La televisione ha fatto il pienone agli ultimi Oscar
Non solo “Roma”. Prima gli attori nemmeno guardavano il piccolo schermo
"Gli Oscar cancellano la linea che separa il cinema dalla televisione", scrive Deadline. Non c’entra “Roma” di Alfonso Cuarón. Né Guillermo del Toro, l’altro messicano che ha conquistato Hollywood: oltre a “Pinocchio” – film d’animazione, proprio mentre la Disney ha rifatto live “Il Re Leone” e pure “Dumbo” – si sta dando parecchio da fare con le serie. C’entrano i quattro attori che hanno vinto gli Oscar: i protagonisti Olivia Colman e Rami Malek, i non protagonisti Regina King e Mahershala Ali (già la seconda statuetta in tre anni, dopo “Moonlight”; possiamo solo augurargli buona fortuna: ne aveva vinte due, a distanza ravvicinata, la sparita Hilary Swank). Tutti e quattro hanno la loro serie televisiva.
Mai sarebbe successo, fino a qualche decina di anni fa. Lavoravano in televisione solo gli attori che avevano cominciato la carriera in televisione. O quelli che avevano cominciato al cinema, ma non erano riusciti a sfondare. “Ci sarebbe qualcosa in televisione”, sussurrava l’agente. L’attore contrariato faceva un segno per dire “ma neanche per sogno, piuttosto muoio di fame”. Dustin Hoffman in “Tootsie” va all’audizione per una serie televisiva quando ha perso ogni speranza di lavorare in teatro. A quel punto, travestirsi da occhialuta signora di mezza età era il male minore.
Quattro attori premiati con l’Oscar 2019 su quattro. E sono serie di primissima scelta, non vecchi programmi ricuperati per godere di luce riflessa: quanti avevano sentito il nome di Olivia Colman, prima di ammirarla in “La Favorita”? (e chi se la ricordava da “Broadchurch”?).
Nella terza stagione di “The Crown” – su Netflix verso la fine del 2019 – Mrs Colman sarà la Regina Elisabetta, ricevendo il testimone da Claire Foy. Siamo nel 1964, è nato il principino Edoardo, l’intero cast è cambiato: “A trent’anni si cammina in maniera diversa che a 50”, fa notare lo showrunner Peter Morgan. E invecchiare gli attori con trucchi pesanti non usa più. Le prime foto mostrano Olivia Colman con il cappottino arancione bordato di pelliccia, avrà già imparato a fare “ciao ciao” con la manina.
La prima volta che abbiamo visto Rami Malek, spuntava dal cappuccio della felpa, con gli occhi spiritati, nella serie “Mr Robot” di Sam Esmail. Trafficava con l’informatica, viveva una topaia, era preso di mira dal Mr Robot del titolo, anarchico-insurrezionalista (altisonante per “sfigato in guerra con il mondo”) che voleva cancellare i debiti dei poveri con le banche, e distruggere qualche multinazionale cattiva. Si avvertiva anche un sentore di pillola rossa in stile “Matrix”: siccome siamo contrari, e preferiamo le superfici alla profondità, siamo passati ad altre serie. Ma per colpa degli occhi spiritati non siamo riusciti a divertirci con “Bohemian Rhapsody”: altro che Freddie Mercury, era sempre il confuso & infelice Rami Malek.
Mahershala Ali è nella terza stagione di “True Detective”, con Stephen Dorff. Con successo, a giudicare da quel che si legge e si dice in giro (su Sky Atlantic, anche on demand e in versione originale, pronta per quando avremo il tempo di vederla). Regina King, tra i quattro la meno conosciuta – l’Oscar è arrivato per “Se la strada potesse parlare” – sarà in “Watchmen”, la serie di Damon Lindelof in arrivo su Hbo. Per non farsi mancare nulla, e per non irritare Alan Moore – l’autore del fumetto illustrato da Dave Gibbons, sempre scontento quando il cinema adatta cose sue – ha scomodato il Vecchio e il Nuovo Testamento. Lindelof ha provveduto al Nuovo, che non toglie di mezzo il Vecchio, ma si prende parecchie libertà.