Delitti e bestseller
Annaud punta sull’ispirazione letteraria per “La verità sul caso Harry Quebert”. Ne esce un lavoro pulito
Giacomo Battiato dirige una serie dal bestseller “Il nome della rosa” di Umberto Eco, e tutti fanno a gara per dichiarare “non ho visto il film di Jean-Jacques Annaud con Sean Connery, ho preferito ripartire dal romanzo” (in un’industria televisiva che voglia dirsi tale, andrebbero denunciati per scarsa preparazione, l’equivalente di “ignoro la storia del cinema per paura di restarne influenzato”). Jean-Jacques Annaud fa il percorso inverso, dal cinema alle serie televisive. Anche qui c’è un bestseller, “La verità sul caso Harry Quebert”, firmato dallo svizzero Joël Dicker. Un tentativo di grande romanzo americano – oltre 700 pagine – scritto in francese e ambientato nel Maine. Incassando gli applausi dei lettori, le lodi degli accademici francesi (qualcuno di loro, ebbene sì, non disdegna il poliziesco), l’invidia degli scrittori che un pubblico se lo sognano.
Le dieci puntate de “La verità sul caso Harry Quebert” vanno in onda su Sky Atlantic, a partire da oggi. Per visioni più fameliche, sempre da oggi sono in streaming tutte insieme su Sky Box Sets. Harry Quebert è uno scrittore di successo, un romanzo intitolato “Le origini del male” gli ha procurato soldi e celebrità. Insegna “scrittura creativa” all’università, e lì conosce Marcus Goldman, un giovanotto che sa come attirare l’attenzione degli altri studenti e del professore: parte da una difesa di Bill Clinton nel caso Lewinsky, ma in realtà vuole spacciare la sua rivistina letteraria, cinque dollari a copia.
Qualche anno dopo, Marcus Goldman è diventato uno scrittore da un milione di copie e da un milione di anticipo. Dal primo romanzo è trascorso un anno, dovrebbe consegnare il secondo, ma non ha scritto una sola riga, e non ha nessuna idea per cominciare. La mamma ebrea peggiora la situazione, vorrebbe vederlo sistemato con una brava ragazza: “Sei omosessuale? Hai detto di no quindi significa sì. Ti piacciono le donne? Le donne? Fattene piacere una sola e sposala”. E allora, fuga da New York. Verso l’oceano dove Harry Quebert si è ritirato, gran bella casa sulla spiaggia, e intorno tanti gabbiani. Al caffè, una targa dorata: “A questo tavolo è stato scritto ‘Le origini del male’”.
Sulla fiducia che gli scrittori nutrono nella natura ispiratrice si potrebbero scrivere pagine di sdegno. A Marcus però non interessano le onde, vuole chiedere consigli al suo professore – intanto i capelli dell’attore Patrick Dempsey da corvini che erano sono diventati bianchi. Poco dopo succede il fattaccio: nel terreno attorno a casa i giardinieri hanno trovato il cadavere della quindicenne Nola Kellergan, seppellito con una copia del manoscritto intitolato “Le origini del male” – un vero manoscritto, in rotonda calligrafia, anche se le macchine per scrivere nel 1975 era già state inventate. Data per scomparsa, all’epoca. Bastano le prime indagini per scoprire che lo scrittore e la ragazza si conoscevano.
“Volevo scrivere qualcosa che procurasse al lettore il piacere da me provato guardando ‘Homeland’. Prima vedi una puntata, poi ne vedi quattro di seguito stando sveglio la notte, il giorno dopo non riesci a lavorare”. Parola di Joël Dicker, che ha apprezzato la serie (e intanto ha messo Marcus Goldman al centro di un altro romanzo fiume, “Il libro dei Baltimore”, se interessa un seguito). Jean-Jacques Annaud fa un lavoro pulito, ma non riesce a eliminare la voce fuori campo. Punta sull’ispirazione letteraria, il suo folclore e le sue origini: serve un delitto per scrivere un bestseller? E voi, scrittori in crisi, non avete la tentazione?