Il nostro amico Pomicino esulta per il ritorno alla Prima Repubblica. Postilla
Chi ha scritto a Claudio Cerasa mercoledì 14 dicembre
Al direttore - “Insomma, il referendum è servito a far durare quattro mesi in più l'assessorato Muraro”.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Non sempre è vero che la storia, come diceva Karl Marx, si ripete una volta come tragedia e una volta come farsa. Qualche volta la conoscenza della storia può aiutare il futuro. E’ il caso del nuovo presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che nel suo cognome condensa un episodio della storia nazionale che cambiò la vita politica del paese. Il suo trisavolo, il conte Vincenzo Gentiloni, infatti, siglò, nella qualità di presidente dell’Unione elettorale cattolica italiana, il patto tra i cattolici e i liberali di Giolitti in vista delle elezioni politiche del 1913. Il patto Gentiloni fu una svolta nel rapporto tra cattolici e stato unitario tanto che il Papa Pio X tolse il “non expedit” che impediva ai cattolici di partecipare alla vita politica italiana. Quel fatto, negli anni successivi, portò alla fondazione del Partito popolare di Luigi Sturzo. Ricordiamo questo episodio storico perché oggi si presenta una questione politica e sociale in qualche maniera simile. Ieri c’era la diaspora tra i liberali risorgimentali e i cattolici, oggi in assenza di un partito democratico cristiano c’è non solo una frantumazione di quanti lo erano ma c’è una distanza tra i socialisti del Pd e un’area moderata rappresentata da cattolici liberali. Sembra strano come questo sia potuto accadere in Italia che fu, dagli anni Sessanta in poi, l’antesignana di un solido rapporto di governo tra democristiani e socialisti. Oggi in molte grandi democrazie parlamentari europee, il governo è retto da questo tipo di alleanza. In Germania, in Austria, in Spagna per citare i maggiori paesi, questa collaborazione governativa consente governi solidi capaci di resistere alle tentazioni populistiche e nazionalistiche che emergono un po’ ovunque e garantiscono che alla maggioranza parlamentare corrisponda anche una maggioranza nel paese. Da 24 anni l’Italia ha cambiato direzione scambiando per modernità quella democrazia bipolare sostenuta da un sistema maggioritario che poneva al centro del dibattito politico lo scontro e la reciproca delegittimazione. Un’ubriacatura che ha fatto immaginare a molti che non si poteva essere socialisti se non si aveva nello stesso partito parte della sinistra democristiana e ad altri di intravedere in questo “cauto connubio” come lo avrebbe definito Giulio Andreotti, la vecchia vocazione comunista. Il risultato è stato vent’anni di scontri, di scomparsa della democrazia nei partiti che sono diventati sempre più personali e di una selezione cortigiana della classe dirigente con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ma perché l’attuale presidente del Consiglio potrebbe ripetere, mutatis mutandis, l’opera del suo trisavolo, ieri con i liberali oggi con i socialisti? Perché l’unica differenza tra Renzi e Gentiloni è il tono, più basso e forse più persuasivo. E chissà che in questa crescente decantazione ciascuno torni alla propria cultura di appartenenza e una volta separati scoprano come l’interesse del paese stia in una forte collaborazione tra il cattolicesimo politico e il socialismo. L’Italia la scoprì e oggi larga parte dell’Europa l’ha fatta propria, anche per affrontare al meglio la vera sfida che la politica ha di fronte a sé, quella di contenere i guasti del capitalismo finanziario che sta dissolvendo la coesione delle società nazionali alimentando diseguaglianze e populismi. Un’utopia la nostra? Può darsi, ma la forza della processualità politica prima o poi si incaricherà di indicare al paese il vecchio percorso sul quale si è incamminata oggi larga parte dell’Europa.
Paolo Cirino Pomicino
Ho un’idea diversa, caro Pomicino. Per provare ad arginare le forze anti sistema ci sono due strade. La prima è quella che propone lei: arrendersi al tripolarismo e contrastarlo attraverso la costruzione di un grande partito di centro (grande coalizione a vita). La seconda è quella che piace a noi: le forze anti sistema sono un fenomeno passeggero, e l’unico modo per non renderle passeggere è quello di creare un sistema politico senza competizione, dove trionfano i poteri di veto e dove i grandi partiti si condannano al suicidio. Il tripolarismo o lo si asseconda o lo si combatte. Con la strada della grande coalizione permanente ho paura che si sia scelto di assecondarlo. Vedremo. Grazie.