Sogni elettrici
La risposta di Amazon Video a “Black Mirror” è in dieci puntate tratte dai racconti di Philip K. Dick
Siamo bollicine in una pinta di birra con la schiuma. Ogni tanto succede che qualcuno, da dentro la sua bolla, riesca a vedere chi versa la birra”. Lo disse Philip Dick al suo esterrefatto psichiatra, che rilanciò con una domanda: “Non ha mica preso quella droga allucinogena di cui parlano i giornali? L’acido lisergico che i dottori più chic di Los Angeles danno ai pazienti come Cary Grant?”.
Philip Dick non aveva preso niente. Niente più del solito, si intende: la solita dieta di anfetamine era più che sufficiente, grazie alle pasticche poteva lavorare a ritmi serrati. Se non proprio scrutare “chi versa la birra”, poteva chiedersi se gli androidi “sognano pecore elettriche”. Come nel titolo del racconto che ha dato origine a “Blade Runner” di Ridley Scott. E che ha sottratto Philip Dick alla fantascienza con gli omini verdi per consegnarlo alla letteratura e basta, capace di incuriosire un biografo appassionato come Emmanuel Carrère.
“Io sono vivo e voi siete morti”, dice la copertina del libro, dove il francese cerca di decifrare trame oscure anche a Philip Dick medesimo. Esce da Adelphi, fu l’involontario protagonista di una clamorosa gaffe letteraria. Carrère aveva chiesto un incontro a Jean-Claude Romand, in carcere per aver sterminato la famiglia (doveva nascondere una menzogna lunga vent’anni, non si era mai laureato e non faceva il medico). Allegata alla lettera, una copia omaggio di “Io sono vivo e voi siete morti”. (Andò comunque e finir bene, ne uscì “L’avversario”).
Netflix ha comprato la serie “Black Mirror”. Amazon Video risponde con “Electric Dreams”, serie tratta dai racconti di Philip Dick (anche questa prodotta da “Channel 4”). Puro Philip Dick, ovvero la fantascienza che per inquietare pesca dentro di noi: memoria, identità, sonno, veglia. Il genere fu un ripiego, l’aspirante scrittore avrebbe preferito il New Yorker (morì alla vigilia di “Blade Runner”, ma era così paranoico che il successo mondiale lo avrebbe probabilmente messo in agitazione). Ma le riviste consentivano un apprendistato decentemente pagato. Suggerisce Carrère: se avessero avuto tra le mani la Bibbia, l’avrebbero divisa in due parti: “Il signore del caos” e “La cosa con tre anime”.
“Molti sostengono di ricordare una vita passata. Io sostengo di ricordare un’altra, diversissima, vita presente. Ho il sospetto di non essere l’unico ad aver fatto l’esperienza. Unica è la mia disponibilità a parlarne”. Sempre Philip Dick, starebbe bene per introdurre “Real Life”, il primo episodio della serie antologica (cambia sceneggiatore, registi, attori ogni episodio, vederne uno non impegna al proseguimento “per vedere come finisce”).
Di doppia vita si tratta, in “Real Life”. I potenti mezzi della tecnologia futura ripropongono l’annoso problema del re che ogni notte sogna di essere un mendicante e del mendicante che ogni notte sogna di essere re. Chi vive più felice? Abbiamo un poliziotto con un visore a caschetto (oggi), e una poliziotta con un magico dispositivo da applicare alle tempie (nel futuro). Entrambi in comunicazione diretta con l’inconscio. Chi dei due è la fantasia dell’altro? Il dubbio viene alla poliziotta, lesbica con una moglie innamoratissima e sensuale. Mi sembra di vivere “in una fantasia maschile d’altri tempi”, riflette. La fantasia femminile è nell’episodio “Human Is” con Bryan Cranston (anche produttore dei dieci episodi). Il marito violento torna dallo spazio gentile e amoroso. Forse nel suo corpo si è annidato un alieno, ma in fondo va bene così.