The Handmaid’s Tale

“The Handmaid's Tale” funziona, perché è la fantascienza che si nutre delle nostre paure

Mariarosa Mancuso

La storia dell’ancella non è invecchiata (l’idea era venuta alla scrittrice canadese nella Berlino del 1984, divisa dal muro). La serie tv targata Hulu la ripropone senza bisogno di attualizzarla

L’incubo per una ragazza anni 70 era ritrovarsi trasformata in una moglie di Stepford. Stepford come la cittadina del Connecticut che fa da sfondo a “La fabbrica delle mogli” di Ira Levin (lo scrittore ha altre credenziali romanzesche da paura: “I ragazzi venuti dal Brasile” e “Rosemary’s Baby”). Leggiadre casette e coppie armoniose: le mogli sono devotissime ai mariti in cucina, in salotto e a letto. Scopriremo che si tratta di robot molto somiglianti, gli incomodi originali sono fatti sparire. L’evoluzione della specie sta nella serie “Westworld”, anno 2016: nel parco a tema western dove tutto è concesso senza conseguenze legali, all’androide Dolores Abernathy – l’attrice è Evan Rachel Wood – gli umani uccidono ripetutamente i genitori, prima dello stupro. Finché barlumi di coscienza cominciano a scintillare tra tanta cibernetica.

L’incubo per una ragazza anni 80 era “Il racconto dell’ancella”, romanzo di Margaret Atwood ambientato nell’immaginaria Repubblica di Galaad (da Ponte alle Grazie). Geograficamente coincide con il Maine, sul calendario siamo qualche anno dopo il 1985, quando la distopia fu pubblicata. L’ancella Difred registra il suo racconto a rischio della vita, su musicassette (terribilmente anni 80, ma allora non era nostalgia come in “Stranger Things” né revival come in “Tredici”, era la modernità).

  

Dopo un’apocalisse, gli Stati Uniti sono diventati una teocrazia – stato totalitario, diceva semplicemente il romanzo – fondata sulla Bibbia. Il tasso di fertilità era sceso a picco già prima della catastrofe, nonostante l’inseminazione artificiale e le madri surrogate. La giovane nazione – in realtà vecchissima, per la sorte che riserva alle donne – vieta la prima e istituzionalizza la seconda. Le Ancelle hanno il compito di procreare per conto terzi. Vengono affidate a coppie ricche e potenti, e dopo la cerimonia di ingravidamento – che avviene sotto gli occhi di tutti – possono solo sperare di portare a termine la gravidanza. Per il resto, celletta spoglia, abito rosso, velo a coprire la testa, non un passo fuori se non sotto rigido controllo, neanche un nome: “Difred” vuol dire “proprietà di Fred”, il maschio inseminatore. Le punizioni per chi sgarra sono atroci: “Occhio per occhio” per le ribelli, linciaggio rituale per i maschi di classe inferiore che non stanno al loro posto.

  

La storia dell’ancella non è invecchiata (l’idea era venuta alla scrittrice canadese nella Berlino del 1984, divisa dal muro). La serie tv targata Hulu – altro distributore americano di contenuti che ha deciso di produrli da sé – la ripropone senza bisogno di attualizzarla. Capita, con la fantascienza che si nutre delle nostre paure, rafforzata dalle letture e dalle ricerche che i bravi scrittori fanno (lo dovrebbero fare anche i mediocri, per durare sugli scaffali più di sei mesi). Si va dal capro espiatorio agli impiccati esposti in strada con un cappuccio che rende chiaro a tutti il crimine commesso.

  

Tra le versioni di “The Handmaid’s Tale”, un film di Volker Schlondorff sceneggiato da Harold Pinter, teatro, opera, balletto, prossimamente una graphic novel. Lo showrunner Bruce Miller ne ha ricavato dieci puntate per la tv (disponibili per gli spettatori americani dallo scorso 26 aprile) senza prendersi troppe libertà. Ha scelto benissimo la sua attrice – Elizabeth Moss che fu lanciata da “Mad Men” – e le costruisce attorno un mondo di zie puritane e collaborazioniste. Non minacciano più le fiamme dell’inferno, ti mandano a spalare i rifiuti tossici “finché ti cadrà la pelle dalla faccia”.

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