di elettorato, ma anche indebolire il centro-sinistra, che rischierebbe di perdere il contatto con le vere istanze di cambiamento. A complicare ulteriormente la situazione c'è il ruolo cruciale dell'opinione pubblica, che può determinare il successo o il fallimento di qualsiasi mossa politica e che potrebbe cambiare le carte in tavola. Nonostante la crisi interna e le difficoltà di leadership, il M5s continua a essere visto da una parte dell'elettorato come l'unico strumento capace di sfidare il sistema politico tradizionale, specialmente in un periodo in cui la fiducia nei partiti consolidati è ai minimi storici. In questo contesto, un tentativo di cancellare il M5s potrebbe avere l'effetto opposto a quello desiderato, contribuendo a rafforzare la sua immagine di outsider e conferendo al Movimento una nuova legittimità.

Aurora Forlivesi
studentessa di LM COMPASS (curriculum giornalismo e comunicazione politica) dell’Università di Bologna. 
  
  
Nel suo intervento di apertura al secondo congresso nazionale di Azione, Carlo Calenda ha invocato la cancellazione del Movimento 5 Stelle. Lo ha fatto alzando la voce, gesticolando e infarcendo ogni argomento di così tanti slogan populisti da sembrare quasi un esponente del partito di Giuseppe Conte. Al di là della sua comunicazione discutibile, che da anni condanna un partito potenzialmente di governo a non superare la soglia di sbarramento, vale comunque la pena chiedersi quale sia oggi l’effettivo ruolo del Movimento 5 Stelle nel panorama politico nazionale e, ancor di più, nella coalizione di centrosinistra. Partiamo da un dato di fatto: il Movimento 5 Stelle non è un partito di sinistra. Essere di sinistra significa stare dalla parte degli oppressi, non limitarsi a distribuire bonus e sussidi a pioggia per raccattare consenso. Significa difendere chi non ha voce, chi subisce ingiustizie, chi lotta per la propria libertà. Per questo, una forza di sinistra non può permettersi ambiguità di fronte all’invasione russa dell’Ucraina, né può organizzare manifestazioni contro l’invio di armi a Kiev mentre strizza l’occhio a Trump e Putin. Eppure, il Movimento 5 Stelle ha scelto proprio questa strada. Da una parte si autoproclama difensore della pace, dall’altra di fatto avalla la propaganda di due tra i leader più reazionari della scena internazionale. Non è una questione di opinioni, ma di coerenza politica: se si sta dalla parte degli oppressi, si sta con chi combatte per non essere annientato, non con chi bombarda città e massacra civili. Ed è proprio questa ambiguità a rendere il Movimento 5 Stelle inadatto a rappresentare la sinistra. Una sinistra vera non ha paura di schierarsi, non cerca scorciatoie populiste e non si accontenta di slogan vuoti. Serve una sinistra che abbia il coraggio di difendere i diritti, la democrazia e la libertà senza esitazioni. Il resto è solo fumo negli occhi

Gerardo Jr Maccauro
studente di Lettere Moderne alla Sapienza di Roma
 
 
Le parole del Senatore Calenda impressionano sia per la loro crudezza sia per la distanza tra queste ultime e lo stile comunicativo abituale adottato dal leader di Azione. Queste affermazioni (forse troppo) dirette vogliono tuttavia attirare l'attenzione su quelle che appaiono come criticità oggettive del Movimento: la sua incerta collocazione sullo scacchiere politico, la sua miopia di fronte alle sfide concrete e urgenti che l'attualità e la Storia hanno posto di fronte al nostro Paese, in particolar modo la questione del riarmo e il sostegno all'Ucraina, nonché l'adozione di una postura non costruttiva riguardo tutte le attuali decisioni prese in seno all'Unione europea e al livello nazionale. Ed è proprio con il futuro e auspicabile consolidarsi della struttura istituzionale europea che il Movimento andrebbe incontro alla propria fine, basandosi questo su un occasionale euroscetticismo, sull'esaltazione delle divisioni e sul servilismo verso qualunque grande attore straniero. 
Per quanto riguarda l'impatto di una eventuale scomparsa del M5S sulla sinistra, dare una risposta precisa appare quanto mai complicato dal già accennato dubbio posizionamento nell'arena politica. A mio parere la fine del M5S potrebbe condurre alternativamente a due esiti diversi e contrapposti: il definitivo crollo dell'edificio del PD, già danneggiato dal terremoto avutosi in seno al Parlamento europeo e che ne ha lasciato una profonda crepa, oppure, al contrario, il compattarsi delle sinistre intorno al PD e del PD stesso in un fronte d'opposizione coerente.

Elena Gagliardi
Scienze Politiche, Sapienza Università di Roma, III anno
 
 
“Un vano duello senza quartiere”. Quanto accaduto al Congresso di Azione il 31 Marzo fa molto discutere. Stiamo parlando ovviamente della dichiarazione del leader, Carlo Calenda, che, alla presenza del Presidente del Consiglio, afferma senza scrupoli che “L’unico modo per avere a che fare con il Movimento 5 Stelle è cancellarlo”.
Una frase che, a essere onesti, rende la situazione piuttosto grottesca.
Assistiamo a uno scontro in cui un politico, sedicente di sinistra e aggrappato al suo 3,9%, dichiara di voler eliminare un partito al 12%, che, a sua volta, non sa neanche più dove collocarsi all’interno del panorama politico italiano.
Giorgia Meloni intanto se la ride, compiaciuta e soddisfatta. Anzi, non potrebbe esserne più felice: sta osservando i suoi avversari politici litigare tra loro, mentre Fratelli d’Italia sfiora il 30% e supera il record di quinto governo più longevo dell’Italia repubblicana.
Senza dubbio, si potrebbe pensare che un’ipotetica cancellazione del partito di Conte potrebbe portare consensi al centrosinistra e rafforzarlo, ma la questione non è così semplice. Sono molti i temi che accomunano questi due schieramenti politici, dall’attenzione all’ambiente alla tutela dei lavoratori e delle classi più fragili; ma la cosa che forse li accomuna di più è quell’odio smisurato che provano nei confronti del centrodestra, che viene continuamente e pedissequamente demonizzato, agitando lo spauracchio del pericolo neofascista. 
Tuttavia, è proprio la paura della deriva neofascista che spesso viene utilizzata come collante, perché se da un lato ci sono dei punti di contatto dall’altro ci sono delle profonde e insanabili differenze. Infatti, mentre la sinistra scende in piazza per un’Europa federale, i pentastellati organizzano raduni contro il riarmo voluto dalla stessa Europa.
Il tutto per dire che la dura e cruda verità è che si sta dando anche troppo adito a questo episodio, che riguarda due realtà politiche, Azione e Movimento 5 Stelle, ormai morte e sepolte da tempo. Direi che con una situazione del genere, rimane ben poco da cancellare e mentre la sinistra e i grillini sbraitano e bisticciano, la destra al governo lavora silenziosa per un’Italia che cresce e che guarda al futuro.
E Giorgia Meloni ride. Perché tra i due litiganti il terzo gode.
 
Marco Giantin
studente di Economia all'Università degli Studi di Padova
  
  
“Carthago delenda est” è la famosa frase pronunciata da Catone il Censore, sintesi della sua azione politica e del suo atteggiamento totalmente ostile nei confronti dei Cartaginesi. Carlo Calenda sembrerebbe essersi ispirato a questa famosa locuzione (non a caso il senatore è un grande fan dell’Antica Roma) quando durante l’ultimo congresso di Azione ha espresso la necessità di “cancellare” il Movimento 5 Stelle, sua nemesi politica.
Chiaramente il leader centrista non auspica ad uno scioglimento del partito in stile fascista, bensì la sua intenzione è quella di eliminare politicamente il partito, rendendolo irrilevante.
Come si fa, però, ad eliminare un partito che viene sondato intorno al 10%? Sarebbe utile per la sinistra?
Per rispondere a queste domande è necessario cercare di inquadrare l’elettore medio del Movimento e le istanze che esso presenta.
Se si legge il rapporto Cise in merito alle ultime elezioni nazionali tenutesi il 25 settembre 2022 si può notare come gli elettori del M5S non rispondano ad un preciso identikit, sebbene il partito riscuota particolare successo nella fascia d’età 18-29.
Quali sono quindi i fattori che portano un cittadino a votare per i pentastellati?
In primis, ritengo che la figura di Conte abbia riscosso un incredibile successo durante la pandemia e che goda quindi ancora di un certo seguito elettorale per questo motivo. Inoltre i 5 Stelle si sono fatti carico di tematiche che riguardano l’elettorato storicamente più di sinistra, come ad esempio la lotta alla povertà. Basti pensare a provvedimenti (scellerati) come il Reddito di Cittadinanza, che ha tuttavia garantito ai gruppi più indigenti un sostegno economico nel momento del bisogno (e quando un elettore trae guadagno da un partito, difficilmente se lo scorda). Dal punto di vista della politica estera, invece, gli ormai ex-grillini sono i prosecutori ideali dell’antiamericanismo, sentimento ancora molto diffuso. Non è un caso che questo partito abbia prodotto persone come Alessandro Di Battista, che ha fatto del suo antiamericanismo e delle sue simpatie verso la Russia il suo marchio distintivo.
Detto questo, sarebbe stupendo cancellare politicamente uno dei partiti che hanno fatto dell’ignoranza il loro tratto principale e che hanno provocato uno dei più grandi sprechi della storia italiana con il Superbonus, ma questo è possibile solo se la sinistra tornerà ad occuparsi di tematiche popolari (e cioè che interessano il popolo), sottraendo così consensi al Movimento, e non se continuerà ad essere solamente il partito dei salotti intellettuali. Si possono cancellare i 5 Stelle, non i loro elettori

Alessandro Bignami
studente dell'Università di Trento
 
 
Calenda ha detto: “l’unico modo per avere a che fare con il M5S è cancellarlo”. Come si può cancellare politicamente il partito di Conte? E sarebbe utile per il centrosinistra italiano?
I cancellamenti, nella storia politica italiana, non si siano mai verificati, e in tal caso, sono stati poco efficaci…
Ne dice molto, il fatto che nel 2025 ci ritroviamo ad arroventarci ancora su fascismo, comunismo, berlusconismo e quant’altro.
L’oramai PDC (Partito di Conte) non verrà meno a questa prassi. Ma l’unico cancellamento a cui può auspicare Calenda, è la rimozione della retorica pentastellata nell’interpretazione “dell’oggi politico”. Tra gli strumenti che si può avvalere in questa impresa, il tempo può essere un possibile alleato al leader di Azione, un tempo che giudicherà l’operato di ogni fazione della scena politica italiana ed europea.
Ed è chiaro, che attualmente, sulla testa di ogni capo di partito pesa una responsabilità senza precedenti, una responsabilità, che non ha potuto accettare un “vaffa-day” come massima espressione politica di un movimento, ma anche una responsabilità che non può accettare una “terza via” in questioni di vita o di morte, come quelle che stiamo affrontando giornalmente in Europa, con due guerre in casa e vari demagoghi da una sponda all’altra dell’Atlantico.
Perciò, ad oggi, una gomma per il M5S non è attualmente in produzione, ma chissà se un domani inizieranno a produrla? E questo nuovo articolo di cancelleria intaccherà altri scarabocchi nella politica italiana ed europea?
Per quanto riguarda il centrosinistra, non penso che l’eventuale scomparsa del PDC potrà condizionare l’attuale situazione aberrante, ma ciò, senz’altro, potrebbe essere colta come un’occasione per far capire, una volta per tutte, che l’astenersi a una posizione politica non può essere tollerato da coloro che per primi dovrebbero averla.
I problemi del centrosinistra sono diversi e tanti, e l’unica cosa che concretamente gioverebbe, sarebbe una radicale introspezione, oltre che un’analisi, sui temi che stanno e dovrebbero stare a cuore a questa fazione. Per offrire un risultato concreto a coloro che fino ad ora, richiedono a gran voce un’alternativa alla situazione politica persistente non più accettabile.

Luca
studente del II anno di Scienze Internazionali Diplomatiche presso l’UniBo
 
 
Buongiorno,
Scrivo questo testo in risposta al post pubblicato sulla pagina Instagram de “Il Foglio” in merito alle dichiarazioni recenti del leader di Azione Carlo Calenda. Premetto due cose: in primis, sono uno studente 21enne neolaureato in Scienze politiche presso la Statale di Milano. In secundis, sono elettore e attivista del M5s (cosicché possiate eventualmente evitare questo intervento sin da subito).
Un modo con cui gli altri partiti politici potrebbero tentare di cancellare il M5S consiste nella costituzione di una sorta di “cordone sanitario” per isolare il partito guidato da Giuseppe Conte. Manovre del genere – il cui intento è di ritrarre un partito come estremista, antidemocratico e più in generale come “pericoloso” – sono sostanzialmente simili a quelle effettuate in Francia nel 2002 ai danni del Front National e in Belgio nei confronti di Vlaams Belang, attori appartenenti all’area dell’estrema destra populista e anti-immigrazione. Il cordone sanitario si può estendere anche ai media, dove il partito in questione può venire sostanzialmente ignorato oppure duramente attaccato. In entrambi i casi citati, si può dire che l’isolamento non ha funzionato, anzi. L’esclusione non ha portato alla cancellazione dei partiti. In effetti, sia il FN che il VB hanno continuato a portare avanti – in modalità che, sia chiaro, non condivido minimamente – le esigenze degli elettori che rappresentavano, anche tramite istanze ulteriormente radicali (dovute alla consapevolezza dell’isolamento politico e mediatico vigente).
In Italia, sin dalla sua fondazione, il M5S ha cercato di rappresentare le esigenze della parte di popolazione impoverita dalla crisi post-2008 e dalle politiche di austerità, nonché di quei settori popolari dimenticati dai partiti mainstream del centrodestra e del centrosinistra e dalle loro policies neoliberali. In tempi più recenti, la nuova leadership del partito ha spostato l’agenda su tematiche afferenti ad un populismo di sinistra: il M5S cerca di raccogliere consensi enfatizzando tematiche progressiste sui temi socioeconomici, come il contrasto al lavoro precario, il sostegno all’introduzione di politiche antipovertà e redistributive, oltre alla battaglia contro lo strapotere del crimine mafioso e della corruzione. Io ritengo che queste – oltre ad essere, personalmente, battaglie nobili – siano priorità importanti e non trascurabili nell’Italia di oggi. Poi, per carità, le si può liberamente ritenere tematiche assurde, inconcepibili e addirittura illegittime, come fa Calenda. Cosa che, secondo me, mostra in maniera drammatica l’estraneità del leader di Azione rispetto alle sofferenze del nostro Paese, ben rappresentata dagli scarsi risultati da lui ottenuti finora in questa sua esperienza politica. Su questi temi, in effetti, il M5S non ha molta compagnia tra gli altri partiti, anzi. Come non ha molto sostegno nel suo tentativo di recuperare i voti dalle frange più disaffezionate nei confronti della politica, che peraltro molto spesso sono quelle stesse persone che faticano a tirare avanti, che vivono nelle periferie dimenticate e trascurate sistematicamente dalla classe dirigente.
In conclusione: “cancellare” (espressione che, francamente, trasuda un fetore miserrimo di classismo, poiché pronunciata da parte del leader di uno dei partiti più benestanti – in termini di ricchezza media tra i propri elettori – nei confronti di uno dei partiti che invece raccoglie porzioni significative dei suoi consensi dalle frange meno abbienti e più povere della popolazione) il M5S vuol dire delegittimare il tentativo di un partito di farsi portavoce della sofferenza socioeconomica all’interno della popolazione italiana. Credo sarebbe un danno immenso per il centrosinistra italiano – che ha perso da tempo credibilità presso quelle fasce di popolazione meno benestanti – e, più in generale, per il sistema politico e sociale complessivo del nostro Paese.

Tony Poltro

neolaureato in Scienze Politiche (SPO) presso l'università Statale di Milano



L’unico modo per eliminare politicamente, nell’immediato, l’M5s, sarebbe abbandonare definitivamente la logica del campo largo e interrompere ogni forma di alleanza con i pentastellati. Questa scelta sarebbe la più coerente dal punto di vista ideologico, poiché l’M5s, soprattutto in ambito internazionale, ha spesso assunto posizioni contrarie a quelle delle altre forze di opposizione, risultando talvolta persino più vicino al governo. La sua ambiguità politica e la sua natura populista lo rendono un interlocutore inaffidabile per chiunque voglia costruire un’alternativa seria e credibile all’attuale maggioranza. Tuttavia, da un punto di vista elettorale, una rottura immediata e definitiva con l’M5s potrebbe rivelarsi controproducente per il centrosinistra. Il partito di Conte gode ancora di un consenso significativo, come dimostrano sia i sondaggi più recenti sia i risultati delle ultime tornate elettorali. Inoltre, può contare sul sostegno di media influenti, il che complica l’ipotesi di una sua rapida scomparsa dallo scenario politico. In caso di una sua dissoluzione, sarebbe tutt’altro che scontato che il suo elettorato confluisca automaticamente verso il centrosinistra, anzi: se le altre forze progressiste venissero percepite responsabili della fine dell’M5s, molti degli ex elettori grillini potrebbero preferire l’astensione o, in alternativa, rivolgersi a nuove formazioni populiste. La morte politica dell’M5s, dunque, non deve essere il punto di partenza del centrosinistra, ma il suo punto di arrivo. Non può essere ottenuta con strategie di corto respiro o con mere esclusioni dal perimetro delle alleanze, bensì con un profondo rinnovamento della politica progressista. Il centrosinistra deve ricostruire la propria identità, tornare a occuparsi con determinazione delle reali necessità dei cittadini, avanzando proposte chiare e inequivocabili. Soltanto riconquistando la fiducia dell’elettorato attraverso un’azione politica incisiva e coerente potrà erodere definitivamente il consenso dell’M5s. Fondamentale sarà ricompattare le opposizioni, affrontando con serietà le problematiche che hanno favorito la nascita e l’ascesa dell’M5s. Il populismo grillino ha prosperato grazie alle debolezze e alle ambiguità della politica tradizionale, alla mancanza di risposte efficaci ai bisogni della popolazione e alla distanza crescente tra istituzioni e cittadini. Solo colmando questi vuoti, riportando la politica al centro della vita delle persone e riaffermando una visione di governo solida e credibile, il centrosinistra potrà sancire la fine dell’M5s non con un colpo di mano, ma con la forza della propria rinascita.

Edoardo Colombo
terzo anno di Matematica, presso l’Università di Trento
    
    
Quando ho sentito Calenda, paonazzo e immoderato, dire che l’unica soluzione per risolvere il problema 5 Stelle sia quella di cancellare il Movimento sono rimasto in parte persuaso e in parte perplesso.
Persuaso perché ritengo che il M5S rappresenti la massima espressione del cancro che da ormai troppo tempo continua ad inquinare la politica italiana tutta, con effetti devastanti sull’intero sistema Paese: il populismo.
Ma proprio da qui nasce la mia perplessità. Credo che il termine cancellare, per quanto utile in termini di visibilità, non sia stata la scelta più adatta. Voler eliminare un partito, che ci piaccia o meno, che partecipa in maniera legittima alla vita democratica del nostro Paese non sia di certo il massimo della democraticità.
Da cancellare non è l’ex partito grillino, oggi contiano, ma il populismo di cui il Movimento è un agente. Ce lo dice la storia, per vedere la fine del PCI c’è voluta la fine del comunismo. Ma è anche vero, se ci rifacessimo alla termodinamica, che tutto si trasforma, il PCI morì, i comunisti no, divennero progressisti, almeno sulla carta.
Oggi più che mai è necessario cancellare il populismo, perché se fosse vera la teoria dell’anaciclosi di Polibio oggi saremmo all’ultima fase, quella dell’oclocrazia.
Perciò, ritengo che la domanda debba essere: come si cancella il populismo? E rispondo che la soluzione è semplice: i partiti democratici devono fare il loro dovere, devono fare politica e cioè fare e realizzare, se venissero fatte riforme concrete che permettano di stimolare gli investimenti pubblici e privati, se venissero realizzate infrastrutture, se si facessero e concretizzassero proposte serie per il problema dei salari non avremmo il populismo e partiti come il M5S verrebbero ridotti allo zero virgola.
Per quanto riguarda la seconda domanda, l’unica utilità che porta il Movimento alla sinistra è numerica, senza quel dieci percento la coalizione di sinistra non raggiungerebbe neanche la percentuale di consensi di Fratelli d’Italia. Pure qui è necessario che il PD esca dall’impasse delle incertezze e sia dia un’identità attraverso proposte riconoscibili e che si crei un unico centro capace di fornire un apporto anche in termini numerici importante. Ne guadagnerebbe il Paese che avrebbe finalmente un centro-sinistra degno di questo nome.

Mauro Petrarulo
studente di Economia Aziendale dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
   
   

“L’unico modo per averci a che fare è cancellarlo!” Così Carlo Calenda, riferendosi al M5S, al Congresso nazionale di Azione in data sabato 29 marzo.

Credo che l’enfasi ed il tono con cui queste parole sono state pronunciate permettano di stabilire (come se ce ne fosse bisogno) quanto durante comizi e congressi si dicano o si facciano cose spesso sopra le righe o estremamente metaforiche.

Io ero lì presente (da iscritto, ma soprattutto da osservatore) e la “dichiarazione di guerra” al MS5 rientra coerentemente all’interno di questo spazio; esclusi i richiami alla materia del conflitto russo-ucraino/resistenza ucraina, non c’è stato durante il Congresso un momento così patetico, nel senso più greco del termine, come quello: tutti in piedi ad applaudire uniti da un comune spirito di avversione verso il partito pentastellato. 

Ciò detto e dato per scontato - almeno si spera - che Calenda non intenda realmente impugnare torcia e forcone assieme ad un piccolo drappello di “azionisti” e muovere verso la sede romana dei M5S, occorrerà ragionare sullo stato di salute dell’opposizione italiana e su una eventuale proposta politica in vista delle politiche del 2027. 

Diamo anzitutto per assunto un elemento: i Cinquestelle sono un’entità politica consolidata con un proprio preciso spazio elettorale e non li puoi cancellare; per citare l’ormai ex compagno di merende di Calenda “che cancelli che c’hanno dieci punti percentuale in più di te” (Matteo Renzi, presentazione de L’Influencer, Roma, 31/03/2025). Quindi o ci collabori - assai improbabile - o dai vita ad un’alternativa credibile, certamente non puoi far finta che non esistano. 

Dal mio punto di vista, per gettare le fondamenta di un’alternativa credibile bisognerebbe quantomeno provare a seguire tre fondamentali direttrici: smettere di assecondare le continue -volute - provocazioni di Meloni o di altri esponenti della maggioranza, occupandosi nel merito delle questioni; raggiungere, dialogando, una comunanza in termini di visione politica; in ultimo, sondare la disponibilità delle proprie basi elettorali. 

Il primo punto è apparentemente il più semplice. Lo dico perché sarebbe il compito naturale dell’opposizione incalzare il premier di turno sulle questioni più spinose e controverse: in questo caso, parlando di salari, di Rearm Europe, della crisi dell’automotive, non giorno e notte del ritorno del fascismo o del pericolo di deriva orbaniana. 

Si guardi, ad esempio, a quanto è accaduto in data 19 febbraio in aula del Senato, quando il Presidente del Consiglio ha richiamato, in parte decontestualizzandolo, il Manifesto di Ventotene. L’opposizione tutta, fieramente fattasi rappresentare dal teatrale intervento di Fornaro (deputato dem), si è lasciata andare ad urla e pianti, in un clima di “commozione” e “indignazione generalizzata”. 

Altra cosa sarebbe stata, invece, se gli interventi fossero stati mirati a chiedere spiegazione, ad esempio, sulla chiara ambiguità della premier e, dunque, dell’Italia sul ReArm Europe - di cui si sarebbe discusso il giorno dopo in sede di Consiglio europeo - o sul rapporto Usa-Ue.

Argomenti non di poco conto, ma tutto ciò non è accaduto e continua a non accadere, da cui il sospetto che a un’opposizione per ora disorientata ed in cerca di un faro programmatico faccia comodo stare al gioco di Meloni.

Venendo al secondo e al terzo punto, quest’ultimi sono uno conseguenza dell’altro: posto che il campo largo è una delle invenzione più tragicomiche degli ultimi vent’anni di politica italiana e posto oggettivamente che su temi cardine (Ucraina, riarmo, debito comune, federalismo) i Cinquestelle, AVS ed una parte del PD la pensano all’esatto opposto di Azione, Italia Viva, Più Europa, ed un’altra parte del PD, si può affermare che la coperta sia troppo corta per far stare tutti dentro.

Inoltre, l’esperienza dell’Ulivo (1996-2001) dovrebbe insegnarci che troppe differenze di veduta, specialmente a sinistra, non producono stabilità, ma quattro crisi di governo nel giro di cinque anni. Una soluzione possibile, anche se di difficile realizzazione entro il 2027, sarebbe, come richiamato dallo stesso Calenda durante il Congresso, una federazione di centro che comprenda, oltre a Più Europa, gli “amici del Pd con un’anima più marcatamente europeista” e “i volenterosi” di Forza Italia o di Noi moderati.

Per concludere, se da un lato questa proposta risolverebbe in gran parte il problema delle differenze di veduta, dall’altro sorgerebbero dei punti interrogativi non da poco. Come spiegare l’esclusione già annunciata da Calenda di Iv (“no a Italia Viva”) se non con un problema di personalismo? Realizzare il nuovo “Terzo polo” entro due anni è concreto o bisognerebbe darsi per vinti in vista del 2027 per strutturare il progetto in maniera più credibile? In ultimo, per il momento, Gasparri per FI e Alfieri per il PD hanno già espresso delle chiare rimostranze a riguardo (rispettivamente “No a chi ci vuole divisi” e “Che venga lui con noi”), come fare? 

Probabilmente solo il tempo o una irrimediabile frattura delle tre forze di maggioranza indicherà che è arrivato il momento del centro - a quel punto neanche i “riformisti” del PD non esiterebbero!

 

Fabio Sinisi
laureato in Lettere Classiche