Cambiare futuro
Jonathan Demme ci aveva fatto un pensierino già prima che Stephen King pubblicasse il romanzo, nel 2011. Voleva adattare e dirigere un film da “22.11.63” (“11.22.36” nell’originale): per il tema e per la riconosciuta bravura dello scrittore, un best seller annunciato. Raccontava un insegnante del Maine – tale Jake Epping – in viaggio nel tempo per impedire l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy. E conseguente perdita dell’innocenza (in verità, la prima di una serie che prosegue fino all’11 settembre).
Jonathan Demme rinunciò prestissimo, per divergenze creative con lo scrittore (il romanzo non era ancora uscito in italiano).
Questo secondo tentativo – una miniserie di 8 puntate in onda su Fox dall’11 aprile – vanta tra i suoi produttori esecutivi J. J. Abrams di “Lost”. Una scelta quasi obbligata, quando si parla di universi paralleli, e un’armonia ritrovata. Il 12 aprile uscirà da Sperling & Kupfer una nuova edizione del romanzo con la faccia di James Franco in copertina: tocca a lui la parte del professore che attraverso un passaggio segreto – tre scalini magici collocati nel retrobottega di una tavola calda famosa per gli hamburger ottimi e buon mercato – cerca di impedire a Lee Harvey Oswald di ammazzare il presidente Kennedy. Tranquilli, se siete seguaci di Oliver Stone e del suo film “J.F.K”: c’è abbastanza spazio anche per il complottismo.
Le regole dei viaggi nel tempo sono sempre un po’ ridicole. Già in “La macchina del tempo” di Herbert George Wells, anno 1895, il marchingegno trasporta corpi ma ha qualche difficoltà con gli abiti. Proprio come accade nel primo “Terminator” diretto da James Cameron: Arnold Schwarzenegger arriva nudo dal futuro, deve malmenare qualche giovanotto per rendersi presentabile. Qui i vestiti passano, con barbe e capelli. Anche se poi bisogna andare dal barbiere a farsi rasare la nuca, e rinnovare il guardaroba: il casual degli anni Zero ti rende subito sospetto, negli anni Sessanta. Ed è meglio trovare subito un posto sicuro dove nascondere il telefonino, se non vuoi essere accusato di stregoneria.
Trailer di “22.11.63”
Fa da guida e da Virgilio nel periglioso mondo dei viaggi nel tempo il proprietario della tavola calda (scopriamo poi che riesce a tenere bassi i prezzi perché compra la carne nel passato, una delle poche battute che sopravvivono nella mini-serie). Si chiama Al Templeton, è malato di cancro, cerca di convincere Jake Epping a portare a termine la missione al posto suo. Le istruzioni sono su un quadernetto che ripercorre i momenti di svolta prima dello sparo dal Texas School Books Repository. Assieme a una serie di risultati sportivi: servono per scommettere e vincere, in modo da guadagnarsi un po’ di dollari degli anni Sessanta.
Scommesse meno sicure sono le mosse che si fanno per cambiare il passato. In agguato è l’effetto farfalla, nel bene e nel male. Modifichi una cosetta da niente, e le conseguenze sono catastrofiche. “Tu non dovresti essere qui”: sono le prime parole che Jake Epping ascolta nel passato, pronunciate da un barbone profeta di sventure già nel romanzo di Stephen King. La mini-serie ci ricama fino all’eccesso, quando succedono incidenti e Jake Epping si ritrova puntualmente in mezzo. Bisogna sapere infatti che il passato non vuole essere cambiato. Fa resistenza con l’ostinazione che ha la Morte nella saga horror “Final Destination”. Per questo bisogna andare per tentativi ed errori, provarci e riprovarci. Non era il romanzo migliore di Stephen King. Non è il miglior lavoro di J. J. Abrams, e pure James Franco non appassiona.
Il Foglio sportivo - in corpore sano