Populismi e rifiuti. A Roma nasce un nuovo partito: en marcio

Al direttore - En marcio, per le strade di Roma.

Giuseppe De Filippi

 

Per capire la gravità di quello che sta succedendo nella Capitale vi invito a leggere l’articolo di oggi di Salvatore Merlo e a rileggere la rubrica pubblicata ieri sul Foglio da Massimo Bordin. Bordin ha ragione quando dice che “l’emergenza rifiuti a Roma è una utile verifica di un governo a cinque stelle”. E ha ragione quando dice che “non si tratta tanto di osservare che quasi un anno può tranquillamente essere considerato un tempo congruo per formulare un giudizio al netto dell’inevitabile rodaggio; non si tratta nemmeno di ignorare la pesante eredità pregressa; basta osservare che in undici mesi, che non sono un battito di ciglia, nulla in merito alla gestione dei rifiuti è migliorato, se mai l’impressione è opposta”. La questione però, se vogliamo, è ancora più profonda e riguarda la natura dei populismi e la loro capacità del governo. Virginia Raggi può tranquillamente bloccare una città, smetterla di fare bandi, rifiutare le Olimpiadi, spacciare l’onestà per efficienza, continuare a nascondere sotto il tappeto dell’antipolitica la sua incapacità di governo. Ma di fronte alla gestione dell’immondizia dovrà fare una scelta: continuare a nascondere il dilettantismo scaricando i propri problemi su altri o evitare un’emergenza sanitaria affrontando il problema e smettendola di raccontare che i rifiuti di una capitale come Roma si possono smaltire con una post verità chiamata differenziata. Se Virginia Raggi cadrà, cadrà non per un Marra o per un Romeo ma per i rifiuti.

 

Al direttore - Poiché non esiste entità umana, terrena, che possa moltiplicare all’infinito “pane e pesci”, sarà sempre così. Come sempre è stato. Su ogni epoca si sono scritte miliardi di parole, versato abbondante sangue, sempre sgambettando in circolo. Ciascuno fa, doverosamente, la sua parte, ovvio, logico, inevitabile “l’uomo è la misura di tutte le cose”. L’Europa confusamente rincorsa sarebbe la copia deformata del Sacro Romano Impero.

Moreno Lupi

 

Al direttore - Bello, un bell’inno alla gioia, quello di Cerasa. Un grande anelito alla libertà e tutti siamo contenti Direttore. Il popolo vota e ti premia ma la volta dopo se lo sfascio continua ti umilia e fa bene. Nel mentre tutti a guardare al nord oltre le alpi amiche, al sud, nel silenzio e qualche applauso sbarcano centinaia di migliaia di disperati africani mentre altri milioni aspettano di arrivare e qualche altro centinaio, poveretti, muore in mare. In questo quadro, questa volta di sfascio, il populismo non muore ma cresce e attende che l’incapacità ad agire europea continui per preparargli la strada senza colpo ferire. La Le Pen sa attendere e cambia pelo al partito ma non il vizio di origine. Occhio.

Carlo Trinchi

 

Al direttore - Fuori dall’euro non c’è la morte ma un baratro che è meglio evitare, ma che ci potrebbe anche far rinsavire, mentre dentro l'euro ci stanno ammazzando lentamente e non mi riferisco solo all’efficiente Germania, cieca e avida di potere come i lacchè manovrati a menadito dai mercati oligopolisti e definiti “responsabili governatori” dell’Ue. Mi riferisco ancor prima a quelli che imputano alla Germania l’origine dei mali endemici di questa Italia, ai parassiti che l’hanno dissanguata con un prelievo fiscale pari a quello della Svezia, dando in cambio servizi sociali paragonabili in certi casi a quelli del Marocco, salvo cercare di far credere ai gonzi che la colpa è del cambio dell’euro. Lo hanno fatto in complicità con chi ha raddoppiato i costi di merci e servizi scaricandoli sui ceti più deboli (scempio spudoratamente definito col nome di globalizzazione) che si son visti ridurre lo stipendio o perdere il lavoro. Far credere possibile la salvezza di questa Europa è apologia di reato.

Maurizio Guerrini

 

Al direttore - Giusta la battaglia contro il partito dei banalizzatori del populismo, ma caro direttore potevi dire di più. Potevi ricordare (anche se l’hai fatto in passato) la campagna ossessiva del maggior quotidiano nazionale il Corriere sui temi grillini e oggi (oggi? da un paio d’anni) la campagna altrettanto pervicace e sostanzialmente disonesta (perché in parte non aperta, non trasparente) contro Renzi e contro il Pd: causa di TUTTI i mali; crescita inadeguata; buona scuola non buona (ma Abravanel non scrive sul Corriere?); con primarie da fare schifo; leader inadeguato e ossessionato dal potere; che non fare la bellissima legge elettorale che tutti – senza Pd – avrebbero fatto in settimane; che mantiene le province e il Cnel… ooops! Ma non era l’abolizione nel referendum bocciato e fatto bocciare da questa gente? E’ lì caro direttore la riprova e la responsabilità maggiore: aver fatto fallire l’unico tentativo con qualche possibilità di successo di trasformare la nostra in una democrazia governante. Che costoro NON vogliono affatto.

Carlo Fusaro

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