Elogio ragionato di Cuperlo e del suo percorso da Brunori Sas
Al direttore - Non ho visto, per le strade, manifestazioni per il recupero di Gianni Cuperlo nella direzione Pd.
Alessandro Perelli
Cuperlo è un gran signore e ha sempre ragione anche quando ha torto. Quando ha torto non vale la pena criticarlo perché se sbaglia lo fa sempre con garbo. Ma quando ha ragione bisogna dirlo e riconoscerlo. Cuperlo ha sempre pensato (così ci è parso di capire) che uscire dal Pd sarebbe stato un suicidio politico e che per quanto si possa essere distanti da un leader (Renzi) le alternative si costruiscono dentro i grandi partiti e non fuori. Non si sa che fine farà il Pd ma si può dire che il Pd oggi (anche senza Bersani e compagnia) ha un senso e ha un suo posizionamento, mentre chi è uscito dal Pd oggi non esiste più, a meno che non ci sia una dichiarazione da raccogliere per dirgliene quattro a Renzi o alla Boschi. Cuperlo è un gran signore e osservando le complicate traiettorie dei suoi ex compagni di partito (diciamo) ci sentiamo di dedicargli una strofa di Brunori Sas: “Scusa mia cara ragione, / passerò per coglione ma meglio così, / forse in virtù del tuo nome / vuoi avere ragione / ma stammi a sentir”.
Al direttore - Pur concordando sulla conclusione del “gomblottismo” che ha infettato pure il mite FdB, rilevo l’acriticità dell’assunto da cui la conclusione discende, ossia il fatto che la percezione di vittimismo verso indefiniti poteri forti sia posto a fondamento di un ingiustificato e “paranoico universo che ritiene esserci un nesso causale in ogni fatto”, come se il cinico esercizio del potere fosse ritenuto impossibile. Come nella scienza il “lato oscuro della razionalità” deve confrontarsi con il mistero, così l’esercizio potere abbisogna di una mistica origine nel principio morale, rimosso dalla modernità adorante l’idolo democratico. La causa delle “paranoie” sta nello svuotamento dell’autorità svincolata da Dio, Principio del Bene. Senza Dio non può esserci nessuna presunzione di bene, con buona pace delle anime belle adoranti la razionalità delle democrazie senza Dio dove a tutti è permesso pensar male di tutti, da Voltaire, passando per Andreotti, fino a Grillo e al mite De Bortoli.
Maurizio Guerrini
Al direttore - Più che la rielezione di Mark Rutte in Olanda, che comunque ha perso un bel po’ di terreno rispetto alle precedenti consultazioni politiche, è stato il flop di Marine Le Pen a segnare la svolta per l’Europa. Dopo il terribile quinquennio di François Hollande, il Bataclan, Charlie Hebdo e il terrorismo divenuto di casa, la candidata del Front national avrebbe dovuto arrivare quantomeno vicina al trenta per cento al primo turno. Invece niente da fare. Credo che la sua sconfitta (pesante) avrà effetti a cascata, anche qui da noi: Salvini (come ha fatto bene intendere Maroni) ha perso il proprio nume tutelare e ora non potrà più citare il modello-Marine, visto che quel modello non è andato da nessuna parte. Che sia il risveglio dell’europeismo, lo sapremo più avanti. Forse, la storia è ancora una volta maestra: arrivati al fondo, si può solo risalire.
Annibale Augustinis
I populisti non tirano più, per il momento, e in televisione il giornalista collettivo lo vedi bene che guarda in camera e pensa oddio, i lepenisti sono finiti e io oggi non ho niente da mettermi.