Narcisi su schermo

Mariarosa Mancuso
Raccontare i modi disinvolti e la scarsa etica professionale dei giovani documentaristi

    "Documentary Now!”, con il suo bel punto esclamativo, il titolo annuncia la serie più originale dell’estate televisiva americana. Finti reportage – in gergo “mockumentary” – che satireggiano i vizi e i vezzi dei celebri documentaristi, meglio noti come “stile”. Tipi che di solito hanno una missione da compiere, un’estetica da rispettare, mille fisime per quanto riguarda il rigore o la lealtà dovuti al soggetto. E un narcisismo che spesso supera il livello di guardia.

     

    Vale come esempio Josh Schrebnick, che nel film “Giovani si diventa” di Noah Baumbach ha la faccia e i modi di Ben Stiller. Sta lavorando al suo documentario da così tanti anni che ormai il protagonista – un intellettuale di sinistra altrettanto abituato alle lungaggini incomprensibili, in forma parlata e scritta – ha i capelli bianchi. Quindi il montaggio con le sue immagini di quando era giovanotto, e già piuttosto ammorbante, risulta difficile. Nella stessa pellicola si denunciano i modi disinvolti e la scarsa etica professionale dei giovani documentaristi: che c’è di male a modificare qualche dettaglio, o a truccare qualche scena per tener desta l’attenzione dello spettatore? (Moltissimo, per i maestri della vecchia scuola che considerano gli incassi trascurabili).

     

    “Documentary Now!” – in onda dal prossimo 20 agosto sulla tv via cavo americana IFC – nasce da una costola del “Saturday Night Live”. Produce Lorne Michaels, i geni del male sono Seth Meyers, Bill Hader, Fred Armisen. I titoli degli episodi sono più che promettenti, e in qualche caso così espliciti da rivelare subito il modello satireggiato. “Sandy Passage” – “Madre e figlia una tempo mondanissime, ora ritirate in una villa cadente” - fa il verso a “Grey Gardens”, un documentario del 1975 firmato da Albert e David Maysles. Appunto, su due bizzarre signore – all’anagrafe, erano la zia e la prima cugina di Jacqueline Kennedy – finite a vivere da barbone in una casa diroccata. Il documentario originale sta alla Library of Congress, e il lavoro dei fratelli Maysles – tra gli altri titoli, “Gimme Shelter”, sul concerto dei Rolling Stones ad Altamont, quando uno spettatore diciottenne fu accoltellato dagli Hell’s Angels – viene ripetutamente evocato nel film di Noah Baumbach.

     

    “Kunuk Uncovered” è un finto documentario su un documentario – ugualmente finto – che si immagina essere il primo girato sugli eschimesi. Non è una pratica tanto rara, ripercorrere dopo decenni i passi di altri documentaristi: anche in questo la serie satirica colpisce il bersaglio. “Al Capone Festival in Iceland” finge di curiosare su un festival islandese dedicato al gangster: la caccia alle stranezze ha aiutato più di un documentarista a vincere qualche premio.

     

    IFC è la stessa televisione via cavo che trasmette “Portlandia”. Fred Armisen – uno degli autori e degli attori che compariranno nei finti documentari della nuova serie – lo abbiamo conosciuto lì, in coppia con Carrie Brownstein. Variamente truccati e mascherati (ogni episodio ospita vari sketch), satireggiano i clienti dei ristoranti che vogliono sapere se il pollo nel piatto è cresciuto libero e giocondo, e magari se aveva un nome, prima di finire in pentola. Oppure hanno nel mirino le femministe che gestiscono una libreria, e quando il figlio di una delle due arriva in visita con il nipotino non vogliono saperne il sesso. Gli cambiano il pannolino a occhi chiusi – per non restare influenzate: “Sceglierà lui quando sarà grande”. Con una potenza di fuoco simile, nessun documentarista se la caverà con onore.