I poteri forti intercettati mentre scoprono cosa vuol dire zeru tituliness
Al direttore - Inquietante rappresentazione dei nostri poteri forti nella vicenda delle intercettazioni su Rcs: zeru tituli.
Giuseppe De Filippi
Proviamo a fare uno sforzo e a tralasciare il fatto che – nonostante lo sforzo generoso del Fatto quotidiano che anche oggi ci offrirà altre ragioni per considerare Virginia Raggi innocente fino a prova contraria – in Italia la cultura garantista è stata seppellita sotto una montagna di rutti liberi e che ormai tutto è diventato lecito. Anche che un ex presidente della Repubblica possa ritrovare le sue parole – per fatti penalmente irrilevanti – stampate a caratteri cubitali su quasi tutti i giornali d’Italia. Proviamo a far finta che tutto questo non sia importante (ma lo è) e concentriamoci sul singolo fatto e la vicenda di cui hanno parlato ieri gli amici di Panorama (ritirando fuori delle conversazioni già pubblicate sui giornali due mesi fa) in cui si dà conto di come “Napolitano si adoperi per creare un asse tra Bazoli e il suo successore, Mattarella” (i magistrati, ormai, si occupano anche di scrivere retroscena finanziari). Se si guarda al dito si dice: i poteri forti – scandalo, oltraggio! – hanno tramato per determinare gli equilibri del Corriere della Sera. Se si guarda alla luna si noterà invece qualcosa di diverso. Il salotto buono italiano non vedeva di buon occhio l’ingresso in Rcs di Urbano Cairo, e questo si sa. Ma quando al salotto buono si contrappone non solo un altro salotto ma un’operazione di mercato alla fine non ce n’è per nessuno: con un progetto industriale convincente, di solito, il capitalismo incentrato sulla competizione batte il capitalismo fondato sulla relazione. Ciò che conta è questo. Il resto, al massimo, è il solito concorso esterno in associazione di gossip.
Al direttore - “Le ingiuste detenzioni – ha detto Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm, a Bruno Vespa – sono quelle in cui uno è stato colpito da custodia cautelare e poi viene assolto. Il che non significa che siano tutti innocenti, anzi. Anzi…”. Come dovremmo definire costoro, dottor Davigo? Diversamente colpevoli? E quando il ministro Enrico Costa ha provato a controbattere, il presidente dell’Anm si è inalberato, aggiungendo: “Se uno viene assolto, significa che manca la prova!”. La più efficace risposta al gelido giustizialismo di Davigo è la rilettura e la meditazione di queste parole: “Io sono innocente! Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti, che sono emersi da questo dibattimento. Io sono innocente. Spero, dal profondo del cuore, signori giudici, che lo siate anche voi!”. Così Enzo Tortora (1928-1988) si rivolse ai giudici, il 15 settembre 1986, al termine del suo dramma giudiziario, iniziato, con le manette ai polsi, nell’estate del 1983. La Corte d’Appello di Napoli lo assolse, con formula piena, dall’accusa di associazione camorristica, giudicando completamente mendaci e inattendibili i pluriassassini, “pentiti”, che lo avevano accusato. Le toghe, che decisero l’arresto e la lunga detenzione del giornalista, che si ammalò in cella, hanno fatto tutti splendide carriere. Un cordiale saluto.
Pietro Mancini
Per Davigo non esistono innocenti, esistono solo colpevoli non ancora scoperti.
Al direttore - Le parole di Gozi sono assolutamente condivisibili e infondono anche speranza. Come quelle di Cerasa. Auspico un’affermazione di Macron per la Francia, ma soprattutto per l’Europa e per quello che la Francia rappresenta e potrebbe rappresentare per la Ue. Una vittoria della destra lepenista, dopo la Brexit, sarebbe un colpo difficile da incassare e condurrebbe le istituzioni europee verso un declino che io non riesco a immaginare, ma col quale dovremmo fare i conti.
Lorenzo Lodigiani