Dix pour cent
Spogliarellista militante ecologica. E’ l’unico ruolo proposto a un’attrice con due figli (del genere pestifero e capriccioso) per il grande rientro. Lei preferirebbe rimanere a casa con i pargoli, ma ha molte tasse arretrate da pagare, e troppe proroghe per ottenerne un’altra. “Proposto” è una parola grossa: l’occasione è stata fabbricata dal suo agente, tappa dopo tappa e bugia dopo bugia. Ha ripescato dall’armadio delle sceneggiature inevase perché troppo brutte il copione di una giovane star del web, tale Augustin, già fatto riscrivere decine di volte. Si è finto entusiasta dell’ultima versione (agli occhi dei comuni mortali non distinguibile dalle altre), ha individuato un ruolo per la sua protetta (la prima a dichiararsi perplessa), ha persuaso l’aspirante regista a mettere l’attrice nel cast, ha incrociato le dita sperando nella percentuale.
“Dix Pour Cent” – appunto la percentuale degli agenti – è il titolo della serie francese che ha richiesto quasi dieci anni per arrivare sullo schermo. Da quando Cédric Klapisch (il regista che ha immortalato la generazione Erasmus in “L’appartamento spagnolo”, “Bambole russe”, “Rompicapo a New York”) ha accettato di dirigere i primi due episodi, una trentina tra attori e attrici hanno dato forfait. Lo hanno fatto dopo aver dato un’occhiata alla sceneggiatura, e capito che avrebbero dovuto interpretare la parte di se stessi. Non con le soavi dichiarazioni e le fotografie ritoccate che vediamo sulle riviste. Come appaiono ai loro agenti, in una rivisitazione della massima: “Nessuno è signore davanti al proprio cameriere”.
Non esiste nessun attore e nessuna attrice che non abbia avuto una crisi isterica alla notizia che per il ruolo agognato è stato scelto qualcun altro (chiunque sia, anche se tra i due c’è la stessa differenza che passa tra Albert Einstein e uno che non sa le tabelline, il prescelto diventa immediatamente il nemico giurato). Nel primo episodio, Cécile de France viene respinta da Quentin Tarantino, che la considera troppo vecchia per il ruolo (speranzosa, lei si stava allenando come cavallerizza, “The Hateful Eight” – uscita in America il 25 dicembre – è un western). “Troppo vecchia” non è frase che un agente userebbe neppure sotto tortura, davanti a una sua protetta. E’ scappata di bocca, in ascensore e davanti a Cécile de France medesima, a una ragazzina appena assunta. Passava di lì in un momento di emergenza, la centralinista – nonché aspirante attrice in proprio – aveva appena rifiutato la promozione e il tempo pieno.
L’ex fiamma di Hollande nel casting
L’agenzia nella fiction si chiama ASK, come Agence Samuel Kerr. Nella realtà era Artmedia, diretta dal potentissimo Dominique Besnehard, che aveva cominciato la carriera come direttore di casting. Fu lui ad avere l’idea, quasi in contemporanea con “Extras”, la serie britannica di Ricky Gervais e Stephan Merchant, di professione comparse (e nessun divo si è mai comportato bene davanti a una comparsa).
Hanno accettato di apparire in “Dix Pour Cent”, Nathalie Baye e Laura Smet (papà era Johnny Hallyday). Ancora più strana la coppia formata da Julie Gayet (a lei François Hollande portava i croissant, in tempi migliori) e dal rapper Joey Starr. In abiti, scarpini, parrucche settecentesche hanno la parte dell’aristocratica e del servo che preso da passione bacia la padrona dietro la siepe. Troppo brutale, protesta lei, appellandosi ai modi dell’epoca. I due si odiano, per una vecchia ruggine, le riprese sono in ritardo, sul set arrivano gli agenti per comporre la lite. Niente film, niente percentuale.


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