Consiglio per il prossimo Lingotto: imparare a memoria Nordio
Le lettere al direttore Claudio Cerasa di martedì 14 marzo
Al direttore - Ho ascoltato Renzi al Lingotto e ho apprezzato le sue parole sulla giustizia. Mi chiedo però una cosa: ma perché nessun politico oggi ha il coraggio di dire una cosa ovvvia sul fatto che il modo migliore per favorire equilibrio tra politica e magistratura è smetterla di regalare ai magistrati strumenti per fare quello che vogliono con chi vogliono nelle indagini a prescindere da quali sono le prove?
Carlo Cantoni
Al prossimo Lingotto, o alla prossima Leopolda, Renzi dovrebbe invitare Carlo Nordio, che ieri sul Messaggero ha scritto parole definitive per esempio sul traffico di influenze e sull’abuso d’ufficio, “reati così generici e onnicomprensivi da legittimare un’indagine preliminare contro qualsiasi sindaco, assessore o ministro”. Il populismo penale, ovvero il vizietto di fare nuove leggi per tappare la pancia del popolo assetato di sangue, aiuta nel breve periodo la politica a non essere inghiottita dalla furia anti casta, ma sul lungo periodo genera mostri, e senza combattere questi mostri la politica è destinata a essere sempre più schiava della Repubblica dei pm.
Al direttore - Matteo Renzi e Lingotto 2. Quanto più i settori anti renziani cercheranno di sminuirne, criticarne, ridicolizzarne l’importanza e il peso seminando zizzania, sciorinando le solite, logore, ripetitive, stucchevoli, litanie moral/giustizialiste, tanto più significherà che hanno avuto successo. Elementare Watson. Ora spetta a Renzi maneggiarlo con cura e accortezza. Il primo nodo sarà con quale legge elettorale si voterà. Se dovesse rimanere un proporzionale puro, non sarebbe opportuno che il Pd dichiarasse all’unisono, compattamente, esplicitamente, che non farà mai alleanze di governo col M5s? Sarebbe stato meglio se anche Emiliano se ne fosse andato. Già, perché è evidente che tutti gli avversari di Renzi puntino a disgregare, dividere il Pd per spianare la strada al governo dei 5s. Ulivo/Unione, un fallimento soprattutto, innanzitutto culturale di personaggi che idearono di grattare il fondo del barile per farci una maggioranza di governo. Roba da disperati senza idee. Girano voci che qualcuno ci vorrebbe riprovare.
Moreno Lupi
E’ così. Dia un’occhiata ai nostri editoriali.
Al direttore - L’Italia si adegua ad altre potenze economiche: premia il merito? Favorisce l’impresa? Combatte la corruzione? Velocizza la giustizia? Macché! Introduce la “flat tax sui paperoni”. Sei un riccone con residenza all’estero da almeno nove anni e la trasferisci qui? Per i prossimi quindici, a prescindere dall’entità anche milionaria dei tuoi averi, pagherai al fisco un forfait annuo di centomila euro. E’ il giochetto grazie al quale il francese Depardieu è divenuto il miglior amico di Putin. Ovviamente nessun beneficio per l’Italia in termini di investimenti concreti, ma il solo lustro di annoverare tra i cittadini un high net worth individual, con le parole dell’Agenzia delle entrate, volgarmente tradotto in: persone con un alto patrimonio. Perché il fatto stesso di essere ricchi, a prescindere dal come lo si sia divenuti o di cosa si intenda farne della ricchezza, è divenuto un merito riconosciuto dallo stato. Ciò che disturba non è che qualche star milionaria si trasferisca a buon mercato nelle proprie magioni fortezza immerse nella natura italiana, ma che alcuni furboni nostri connazionali, che per sfuggire al fisco hanno preso residenza a San Marino, Londra o Lussemburgo, rientrino in patria pagando uno zero virgola zero, zero, zero, del reale onere fiscale a loro carico. Il primo sponsor di questa misura, manco a dirlo, è Flavio Briatore, che imperversa nei talk-show sciorinando incontrastato le sue certezze e chi si permette di levare obiezione fa la fine di Luisella Costamagna, seccamente invitata dal suddetto “ad alzare il culo e andarsene” e con lei buona parte degli italiani onesti.
Marco Lombardi