Shonda Rhimes . Foto Yoram Kahana / Shooting Star

ShondaLand. La regina delle serie tv passa a Netflix

Mariarosa Mancuso

Shonda Rhimes ha traslocato dalla Abc. Ora metterla alla prova sarà sempre più difficile

Cosa porta in dote Shonda Rhimes a Netflix, traslocando dalla Abc con le sue armi e suoi bagagli? Leggi: lo smisurato talento e la casa di produzione ShondaLand, che ha come logo un cuore circondato da un ottovolante. L’ultima volta che abbiamo sentito un nome proprio attaccato a “land” – dopo Disneyland si intende, e la Abc appartiene proprio al gruppo Disney – era per identificare il territorio dove Graham Greene ambienta i suoi romanzi: consoli ubriaconi, venditori di aspirapolvere arruolati come agenti segreti, personaggi annegati nella colpa come i cetrioli nell’aceto. “Greeneland”, appunto.

  

A una donna nera di 35 anni – tanti ne aveva quando fondò la società di produzione – serve un bella dose di sfacciataggine per dichiarare: con le mie parole ho fabbricato un universo che non c’era, e di quell’universo sarò la regina incontrastata. Da ragazzina sognava di essere Toni Morrison, e quando finalmente da grande incontrò il premio Nobel, scoprì che la scrittrice di “Amatissima” voleva parlare soltanto di “Grey’s Anatomy”. Come accadde nell’altro celebre incontro tra un premio Nobel e un lavoratore dello spettacolo: Groucho Marx andò a cena con T. S. Eliot dopo aver ripassato per bene “La terra desolata”, e scoprì che il poeta sapeva a memoria “anche le battute dei miei film che avevo dimenticato”.

  

Shonda Rhimes guadagnava dieci milioni di dollari all’anno: ben spesi, si calcola che abbia fatto guadagnare all’emittente due miliardi di dollari negli ultimi quindici anni. La cifra del nuovo accordo non è ancora resa nota, né da lei né da Ted Sarandos, Chief content officer che sta facendo per Netflix una campagna acquisti senza precedenti. Senza precedenti è anche il passaggio di una showrunner dalla televisione generalista – non una tv via cavo, che punta sugli abbonati e può osare in termini di contenuti – a una piattaforma che distribuisce contenuti in streaming.

  

Il giovedì sera era il suo

Alla Abc Shonda Rhimes aveva conquistato lo spazio che in gergo ormai si chiama Tgit. Sta per “Thank God It’s Tuesday”: al giovedì era programmata “Grey’s Anatomy” (da 14 stagioni), seguita da “Scandal”, prima serie con una protagonista nera – e verrebbe voglia di aggiungere ricca e di successo – dagli anni Settanta (sei stagioni, la settima a ottobre). Dal 2014 i giovedì a Shondaland si completano con “How To Get Away With Murder”, condensato per l’hashtag in #HTGAWM. Un legal thriller, con studenti della facoltà di Legge allenati – non si trova altro termine: li interroga a bruciapelo, li fa gareggiare tra loro sullo stesso caso – da Annalise Keating (l’attrice è Viola Davis). Una brillante avvocatessa nera che si trova implicata in un delitto: nel campus a Philadelphia circola una sua foto con la scritta “killer”. Serve per misurare la distanza da Perry Mason, che non poteva essere neppure sospettato. E dal cinema che arranca, a Natale vedremo “Delitto sull’Orient Express” diretto da Kenneth Branagh che dopo essersi dilettato con Shakespeare ripiega su Agata Christie.

  

Se la annunciano come “la più importante showrunner donna e nera”, lei fa cancellare “donna” e “nera” (in effetti, non se ne vedono tanti altri all’orizzonte). Le serie già avviate resteranno alla Abc, con Netflix il futuro è da inventare. C’è da immaginare – per esempio – come il binge watching (tutte le puntate di una serie rilasciate in un sol colpo) potrà conciliarsi con il seguito che Shonda Rhimes ha sui social. Vedere una serie ogni giovedì, tutti insieme, fa comunità e produce tweet. Vederlo da soli, nelle dosi che uno preferisce, non produce lo stesso effetto.

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