Julia Louis-Dreyfus agli Emmy (foto LaPresse)

Emmy supershow

Mariarosa Mancuso

Ascolti bassini per uno spettacolo che meritava. Su tutti, due titoli che appassionano nonostante il genere.

Gli ascolti non sono stati granché. Ma nell’èra della televisione fai-da-te – spezzettata su computer, YouTube, replay, programmi a richiesta, “best of” che ripropongono i gioielli di famiglia – nessuno si piazza davanti allo schermo per restarci il tempo di una premiazione. Sia pure rapida come quella degli Emmy, gli Oscar della tv. Rispetto agli Oscar del cinema non c’è paragone, anche se poi magari Ellen De Generes arriva con le pizze e scatta il selfie delle star. Agli Emmy sono arrivati solo panini, distribuiti dagli attori ragazzini della serie Netflix “Stranger Things”. Amatissima dai nostalgici degli anni 80. Per corredo: cestino con la merenda, sandwich al burro di noccioline con la crosta tagliata via dal pan carré, casetta nel bosco, mostro che viene a portarti via.

 

Gli ascolti non sono stati granché ma lo spettacolo era eccellente, del tipo che invita a dire “certe cose le sanno fare solo gli americani”. I panini erano stati preparati dalla mamma (inquadrata con i grembiule) di Jimmy Kimmel, maestro di cerimonie che al suo arrivo ha incenerito un cronista con il microfono. Era il drago sputafuoco di Daenerys Targaryen, la bionda del “Trono di Spade” (aveva ricevuto le uova pietrificate come dono di nozze, l’ostinazione ha vinto). Ultimo fortunoso mezzo di trasporto nella marcia di avvicinamento al palcoscenico: ormai un piccolo classico delle cerimonie, ma bisogna saperlo fare.
La macchina di O. J. Simpson, che mai e poi mai commetterebbe un’infrazione.

 

La macchina di “Modern Family”, famiglia composita e gaya, con bambina vietnamita adottata. La macchina di James Corden (il britannico era nel musical “Into The Woods”, e accanto a Tim Cook nel video di presentazione dell’iPhone 7). Scaricato da tutti, Mr Kimmel incrocia il corteo presidenziale di Julia Louis-Dreyfus, nella prima stagione di “Veep” era la vicepresidente Usa. Lo scarica anche lei, quando capisce che si tratta solo degli Emmy (sentendo “premiazione” aveva capito Oscar). Chicca delle chicche, Jeb Bush “between jobs” – la formula che si usa per non dire “sono disoccupato”: lavora come autista per Uber a 12 dollari l’ora. Fa anche una battuta – sulla campagna elettorale – e Jimmy Kimmel non la capisce. Chiunque salirebbe sul drago, se ne passasse uno.    

 



 

Erano alcune delle serie candidate (le raccomandate, dicono i maligni). “Game of Thrones” ha vinto come miglior serie drammatica, con premio aggiuntivo agli sceneggiatori David Benioff e D. B. Weiss: hanno avuto il grande merito di prendere un fantasy e farsi diventare la cosa più simile a Shakespeare vista sulla tv americana. “Veep” ha vinto come migliore serie comica, speriamo non rovini la corsa a Hillary Clinton. Le altre battute della serata hanno avuto come bersaglio Donald Trump (che secondo il sito Deadline poteva contare su un solo sostenitore: l’ex uomo da marciapiede Jon Voight, padre di Angelina Jolie e candidato - sconfitto - come attore non protagonista).

 



 

Rami Malek ha vinto come migliore attore nella serie drammatica “Mr Robot”. Il giovanotto ha un aspetto esotico, la serie non lo è affatto: ripropone il caro vecchio – e americanissimo – complottismo al tempo degli hacker. “Oddio, ditemi che state vedendo la stessa cosa anche voi” ha detto dal palco, in completo bianco e papillon. Nella serie di Sam Esmail non è sempre affidabile, tra droghe e fissazioni. Eppure la serie appassiona anche noi che abbiamo in antipatia il genere. Come avevamo in antipatia il fantasy, prima della serie – e solo della serie – “Game of Thrones”.

 


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