Le comiche

Mariarosa Mancuso
In un panorama di serie bizzarre, Kimmy Schmidt è ben situata per vincere il primato spiazzamento

    Il 2016 è un pessimo anno per le donne che fanno ridere” ripeteva Tina Fey ai giornalisti che la intervistavano per “Sisters” (“Le sorelle perfette” è il solito titolo italiano deviato, l’altra metà della sorellanza si chiama Amy Poehler). Era annoiata dalla stessa domanda ripetuta di continuo, un po’ perché i giornalisti hanno poca fantasia, e un po’ perché l’intervista si vende meglio se Tina Fey dichiara: “E’ un anno meraviglioso per noi comiche”. Magari dopo aver garantito che “le donne possono far ridere, perfino una bella donna in tacchi alti può riuscirci”. Invece li ha gelati tutti: “I comici maschi prendono un sacco di soldi e producono spazzatura. A noi tocca fare e rifare fino allo sfinimento, per stare a galla”.

     

    Torna in mente il consiglio che la mamma diede al giovane Michael Caine: “Impara dalla papera, sopra l’acqua sembra tranquilla ma sotto l’acqua le zampette si agitano moltissimo”. Zampetta oggi e zampetta domani, la comica del Saturday Night Live diventata celebre per l’imitazione di Sarah Palin (ora in coppia con Robert Carlock che aveva lavorato con lei alla serie “30 Rock”) ha scritto per Netflix “Unbreakable Kimmy Schmidt”. In un panorama di serie bizzarre – c’è fame di prodotto, così lo chiamano gli addetti ai lavori, per il moltiplicarsi delle piattaforme, quindi via libera ai progetti di nicchia – questa è ben situata per vincere il primato dello spiazzamento.

     

    La prima stagione è già disponibile, la seconda lo sarà a partire dal 15 aprile (già circola il trailer, con atmosfere natalizie che spiazzano ancora di più). Nelle sale è ancora in programma “Room”, il film di Lenny Abrahamson candidato all’Oscar, torna utile per spiegare di che si tratta. “Unbreakable Kimmy Schmidt” è la versione allegra della stessa trama. Comincia in un bunker, esattamente come “Room”, che racconta il riadattamento alla vita di un bambino nato prigioniero, il carceriere aveva ingravidato la madre ragazzina. Nel bunker di Tina Fey, quattro donne sono prigioniere di un reverendo fanatico che predica: “L’Apocalisse è stata causata dalla nostra stupidità”. Al passato, perché la catastrofe sarebbe già avvenuta. E le quattro si convincono che fuori non c’è nulla (aiuta un bel chiavistello sulla porta).

     

    Tra loro c’è Kimmy, una rossa di 29 anni. Appena libera, decide di partire per New York. Ha un po’ di soldi da parte che le vengono subito rubati, e una dose esagerata di ottimismo (ha resistito 15 anni sottoterra, convinta che ogni cosa si possa sopportare per dieci secondi, poi per altri dieci, poi ancora dieci). Subaffitta lo stanzino seminterrato di un attore nero continuamente respinto alle audizioni per “Il Re Leone” – “che bello, una finestra!” – ormai ridotto a girare per Times Square vestito da “Iron Man”. Trova perfino un lavoro a casa di una ricca stronza, con figlio e figliastra più stronzi di lei. Prova solo un po’ di stupore, quando scopre che anche i poliziotti hanno i tatuaggi.

     

    E il “candeggio” di Jackson?

     

    I flash back sulla prigionia sono comici quanto la nuova vita a New York, faticosa per tutti ma l’indistruttibile Kimmy sembra non farci caso. Un Natale in prigionia procura una carta geografica a punto croce, con le nazioni tutte sballate. Poi un flashback ha rivelato che la ricca e stronza moglie trofeo era nata pellerossa, prima di sbiancarsi e imbiondirsi. E via di polemiche, a cui Tina Fey ha rifiutato di rispondere: “Non si spiegano le battute”. Sta a vedere che adesso dobbiamo rimangiarci le gag sullo sbiancamento, anzi il candeggio, di Michael Jackson. No, il 2016 non butta bene, sul fronte della comicità.