
Prima di Hillary
"Selina potrebbe aprire la strada a Hillary Clinton?”. Era il titolo di un articolo uscito qualche mese fa su Les Inrockuptibles, quando la quarta stagione della serie fu trasmessa sugli schermi francesi. Dopo lo scandalo delle mail mandate dall’account privato, non si contano i giornali americani che hanno paragonato la candidata alla presidenza, nonché ex first lady, alla protagonista della serie “Veep”. L’attrice è Julia Louis-Dreyfus: erede nella vita di un considerevole patrimonio, come molti altri attori hollywoodiani, da Paul Giamatti a Armie Hammer a Rooney Mara, e lanciata dalla serie “Seinfeld” nel 1989. Con molto spirito, in uno sketch recente, un funerale vikingo – in barca, un calcetto per spingerla al largo – celebrava il suo “ultimo giorno di scopabilità” (“Last fuckable day”, quando Hollywood decide che nessun maschio, neppure novantenne, ti degnerà di uno sguardo).
I francesi erano esaltati all’idea di una fiction che anticipa la politica (in effetti, i presidenti neri esistevano nei film molto prima che alla Casa Bianca). Gli americani si dividono in due categorie. Alcuni suggeriscono che la finta vicepresidente ideata da Armando Jannucci sia un grandioso esempio da seguire (e pazienza se lo showrunner è inglese, come la serie originale intitolata “The Thick of it”, in onda dal 2005 al 2012 sulla Bbc). Altri certificano che il contenuto di certe mail – sulla fotocopiatrice rotta, per esempio – starebbe benissimo come gag in un episodio di “Veep”.
Su una cosa concordano: Selina Meyer mai si sarebbe fatta fotografare in posa da “first nonna”. E se per caso un suo addetto stampa glielo avesse proposto, qualcosa sarebbe andato storto. Pisciatina del neonato, con conseguente smorfia di disgusto della vicepresidente messa subito su Twitter. Urla e strepiti del neonato appena sistemato sulle ginocchia di Selina, come certi bambini che strillano davanti al Babbo Natale dei grandi magazzini.
Selina comincia come vicepresidente – VP, ovvero “Veep”. Oggi la serie dovrebbe cambiar titolo. All’inizio della quarta stagione (in onda dallo scorso agosto su Sky Atlantic) la scopriamo presidente. Non per meriti, nessuno l’ha eletta. Ha fatto il miracolo un coccolone che ha tolto di mezzo la concorrenza: lei si ostina a dire “morto”, o “non è più con noi”, mandando ogni volta gli spin doctor in fibrillazione. Era già accaduto quando, ancora da vicepresidente, si era lasciata scappare la parola “ritardato”, e servirono molti incontri con le associazioni preposte per lavare l’onta. E quando, tutta fiera e in preda a smanie ecologiche, decise di adottare posate fabbricate con il mais, morte alla plastica che inquina. Per ritrovarsi sola contro la lobby dei petrolieri: “Con cosa crede si fabbrichino, le forchettine da buffet?”.
Forchettine e petrolieri
Primo discorso da presidente, e primo problema. Dopo i saluti o poco più, il gobbo elettronico si fa nero. Lo staff, nella stanza accanto, cerca di rimediare, il problema non è tecnico: un accordo è andato a monte e bisogna riscrivere in fretta una parte del discorso. In quel momento esatto abbiamo ricordato una scena di “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino: Valeria Golino (vincitrice della Coppa Volpi come migliore attrice) scrive a stampatello su grandi fogli di carta le battute per gli attori della soap opera. E lascia cadere ogni foglio rumorosamente. Ma come? Non si pretende un gobbo elettronico. Un rotolo di carta, però, lo dovrebbero avere sul set. Davanti a simili sciatterie, voltare le spalle a un film napoletano per godere di una serie americana non è una colpa. E’ un atto dovuto.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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