Piaceri semplici
Sospeso per un po’ il giudizio su “Westworld”, buttiamoci su “No Offence”: squallore e puro trash
Accantoniamo per un po’ la questione “Westworld - Dove tutto è concesso”, serie concepita da Jonathan Nolan – fratello di Christopher Nolan e quindi di “Inception” – assieme alla consorte Lisa Joy. Aspettiamo (la colpa del ritardo è solo nostra, beninteso) di vedere l’ultima puntata della stagione. Per decidere se trattasi di capolavoro assoluto capace di cambiare le regole del gioco seriale (come azzardano i fan sfegatati). Oppure di “bullshit”, vale a dire stronzata (come scrive Laura Zarum su “Flavorwire”, aggiungendo: “Il divertimento sta da un’altra parte”). Titolo scelto per il finale di stagione, “The Bicameral Mind”: quindi sarà utile ripassare il saggio di Julian Jaynes uscito nel 1976 (gli stessi anni Settanta che nutrono “Il mondo dei robot”, film di Michael Crichton da cui la serie proviene). Accantoniamo per un po’ la questione “Westworld - Dove tutto è concesso” per buttarci sui piaceri semplici. Sono l’ultimo rifugio delle anime complesse, sosteneva Oscar Wilde.
In televisione, sono le serie con le guardie e i ladri. Dalla parte delle guardie: il punto di vista dell’innocente intrappolato in una rete di indizi tutti contro di lui – come in “The Night Of” di Steven Zaillian e Richard Price – già appartiene a un’altra categoria (anche qui, un precedente: la serie inglese “Criminal Justice”). Qui siamo a Manchester, primo impatto con una ragazza che scarica un corteggiatore dal taxi. “Preferisco fare da sola” gli dice, un attimo prima di aprire la portiera per scaraventare sul marciapiede la di lui stampella. Non sono ancora arrivati i titoli di testa, la gentilezza e la correttezza già latitano. Mentre stiamo cercando di capire cosa faccia la ragazza di mestiere, lei ordina al tassista si fermarsi, si leva le scarpe con i tacchi, scatta alla rincorsa di un pericoloso criminale. Lo sciagurato inciampa e finisce spiaccicato sotto le ruote di un pullman (lo rifanno con un panino pieno di salsine, nel caso il concetto non fosse chiaro abbastanza).
“No Offence” è il titolo della serie (prodotta da Channel 4, va in onda su FoxCrime dall’8 dicembre scorso). “Senza offesa”: quel che si dice un attimo prima che l’offesa scatti (ma speriamo di non patirne le conseguenze). Poche frasi sono più allarmanti, in una conversazione. Squallore. E del resto non potevamo aspettarci immagini leccate o personaggi eleganti dallo showrunner Paul Abbott, noto per la serie “Shameless” (l’americana, andata in onda nel 2011, e prima ancora la britannica, che risale al 2004): raccontava Frank Gallagher, capofamiglia alcolizzato che vive di sussidi e picchia i figlioli. Puro trash (autobiografico: “Eravamo sei in una stanza senza bagno, immaginate la puzza”). Lo ritroviamo al distretto di polizia, dove il capo nero viene sfottuto chiamandolo “Obama”. Nei bagni verdolini vengono organizzate riunioni segrete, circolano i pettegolezzi, partono le minacce. L’ispettrice bionda e (“senza offesa”) grassa spalanca la porta del bagno dei maschi e allude alle prostate dei colleghi promettendo “sarò breve”. Poliziotti poco gentiluomini a caccia di criminali per niente gentiluomini: uno rapisce le ragazze down, le violenta e le butta nel fiume (tra le vittime finisce anche una ragazza che sembra down – ma loro usano altri termini – e invece ha solo avuto un incidente in pullman). “Non direi mai che bisogna essere disturbati, per scrivere bene”, sostiene Paul Abbott in un’intervista al Guardian. Poi fa l’elenco delle brutte cose che gli sono capitate nella vita: non le consiglierebbe a nessuno, ma a lui sono servite.