La nicchia perfetta
Lasciate stare le serie con gli adolescenti suicidi, su Netflix ce n’è una che è la fine del mondo
Dimenticare “Tredici”. Se già non l’avete fatto: l’unica qualità della serie di Brian Yorkey era farsi celebrare dagli educatori e dai genitori mentre diseducava i ragazzini. Tale e quale a “L’attimo fuggente” di Peter Weir: i grandi sognavano di predicare la libertà in piedi sulla cattedra come Robin Williams, gli adolescenti sognavano di strappare le pagine dei libri (e magari scrivere poesie, fioriscono come i brufoli). “Tredici” fece dibattere sul bullismo, protagonista una ragazzina suicida che registra tredici nastri per incolpare genitori, amici, insegnanti. Esattamente quel che passa per la testa di un adolescente in preda a pensieri neri. Non andrebbe incentivato.
Dimenticare “Tredici” e correre a guardare “The End of the F***ing World”, otto episodi su Netflix che durano come un film (di due ore e mezza, che vanno via veloci, siamo lontani da chi vorrebbe infliggere in una sola soluzione storie lunghe otto ore, ormai le serie hanno i vezzi dell’arte). Il merito va a Jonathan Entwistle, che già nel 2014 aveva lavorato sulla graphic novel di Charles Forsman – l’editore italiano è 001 – ricavandone un film per la tv. C’era già Jessica Barden, che torna qui nella parte di Alyssa, adolescente disadatta finché non avete visto il giovanotto a cui si accompagna.
“Ho 17 anni e credo di essere uno psicopatico”. Così si presenta James, aggiungendo come prove il non capire le barzellette, l’aver infilato la mano nel tritarifiuti (nella serie, una friggitrice con l’olio bollente), e di aver ucciso molti animali di piccola e media taglia: passerotti, gatti, conigli. Ora intende passare ad animali più grandi. Per questo finge di innamorarsi di Alyssa. Tiene un coltello da caccia a portata di mano – glielo ha regalato papà per il tredicesimo compleanno – e aspetta l’occasione giusta.
Netflix ha a cuore le nicchie (ci potrebbero essere abbonati necrofili, altri che non si scompongono davanti alla crudeltà dei ragazzini). Ma “The End of the F***ing World” è troppo geniale e carico di black humour per saltar fuori da una ricerca di mercato, meno che mai americana. La produzione è targata Channel 4, l’emittente che mandò in onda le prime due stagioni di “Black Mirror”. Da cinema americano sono le inquadrature, anche se la serie l’hanno girata nel Kent: pub in mezzo al nulla, benzinai da rapinare, case mobili arredate con divani sfondati.
La diciassettenne vorrebbe essere baciata (lo sappiamo dalla sua voce fuori campo intrecciata con i dialoghi). Lui la lascia avvicinare ma tiene pronto il coltello dietro il cuscino del divano. Entrambi hanno famiglie che considerano impresentabili, decidono di fuggire da casa: lei per cercare il padre che non vede da anni, lui per ucciderla con più agio. L’orco lo incontreranno davvero – perché non è mai come lo si dipinge, e il coltello servirà ad altri scopi. Come due giovanissimi Bonnie & Clyde (lei intanto si è fatta bionda per non farsi riconoscere) a un reato ne aggiungono un altro. Come nelle favole, si perdono nel bosco e ne escono cresciuti.