Un grillino che a Ivrea usa a caso la parola "nazisti". Chi l'avrebbe mai detto?
Al direttore - Passi pure che a Ivrea si ricordasse il primo anniversario della morte di Gianroberto Casaleggio, ma pretendere di immaginare il futuro all’interno di un cimitero (ancorché industriale) può portare solo iella. Ancor più singolare è l’idea di proporre in quella sede la “tassazione dei robot”. Lo stabilimento di Ivrea, già all’avanguardia cinquant’anni or sono, si trasformò in breve in un’azienda fallita proprio perché non investì in innovazione tecnologica. E perse irrimediabilmente la corsa con i suoi competitori internazionali. Bisogna avere il gusto del macabro per tornare lì. Come parlare di corda in casa dell’impiccato.
Giuliano Cazzola
Geniale. E diabolico. Aggiungo una cosa, un dettaglio su Ivrea, sul simpatico pomeriggio trascorso sabato a casa della Fondazione Casaleggio. Enrico Mentana, come avrete visto, era uno degli ospiti di una sessione organizzata da Davide Casaleggio e associati vari. Mentana, pur essendo stato invitato dai grillini, che probabilmente apprezzano il direttore anche per lo spazio non esattamente minimale che La7 di Urbano Cairo offre alle tesi e alle posizioni del Movimento 5 stelle, non ha fatto un discorso grillino, anzi, ed è stato anche bravo sui vaccini usando parole che nessun grillino utilizzerebbe mai. Mentana però sapeva bene che la sua presenza, come quella di molti altri, a un evento organizzato dal figlio del fondatore del Movimento 5 stelle non poteva che essere letta anche come una presenza in un certo senso politica e per giustificare il suo essere lì a Ivrea ha utilizzato una frase significativa, che riportiamo: “Nel mondo normale si può andare ovunque, se non si ritiene reciprocamente disdicevole la propria presenza”. Per alcuni sarebbe stata disdicevole la sola presenza a un dibattito organizzato dal capo dell’azienda che guida da remoto un partito che truffa gli elettori con la balla della democrazia diretta, che alimenta la gogna, che strizza l’occhio ai nemici di Israele. E per molti sarebbe stato sufficiente ricordare che farsi vedere a due passi da un comico che ha dato della “vecchia puttana” a Rita Levi Montalcini, che si diverte a utilizzare le immagini del cancello di Auschwitz per fare paragoni con la P2 “P2 macht frei”), che ha chiesto di trasformare la Val di Susa nella “Striscia di Gaza dell’Europa”, che consente che i suoi post siano pieni zeppi di commenti antisemiti (bisognerebbe chiedere a Gad Lerner quante volte sul blog di Grillo, gestito dalla Casaleggio, si è ritrovato a leggere commenti sul suo “naso adunco”, ce n’è uno lì dal 5 febbraio 2012), che ha paragonato a un gerarca fascista (Eichmann) un imprenditore (Romiti) dicendo che “uno ha gasato tre milioni di persone per un ideale distorto; l’altro gasa milioni di persone per un conto corrente”, per alcuni sarebbe stato sufficiente tutto questo per dire no, grazie. Ma a Ivrea la compagnia non era disdicevole, quindi tutto bene e tutti contenti. Se non fosse che, almeno per i nostri criteri minimi, qualcosa di disdicevole a Ivrea c’è stato. Almeno ci pare. Questo un piccolo passaggio tratto da un intervento di Maria Rita Parsi, psicologa e scrittrice: “I miei colleghi, i miei maestri, quelli che hanno avuto il costume di decodificare il linguaggio non-verbale, oltre che quello verbale, hanno parlato tanto a lungo del comportamento e dell’atteggiamento fisico dei nazisti, dei fascisti, dei toni, dell’uso della voce, c’è la terapia psico-vocale, si capiscono un mare di cose. Come mai tutti questi strumenti non vengono mai usati per parlare della salute mentale di chi ci governa? Io direi, scusate, se vogliamo capire il futuro del mondo mettiamo le nostre famiglie e i nostri bambini in mano a gente che la salute mentale ce l’ha. O che, se non ce l’ha, si cura”. Una psicologa grillina che usa a casaccio parole delicate come “nazista”. Chi lo avrebbe mai detto di trovare un caso del genere, proprio lì, nel fantastico mondo della Casaleggio associati?
Al direttore - A chi deve dare retta il lettore del Corriere? A Paolo Mieli che, in prima pagina, scrive che l’uso di armi chimiche è “comprovato” oppure a Paolo Valentino, per il quale, a pagina 10, “non ci sono prove inconfutabili”?
Massimo Boffa
Deve dare retta ai fatti riportati da Daniele Raineri, imparando a memoria il suo bellissimo inserto di ieri: per fare la guerra dura all’Isis non serve la tessera del partito Baath siriano.
Al direttore - Dare ai governi il potere di imporre all’ex monopolista telefonico di vendere la sua rete, propone con un emendamento di Patrizia Toia, capogruppo del Pd a Strasburgo. Posto che l’obbligo a vendere equivale a esproprio, e questo richiede il risarcimento, chi lo paga? Investono tutti, Telecom, Enel, Metroweb, Vodafone, la 3; sta arrivando il 5G. Possibile che la sinistra stia sempre lì, a giocar con le bambole e i soldatini?
Franco Debenedetti
Al direttore - Ieri hanno arrestato il capo dell’Agenzia delle entrate di Genova e il presidente dell’aeroporto di Lamezia Terme, oltre ad aver posto sotto indagine il provveditore della Asl n. 1 di Napoli (la più grande del Mezzogiorno). Tutti sono accusati di aver tentato di alterare gare o incassare mazzette. Vedremo i processi, ma intanto dovremmo tornare a ribadire con forza che nella Prima Repubblica si rubava come non mai!
Roberto Arditti
Al direttore - Il nodo del suo ragionamento, caro direttore, a proposito del manifesto del buon senso contro i professionisti della fuffa, è che quando “sparar cazzate” è diventato l’esperanto dell’informazione e del modo di somministrarla e la maniera più sicura per avere visibilità e strappare consensi, il nodo, dicevo, più che in chi le spara è nelle platee che le fanno loro. Non si generalizza un metodo, “sparar cazzate”, se il raccolto non è copioso. Già, le platee. Non sono entità cui chiedere di elaborare razionalmente, in punto di diritto, di pragmatismo, di sguardo lungo, i loro “sentire”. Per cui ben incitò Grillo in occasione del 4 dicembre: “Votate con la pancia”. Infatti il referendum costituzionale, che non era “sparar cazzate” è stato battuto dal fuoco di fila delle cazzate. Difficile, da noi quasi impossibile, uscire dallo “sparar cazzate”, le masse ci vivono sopra. Il cerchio si chiude. Certo, impegnarsi per una palingenesi culturale di massa… Chi comincia?, i talk? Il luogo della massima concentrazione di cazzate? Pure Cohn-Bendit, ne ha sparate tante.
Moreno Lupi